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Rangnick sul Milan: "Avrei portato una svolta. Ibrahimovic? Non ha senso puntare su di lui"

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Pubblicato 20/08/2020 alle 10:37 GMT+2

Il tecnico, dato come sicuro prossimo allenatore del Milan prima che arrivasse il rinnovo di Stefano Pioli, si toglie qualche sassolino dalla scarpa.

Ralf Rangnick verlässt Red Bull mit sofortiger Wirkung

Credit Foto Getty Images

In principio era Ralf Rangnick: era lui il prescelto per il Milan della stagione 2020-2021, colui che avrebbe dovuto tentare di riportare la squadra agli antichi fasti. Sembrava tutto fatto, ma poi la doccia fredda: il rinnovo con Stefano Pioli e arrivederci Rangnick.
La Gazzetta dello Sport ha raggiunto il tecnico prima sedotto e poi abbandonato per fargli raccontare la propria versione dei fatti.
Quando sono iniziati i contatti? A fine ottobre, quando la squadra era in una situazione complicata: a tre punti dalla zona retrocessione. Sorpreso della conferma di Pioli? La squadra è stata la migliore dopo il coronavirus. Cambiare non sarebbe stato saggio né rispettoso. Pioli ha meritato la conferma anche per la persona che è: l’ho apprezzato nelle interviste, sempre concentrato sugli obiettivi. Se poi è la scelta giusta nel medio e lungo termine è un’altra questione.
Rangnick dunque, seppur pacato, non si risparmia qualche stoccata al club a proposito della trattativa sfumata: "Da esterno ci si può chiedere se la proprietà sia contenta dei risultati ottenuti in rapporto al denaro investito negli ultimi anni. Io la causa del divorzio rea Boban e il Milan? Dovete chiedere a chi rappresenta il club".
E a proposito di investimenti, l’opinione sulle spese fatte dal Milan è piuttosto netta:
Il Milan per puntare ai vertici deve darsi un obiettivo concreto, come la Champions perché nessuno è felice di giocare in Europa League, magari il giovedì sei a Baku e la domenica a Cagliari. Sarà paradossale ma l'esempio è a 30 km da Milano: l'Atalanta ha un terzo del fatturato del Milan ma arriva davanti. Fanno investimenti intelligenti, hanno un settore giovanile tra i migliori d’Europa.
La domanda giusta è un’altra. Perché il Milan si era rivolto a me? Che cosa mi voleva far fare? Se lo ha fatto è perché magari cercava una svolta. Lavoro alla crescita e i giovani imparano molto più in fretta. Non è nel mio stile insistere su giocatori di 38 anni: non perché non siano abbastanza bravi, e Ibra certamente lo è, ma perché preferisco creare valore e sviluppare il talento. Per me ha poco senso puntare su Ibra o Kjaer, ma è la mia idea, né giusta né sbagliata, semplicemente diversa.
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