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Serie A, Inter: dai problemi cinesi alla bolla scudetto

Roberto Beccantini

Aggiornato 05/03/2021 alle 16:28 GMT+1

SERIE A - L'Inter cinese di Antonio Conte e Romelu Lukaku ha saldamente in pugno il primo dopo il novennio di Madama. Più si parla di fondi, di Suning in bolletta e di società in vendita, più la squadra domina. Mancano 13 giornate e il +6 firmato a Parma, figlio dell'ordinaria amministrazione dei forti, costituisce l'ennesimo indizio.

L'Inter a Parma ha ottenuto la 6a vittoria consecutiva portando a 6 punti il vantaggio sul Milan, Getty Images

Credit Foto Getty Images

Nella stagione che inaugurò la serie A a girone unico, 1929-30, l'Ambrosiana Inter di Arpad Weisz e Peppino Meazza conquistò l'ultimo scudetto prima del quinquennio juventino. A marzo del 2021, l'Inter cinese di Antonio Conte e Romelu Lukaku ha saldamente in pugno il primo dopo il novennio di Madama. Più si parla di fondi (americani, arabi, inglesi: "venghino, venghino"), di Suning in bolletta e di società in vendita, più la squadra domina.
Difficile trovarvi un nesso di causa ed effetto. Preferisco pensare al peso della 'bolla' metafisica dentro la quale Beppe Marotta e lo staff tecnico hanno isolato la rosa. Mancano tredici giornate e il più 6 firmato a Parma, figlio dell'ordinaria amministrazione dei forti, costituisce l'ennesimo indizio. Sei vittorie consecutive. E lunedì, con l'Atalanta, la prospettiva d'infliggere un altro uppercut ai barcollanti pronostici. Il Milan ha rallentato di brutto, quattro punti in quattro partite; la Juventus va su e giù, sempre a distanza di sicurezza; proprio la Dea, in teoria, rappresenta l'avversario più insidioso perché capace di scariche micidiali (ma lo scudo in classifica, nei suoi confronti, è solido); la Roma non batte una Grande nemmeno a spararle; il Napoli ne ha già perse otto, la Lazio sette.
Che poi la scintilla sia stata propiziata da una ferita sanguinosa come la cacciata dall'Europa, è un altro discorso. Anche se 'il' discorso. La qual cosa non significa smussare i meriti. Significa, semplicemente, collocarli nello spirito dei tempi e della lotteria pandemica. Alla Juventus e al Chelsea Conte vinse il campionato subito, di slancio: non aveva coppe fra i piedi, se non le routine domestiche. All'Inter lo vincerebbe al secondo. Vero. Ma urge l'asterico: visto che ha avuto ingorghi extra solo per un paio di mesi (dal 26 settembre al 9 dicembre).
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Antonio Conte - Inter-Genoa Serie A 2020-21

Credit Foto Getty Images

Con Luciano Spalletti fu due volte quarta. Poi vice campione con il Martello salentino e adesso in fuga. È stata una scalata resa possibile da mappe non più uterine e da piccozze fin troppo gobbe (Marotta, Conte). E qui il popolo si divide: lo zoccolo duro non perdona, comunque. I risultatisti si appellano a Deng Xiaoping: non importa il colore del gatto, purché acchiappi i topi. I numeri raccontano del miglior attacco (62 reti) e della miseria di due gol presi nelle ultime otto. Rispetto ai proclami estivi, Conte ha cambiato rotta. Ha aperto la sinistra a Ivan Perisic dopo aver consegnato la destra a Achraf Hakimi; ha recuperato alla causa la qualità di Christian Eriksen, che non sarà un papa ma non è neppure il pavido sacrestano che sembrò all'alba del mandato.
I pruriti fusignanisti non pagarono. Il 3-5-2 con tendenza al 3-3-4 di juventina memoria (e di baricentro 'basso', più casto, di allegriana dottrina) è stato lo snodo. Buon segno, quando cerchi l'uomo chiave e hai paura di dimenticarne qualcuno: da Marcelo Brozovic a Nicolò Barella. Senza trascurare riserve del calibro di Alexis Sanchez, sua la doppietta al Tardini. A Nanchino hanno un sacco di problemi. Per questo diventa cruciale il fatturato del campo. Moltiplica i premi ma, soprattutto, alza il valore del 'brand'. Addio, pazza Inter.
Per commentare o fare domande potete inviare una mail a roberto.beccantini@fastwebnet.it o visitare il blog di Roberto Beccantini
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