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VAR, arbitri sotto accusa: avere la tecnologia e non usarla è l'errore più grave

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Aggiornato 10/02/2020 alle 18:00 GMT+1

In Napoli-Lecce e Parma-Lazio due casi da moviola alimentano le polemiche: la VAR, rivoluzione concepita per eliminare gli errori chiari ed evidenti, utilizzata così non ha senso. Depotenziata fino a diventare uno strumento accessorio, la tecnologia è sempre più sacrificata ripristinando la centralità dell'arbitro.

Andreas Cornelius - Parma-Lazio - Serie A 2019-2020

Credit Foto Imago

Il 19 agosto 2017 il calcio italiano viveva una rivoluzione. Al 37' di Juventus-Cagliari l'arbitro Maresca si affidava alla VAR per un contatto in area tra Alex Sandro e Cop, sul risultato di 1-0 per i bianconeri. Per questo era stata introdotta la tecnologia: supportare l’arbitro in caso di errori chiari ed evidenti. Le quattro tipologie d’intervento (gol, rigori, rossi diretti e scambi di persona) dovevano essere oggetto di revisione. Oggi non è più così.
L’ultima giornata di campionato sbatte in faccia agli appassionati una tendenza evidente in tutto il campionato: la VAR è diventata uno strumento accessorio, quasi superfluo. La tecnologia è stata depotenziata progressivamente, stagione dopo stagione, e attualmente è d’aiuto quasi solamente sul fuorigioco. In Parma-Lazio e Napoli-Lecce i direttori di gara, rispettivamente Di Bello e Giua, non sono neanche andati al monitor per controllare i contatti da rigore Acerbi-Cornelius e Donati-Milik, due episodi chiave sul risultato di 0-1 al Tardini e 1-2 al San Paolo. In un'epoca in cui si hanno tutti gli strumenti per poter decidere, non usarli è un autogol inaccettabile. Se prima l’errore umano veniva in qualche modo digerito, quello tecnologico (come ha affermato anche José Mourinho di recente in conferenza stampa) non viene più tollerato.
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Il Var Abisso, secondo alcune indiscrezioni, avrebbe insistito per diversi minuti al fine di far cambiare decisione a Giua al San Paolo. Il direttore di gara di Olbia, invece, rimane fermo sulla sua prima impressione: simulazione di Milik. Il bomber polacco, colpevole di aver accentuato la caduta, subisce così oltre al danno anche la beffa: un rigore - Donati commette fallo indipendentemente dalla caduta un po' vistosa di Milik - viene tramutato in un cartellino giallo.
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Il contatto da rigore tra Donati e Milik - Napoli-Lecce - Serie A 2019-2020

Credit Foto Eurosport

Non aver nemmeno controllato, anche solo per dare forza alla propria decisione agli occhi di un intero stadio, è la colpa più grande di Giua. La stessa responsabilità viene attribuita a Di Bello a Parma, anche se il caso non è analogo. Al 10' della ripresa, Marusic usa le mani per tirare giù Bruno Alves. L’arbitro di Brindisi, vicino all’azione, non ritiene punibile l’intervento del montenegrino e il Var Banti non richiama il fischietto pugliese. Al 91', Acerbi rischia molto trattenendo Cornelius che ricambia con la stessa moneta.
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Il contatto da rigore tra Acerbi e Cornelius - Parma-Lazio - Serie A 2019-2020

Credit Foto Eurosport

Viene rilevato il fallo dell'attaccante, che cerca di prendere posizione in partenza, ma non la trattenuta di Acerbi che sembra decisamente più consistente. Banti non interviene e così viene confermata la decisione di Di Bello. In questo frangente, l'arbitro segnala un fallo precedente e per il Var Banti risulta quindi impossibile cancellare il fischio di Di Bello per punire un fallo successivo. Insomma, al Tardini l'errore - perché di errore si tratta dato che l'unica irregolarità la commette Acerbi - non è imputabile al Var ma al direttore di gara, mentre al San Paolo l'errore chiaro ed evidente (un rigore tramutato in simulazione) meritava una revisione.
Non posso stare zitto perché altrimenti passo per stupido. Se l'arbitro non è andato a rivedere l'episodio alla VAR è perché altrimenti avrebbe dovuto dare il rigore. Se va a vedere e poi c'è un errore, lo si accetta [Roberto D'Aversa, tecnico del Parma]
Da D'Aversa a Giuntoli il coro è unanime. Questa sicurezza da parte dell'arbitro e il ripristino della sua centralità va a spegnere uno strumento che doveva almeno chiarire gli episodi più gravi: "Ho visto io" non è un'affermazione che nel 2020 può essere contemplata. A conti fatti l'arbitro che esce meglio da questa giornata di campionato è proprio Maresca nel derby di Milano, il direttore di gara da cui era partito tutto. Di quella VAR, però, non c'è più traccia. Oggi è rimasta solo una parvenza d'utilizzo e un sistema la cui applicazione viene compromessa da un protocollo troppo rigido e che interviene quasi esclusivamente sul fuorigioco. Peccato che l'unico vero beneficio, il fuorigioco, rientri solo di riflesso nei quattro casi canonici per i quali la VAR è stata concepita.
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