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Calcio Serie A Il Milan è sempre squadra, la Juventus solo per un tempo

Roberto Beccantini

Aggiornato 20/09/2021 alle 12:09 GMT+2

SERIEA - Una ordalia gradevole, solcata da ribaltoni salgariani, la Juventus sorniona ma non guardona, il Milan a girarle attorno, Rafa Leao e Rebic a caccia di munizioni. Il problema della Juventus sono i secondi tempi. Come a Udine (da 2-0 a 2-2), come a Napoli (da 1-0 a 1-2).

Juve-Milan allo Stadium

Credit Foto Eurosport

Brutto segno, se per metà partita ti mangi il Milan, non vinci neppure stavolta (già quattro) e becchi l’ennesima rimonta (già tre). Due punti: i primi saranno i (pen)ultimi. Il vangelo non dice proprio così, il campionato sì. Sessant’anni dopo. Oggi la Juventus sarebbe in serie B: sul campo. Mancavano, a Stefano Pioli, il carisma, i muscoli di Zlatan Ibrahimovic e Olivier Giroud. Avremmo scommesso: mai di testa. Difatti: Ante Rebic, di cabeza, su angolo di Sandro Tonali, capace, alla distanza, di rimontare e staccare Manuel Locatelli.
Il Milan non esce ridimensionato, la Juventus non esce contenta. Troppo bella, nel primo tempo. E troppo scarno, l’uno a zero. Subito il gran gol di Alvaro Morata, su contropiede coast to coast e tocco smarcante di Paulo Dybala, poi le parate di Mike Maignan su Morata e Dybala. Allegri aveva azzeccato tutto: 4-4-2 ad assetto variabile, con l’Omarino e Cuadrado a scambiarsi centro e destra, Bonucci incursore, un’attesa mai passiva e un pressing strano, per la classifica che corre e la squadra che cammina(va).
Di Pioli non ho capito Fikayo Tomori a destra, quasi terzino, vice Calabria. Il k.o. di Simon Kjaer e l’ingresso di Pierre Kalulu lo riportavano nel cuore del fortino. Brahim Diaz guizzava fra le linee, il duello Juan Cuadrado-Theo Hernandez richiamava paragoni omerici. Il mordi e fuggi di Madama, a una velocità fin qui sconosciuta, accendeva la notte. Rodrigo Bentancur e Locatelli contendevano il centrocampo a Kessié e Tonali: e spesso glielo sfilavano.
Sandro Tonali in azione sotto lo sguardo di Stefano Pioli - Milan-Lazio Serie A 2021-22
Una ordalia gradevole, solcata da ribaltoni salgariani, la Juventus sorniona ma non guardona, il Milan a girarle attorno, Rafa Leao e Rebic a caccia di munizioni. Il problema della Juventus sono i secondi tempi. Come a Udine (da 2-0 a 2-2), come a Napoli (da 1-0 a 1-2). E zero reti, sempre: persino a Malmoe. Bisogna darci dentro per novanta minuti. Piano piano, il Milan ha moltiplicato il palleggio, frutto di una mentalità consolidata; zitti zitti, gli juventini hanno cominciato a flettere, a rinculare, e così i campanili di Giorgio Chiellini, preferito a Matthijs De Ligt, sono sembrati, all’improvviso, non più rintocchi di campane ma trafelati sos. Il manifesto del trasloco tattico.
Giorgio Chiellini
Se non proprio il solito Milan, almeno sotto porta, tornava la solita Juventus, tirchia, vulnerabile, distratta. Uscivano Morata e Dybala, Federico Chiesa veniva impiegato (al posto di Cudarado) quando ormai la sfida si era consegnata a un wrestling leggero, confuso. Il Milan a premere, la Juventus a vivere di briciole, di raccordi, forse di ricordi. Dejan Kulusevski alzava polvere, idem Moise Kean.
Con la Juventus sfilacciata (4-3-3 come si sgolava Massimiliano Allegri o 4-4-2 come sembrava? E dove Chiesa: a destra, a sinistra?), il risultato lo salvava Wojciech Szczesny su Kalulu. Il mister ha poi bacchettato sé stesso («Ho sbagliato i cambi, avrei dovuto farli più difensivi», complimenti) e i giovani (Chiesa, Kulusevski: troppo pigri nell’impatto). Rimane il concetto di fondo: Allegri è un grande gestore, non un creatore. E alla Juventus, quest’anno, c’è molto da creare, da insegnare, da correggere. E poco, pochissimo, da gestire.
Per commentare o fare domande potete inviare una mail a roberto.beccantini@fastwebnet.it o visitare il blog di Roberto Beccantini.
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