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Serie A, con o senza Ibrahimovic, sempre squadra: ecco la forza del Milan di Stefano Pioli

Roberto Beccantini

Aggiornato 21/12/2020 alle 20:05 GMT+1

MILAN - Il Diavolo non veste esclusivamente Zlatan Ibrahimovic, come avremmo giurato; e nemmeno Simon Kjaere pure senza il radar titolare, Ismael Bennacer, sa decollare e contenere le turbolenze. I rossoneri impressionano - e sono meritatamente in vetta - perché non perdono mai segnano almeno due gol da quindici partite e cerca di essere sempre sé stesso sia in cosa che fuori.

Focus Milan Ibrahimovic

Credit Foto Eurosport

A un terzo del campionato il Milan è sempre lì, dove nessuno aveva immaginato: in testa. E con pieno merito. Non perde mai, segna almeno due gol da quindici partite e ha vinto anche nella tana del Sassuolo che, superato l’esame di idoneità a Napoli, ha fallito quelli che avrebbero dovuto proiettarlo in orbita: 0-3 con l’Inter, 1-2 con il Milan.
Il Diavolo non veste esclusivamente Zlatan Ibrahimovic, come avremmo giurato; e nemmeno Simon Kjaer, come gli ultimi 2-2 con Parma e Genoa avevano lasciato filtrare; e pure senza il radar titolare, Ismael Bennacer, sa decollare e contenere le turbolenze. Prova ne sia il successo di Reggio, introdotto dal gol-lampo di Rafael Leao e cementato dal raddoppio di Alexis Saelemaekers, la classica pedina che, nascosta fra le nebbie dei mercati, si rivela torcia preziosa.
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Milan primo, come fa a vincere senza Ibra & Co.?

A Roberto De Zerbi mancava Manuel Locatelli. Contro la Lazio, mercoledì sera, a Stefano Pioli mancherà la coppia di centrocampo, Bennacer, ancora ai margini per infortunio, e Franck Kessié, squalificato. Spazio a Sandro Tonali (in crescita) e Rade Krunic. Del Milan, impressiona la regolarità. Pioli ha costruito un gruppo mai domo. Se va sotto, rimonta; se lo invadono, non si vergogna di barricarsi. Cerca sempre di essere sé stesso in casa e fuori, riuscendoci con la leggerezza che dal post lockdown ne ha caratterizzato la manovra ed esaltato lo spirito. Non è perfetto, il Milan che Ivan Gazidis e Paolo Maldini hanno affidato a Pioli e da mesi aspettiamo al varco, sicuri che prima o poi crollerà. E invece no: per quanto l’Inter (da meno cinque a meno uno) e la Juventus (da meno sei a meno quattro) si siano avvicinate.
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Pioli: "Il gol di Leao? Mica pettiniamo le bambole"

Ibra e Kjaer sono uomini di peso che fanno spogliatoio, non semplicemente reparto. Hanno seminato, e adesso tutti raccolgono: persino Pierre Kalulu, 20 anni, vice di Matteo Gabbia e, dunque, riserva della riserva del danese. La rosa è valida, ma non così assortita come gli organici di Juventus e Inter. Eppure ogni panchinaro che entra si sente subito quadro, non cornice: da Brahim Diaz a Jens Petter Hauge (non al Mapei stadium, però). Senza trascurare quel tir che, da tempo, ha preso possesso della fascia sinistra: Theo Hernandez. In chiave mercato, farei un’eccezione solo per Olivier Giroud, se mai il Chelsea di Frank Lampard decidesse di privarsene e i muscoli di Ibra continuassero ad agitare i piani.
Domanda: durerà il Milan? Un anno fa, alla tredicesima, guidava la Juventus di Maurizio Sarri con 35 punti, davanti a Inter (34), Lazio (27) e Roma (25). C’era già Pioli e il Diavolo, di punti, ne aveva la miseria di 14. Oggi il ritmo è più lento, la classifica più corta. Antonio Conte ha infilato sei vittorie e a primavera non avrà ingorghi europei, la Juventus di Parma incalza. La Roma ha perso a Bergamo, il Napoli all’Olimpico. La mia griglia d’agosto era: 1) Juventus, 2) Inter, 3) Atalanta, 4) Milan, 5) Napoli, 6) Roma, 7) Lazio. Il gioco è il gioco, e aiuta: ma Ibra è Ibra. Specialmente se i più forti sono altri.
Per commentare o fare domande potete inviare una mail a roberto.beccantini@fastwebnet.it o visitare il blog diRoberto Beccantini
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Pioli: "Il Milan è una squadra vera ora"

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