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Il 2022 del calcio italiano: da Agnelli a Trentalange, le ombre spengono le (poche) luci

Roberto Beccantini

Aggiornato 27/12/2022 alle 12:37 GMT+1

SERIE A - I "premi" di Roberto Beccantini al calcio italiano nell'anno solare 2022: dal capolavoro-Scudetto di Pioli col Milan alle dimissioni di Andrea Agnelli

Il 2022 del calcio italiano

Credit Foto Eurosport

Morto un anno, viva l’altro. Coraggio. Questo il mio «pagellone» del calcio italiano targato 2022.

1) L’eccezione. Carlo Ancelotti

Tiene cattedra a Madrid, e dunque andrebbe scartato. Ma qui si parla di calcio italiano - al massimo, all’italiana - e lui, emiliano di Reggiolo, ha pilotato il Real alla conquista della 14a. Champions: 1-0 a Parigi sul Liverpool di Jurgen Klopp. La quarta da mister: 2 con il Milan, 2 con i Blancos. Record. Più le 2, da giocatore, con il Diavolo sacchiano. Carletto: uno che crede e non «si» crede. Per questo ne ha fatta, di strada.
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2) Premio di consolazione. La Conference League

Non sarà la Champions, e neppure l’Europa League, ma è uno scalpo Uefa, l’ultimo della nidiata. Lo ha alzato la Roma di José Mourinho, a proposito di corsi e ricorsi. Ha battuto il Feyenoord, per 1-0, nell’epilogo di Tirana. Squillo di Nicolò Zaniolo, uno di quei giovani che, perché dotati, decoriamo e agghindiamo come se fosse sempre Natale.

3) La bellezza. Il Napoli

La «nomination» coinvolge le 15 giornate dell’attuale campionato. Solo queste. Ma non si può farne a meno. Luciano Spalletti ha messo tutti sull’attenti. Per la classifica, per i ritmi, per la qualità del gioco. Primo in campionato, primo nel girone di Champions. Simbolo del rinascimento partenopeo, Khvicha Kvaratskhelia. Georgiano, 21 anni. Fonde l’ala d’antan con l’esterno della post-modernità. Dribblatore, non dribblomane.

4) La sorpresa. Il Milan

Ha vinto lo scudetto rimontando e scavalcando l’Inter. In alto i calici per Stefano Pioli e un gruppo dirigenziale (da Ivan Gazidis a Paolo Maldini e Ricky Massara) capace di gestire l’emergenza e il trasloco dal fondo Elliott alla Redbird di Gerry Cardinale. Pioli passava per un tecnico «di mezzo», né sciamano né ciarlatano. Ha creato un’anima danzando attorno al totem di Zlatan Ibrahimovic; ha trasmesso un gioco. Poi, è chiaro, gli episodi: come la papera di Ionut Radu a Bologna. Ma la fortuna, che mi risulti, non è mai indagata.
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5) Il tonfo. La Nazionale

Era il 24 marzo, stadio Barbera di Palermo, Italia-Macedonia del Nord. Sembrava una formalità, fu un’altra Corea: 0-1, Mondiale addio. Per la seconda volta consecutiva e terza sul campo. Noi, i campioni d’Europa di Wembley. Molti chiesero le dimissioni di Roberto Mancini. E i due rigori sbagliati da Jorginho contro la Svizzera? Se il Mancio, giustamente, è ancora lì, gli azzurri sono ancora vivi. Largo ai bebè e final four della Nations League in tasca. Un cerotto: non copre l’intera piaga, ma un po’ sì, la nasconde.
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6) Il fiasco. La Nazionale femminile, lei «quoque»

Ci aveva abituato bene, con i quarti del Mondiale 2019. In Inghilterra, si scioglie subito. Bastonata dalla Francia (1-5), bloccata dall’Islanda (1-1), stordita dal Belgio (0-1). Milena Bertolini ha salvato il posto, comunque. Ma c’è una breccia: il professionismo. Bastiglia storica. Stipendio minimo garantito, assicurazione, maternità, pensione. Sarà proprio così? A leggere della «querelle» tra Alice Pignagnoli, portiere trentaquattrenne incinta, e il suo club, la Lucchese di serie C, non si direbbe.

7) Il record. Paul Pogba

Tornato alla Juventus a 29 anni, avrebbe dovuto rappresentare, con Angel Di Maria, l’acquisto-boom. Morale: a luglio, durante la tournée negli Usa, si rompe un menisco. Rinuncia all’operazione, sceglie la terapia conservativa e così zero minuti con Madama, niente Qatar con la Francia. Alla modica cifra, noblesse oblige, di 5,8 milioni netti a stagione fino al 30 giugno 2026. Per tacere dei fratelli, degli stregoni e delle «fatture» (persino a Kylian Mbappé).

8) L’addio. Giorgio Chiellini

A 38 anni ha lasciato la Juventus e il Paese. Destinazione Los Angeles. Livornese nato a Pisa, un ossimoro. Membro storico della Bbc con Andrea Barzagli e Leonardo Bonucci, 9 scudetti, un pugno di coppe e la corona europea di Wembley. Chiude nella Firenze che lo crebbe, il 21 maggio. Figlio di un chirurgo e, a suo modo, chirurgo in campo.
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9) Il battesimo. 2 ottobre: Sassuolo-Salernitana 5-0

Debutta, in serie A, l’arbitressa. O l’arbitra. O l’arbitro donna. O la donna arbitro. Boh. Maria Sole Ferrieri Caputi, di culla labronica e sangue pugliese. Subito un rigore (pro Sassuolo) e un po’ di Var. Trentadue anni, colta e disinvolta. Parafrasando «quelli» della luna: «Un piccolo passo per la donna, un grande passo per l’umanità [calcistica]».

10) Lo scandalo. Alfredo Trentalange

Presidente dell’Associazione italiana arbitri (Aia), in carica dal febbraio del 2021, costretto a sloggiare per l’esplosione del caso di Rosario D’Onofrio, l’ex procuratore capo dell'Aia arrestato a novembre nell'ambito di un'operazione condotta dalla Dda di Milano e dalla Guardia di Finanza per traffico internazionale di droga. Poteva non sapere, Trentalange? E occhio: incollato com’era allo scranno, senza la pressione popolare mica avrebbe tolto il disturbo. Un classico dei «poltroni» italici.

11) «Ei fu». Andrea Agnelli

Dalla Superlega all’inchiesta Prisma, dal falso in bilancio alle plusvalenze fittizie, dagli stipendi ballerini alla carta segreta di Cristiano Ronaldo. Dimissionario-dimissionato, la sera del 28 novembre, con il consiglio di amministrazione; rinviato a giudizio. Il formidabile Novennio e tre anni, gli ultimi, di puro delirio di onnipotenza. Il pressing serpentesco del cugino John Elkann; la Juventus di nuovo sotto schiaffo. Come se Calciopoli non avesse insegnato nulla: almeno nel «supercazzolare» le telefonate.
=== Per commentare o fare domande potete inviare una e-mail a roberto.beccantini@fastwebnet.it o visitare il suo blog, www.beckisback.it. ===
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