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Lo strano Juventus-Inter di Antonio Conte: il Condottiero torna a Torino per chiudere un cerchio

Carlo Filippo Vardelli

Pubblicato 15/05/2021 alle 12:16 GMT+2

SERIE A - Il mister della rinascita bianconera fa ritorno in città, con il tricolore sul petto, per scrivere la parola fine sull’epopea targata Andrea Agnelli. Da Conte a Conte quindi, in una storia di amore/odio che per la Juventus potrebbe costare l’accesso alla prossima Champions League. Una storia degna di Catullo.

copertina Conte, Inter-Juventus

Credit Foto Eurosport

Il carme 85 del Liber racchiude in se tutto il mondo interiore di Catullo. L’antitesi "Odi et amo" è forse la massima espressione del dissidio interiore del poeta: da una parte troviamo l'amore passionale per Lesbia, dall'altra l'odio profondo per i suoi continui tradimenti.
Nella lunga carriera da allenatore di Antonio Conte, iniziata ormai 15 anni fa, è difficile che qualcuno lo abbia mai accostato a un poeta. La poesia è una cosa eterea, quasi intoccabile, mentre il leccese è il manifesto della concretezza. Appena vedi giocare una squadra di Antonio Conte, la prima cosa che ti viene in mente è questa: "mamma mia, questa squadra sa perfettamente quello che vuole". Però, il calcio non vive di sola concretezza: molto spesso anche le emozioni sanno prendersi il loro spazio.
Quando sabato pomeriggio Antonio Conte arriverà a Torino per giocare la 37a giornata di campionato contro la Juventus - nello stadio che ha contribuito a creare il suo mito - probabilmente vivrà le stesse sensazioni provate da Catullo. Per quanto sappia essere un martello, mai completamente soddisfatto del lavoro dei suoi ragazzi, è facile immaginare che nell’atmosfera di Torino (anche senza pubblico) verserà qualche goccia di cioccolata calda su quel cuore di pietra che fa parte del suo essere allenatore.
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L’inizio

La partita dello Stadium sarà un po’ il climax emotivo di tutto il 2021 bianconero. Giocarsi la partita decisiva, contro l’avversario più forte, nella peggior stagione degli ultimi 10 anni, con la consapevolezza che una sconfitta potrebbe voler dire default. È proprio per questo che l’ago della bilancia lo tiene in mano l'ex ct della Nazionale, che nel lontano 2011, senza la fiducia di tantissima gente, ebbe il coraggio di stravolgere il campionato italiano creando qualcosa di unico.
Fu l’autore di una cavalcata storica, che diede il via alla leggenda dei nove scudetti consecutivi. Un 2011-2012 clamoroso per intensità, un 2012-13 per consolidarsi e un 2013-14 da record di punti in Serie A (102). Poi, come un fulmine a ciel sereno, quella mezza conferenza stampa con la faccia ancora abbronzata dall’estate e l’addio alla società per le divergenze sul mercato.
Non si può mangiare con 10 euro in un ristorante da 100 euro.
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Ferite che riemergono

Conte non è una persona cattiva, ma sicuramente è rancorosa. Vedere uno dei suoi pupilli, Juan Cuadrado, che lui stesso aveva contattato per un possibile trasferimento a Torino, accasarsi alla Juventus appena due stagioni dopo il suo addio, deve averlo fatto diventare matto. Nel suo accettare l'offerta dell’Inter, oltre all’opportunità di tornare in Italia e di rimettersi in gioco, probabilmente dev’esserci stata anche una sorta di rivincita verso l'ambiente che lui stesso aveva contribuito a creare.
, per il club di Milano, ha rappresentato qualcosa di più di un semplice trionfo. È stato il cambio della guardia. Dalle stalle alle stelle, per una vittoria che non solo mette il gruppo Suning sulla mappa del calcio mondiale, ma che rischia di essere l’apertura di un nuovo ciclo vincente. Tutti i giocatori hanno espresso grande volontà di rimanere, e se dal punto di vista economico arriveranno quelle sicurezze di cui tanto si parla, i nerazzurri diventeranno la principale favorita anche per le stagioni a venire.
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Il match point per demolire

Arrivati a questo punto, cosa rimane da chiedere? La stagione recita 88 punti in 36 giornate - una valanga -, e la faccia di Antonio Conte sembra quella di un uomo che ha fatto pace con la vita e con l’ossessione della vittoria. L’ultimo tarlo potrebbe essere quello di mettere la ciliegina sulla torta, all’interno di un gioco che esalta cattiveria e sadismo.
Nel 2011 la Juventus decise di ripartire proprio dalla voglia di rivincita insita dentro ad Antonio Conte - l'ex capitano impegnato nella gavetta per diventare un allenatore di fama mondiale - ed esattamente 10 anni dopo, proprio quell'underdog poi diventato fenomeno, ha la possibilità di scrivere la parola fine su quello che aveva iniziato.
I bianconeri sono fermi con le quattro frecce al 5° posto, e con una sconfitta vedrebbero la zona Champions allontanarsi (forse) per sempre. L’Inter avrà il match-point per mandare i titoli di coda sul kolossal andato in proiezione negli ultimi 9 anni, mettendo tutti i punti esclamativi su questo 2020-21. La Juve ha una sola ricetta per evitare il disastro: giocare una partita efficace e appellarsi al buon cuore dell’(ex) Antonio furioso. Probabilmente Conte chiederà ai suoi di giocarla alla morte - com’è giusto che sia dopo gli episodi in Coppa Italia - ma rivedere Pirlo, una squadra in difficoltà, quelle stesse situazioni vissute nel 2011, forse (ed evidenziamo il forse), gli apriranno il cuore. O forse no.
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