Milan campione d'Italia, Paolo Maldini sempre più leggendario: primo scudetto da dirigente
Aggiornato 23/05/2022 alle 13:43 GMT+2
SERIE A - L'ex capitano rossonero, nominato direttore dell'area tecnica tre anni fa, mette in bacheca il suo primo titolo da milanista dietro una scrivania, il 27esimo trofeo contando anche quelli da calciatore. Un lavoro, quello di Maldini, fatto di intuizioni, decisioni impopolari, convinzione e senso di appartenenza.
Il Milan che vince ha, ancora una volta, il volto sorridente e sereno di Paolo Maldini. L'ex capitano rossonero, bandiera in campo, ha impreziosito la sua già stratosferica bacheca con il suo primo scudetto da dirigente: da calciatore aveva vinto 26 trofei, diversi dei quali con la fascia da capitano al braccio dopo l'addio di Franco Baresi. Questo, arrivato al termine di una cavalcata straordinaria e frutto di una simbiosi perfetta tra squadra e club come da tempo non si vedeva a Milanello, ha senza dubbio un sapore speciale per chi, come Maldini, ha visto nascere la squadra di Pioli e l'ha accompagnata, migliorandola anno dopo anno, fino al trionfo. Vediamo come.
Da Maignan a Leao e Theo Hernandez: le intuizioni
Paolo Maldini ha agito innanzitutto da talent scout e da uomo mercato. In stretta collaborazione con Frederic Massara (i due sono immancabilmente seduti fianco a fianco in tribuna) ha messo in fila una serie di colpi estremamente redditizi nonostante un certo scetticismo generale. Qualche esempio? Theo Hernandez (pagato una ventina di milioni e diventato in poco tempo un fattore per questa squadra), Leao (prelevato giovanissimo dal Lille nell'estate 2019), Maignan (lo scomodo erede di Donnarumma). E ancora Tomori (pescato al Chelsea dove non giocava e diventato leader della difesa), Kalulu (approdato a Milanello da perfetto sconosciuto). Per non parlare di Ibrahimovic e Kjaer, gli innesti di esperienza che servivano a questo Milan per compiere il definitivo salto di qualità.
Quando ricevi la chiamata di Paolo Maldini non puoi rifiutare. E alla fine ho accettato questa nuova sfida [Rafael Leao @Instagram]
La fermezza sui rinnovi: da Donnarumma a Calhanoglu e Kessié
Maldini ha sposato in tutto e per tutto la linea dettata dalla proprietà, basata su due pilastri. Il primo: oltre un certo tetto di ingaggio non si va, indipendentemente dal giocatore che si siede al tavolo della trattativa. Il secondo: al Milan non si rimane malvolentieri, ma solo se convinti del progetto. Una linea dura che ha portato anche a decisioni per certi versi impopolari, vedi gli addii a parametro zero di Donnarumma, Calhanoglu e Kessié (a breve sarà ufficialmente del Barcellona), ma che ha anche inaugurato un nuovo modo di trattare con i calciatori e con i loro agenti.
Il senso di appartenenza al Milan
Paolo Maldini, infine, ha l'enorme merito di avere riportato nell'intero mondo Milan quel senso di appartenenza che negli ultimi anni si era perso per strada. Sempre presente a Milanello al fianco della squadra, mai sopra le righe nelle dichiarazioni prima e dopo le partite, l'ex capitano si è posto fin da subito come una figura credibile, autorevole e limpida. I giocatori, lo staff tecnico e i tifosi sanno che, quando parla Paolo Maldini, parla il Milan. Non un dettaglio da poco, considerato che senza una dirigenza compatta è praticamente impossibile vincere qualcosa (il Diavolo, dalla fine dell'era Berlusconi in poi ne sa qualcosa). Dopo avere fatto per anni la differenza in campo, Maldini ha scoperto di essere determinante anche fuori. Chapeau, leggenda.
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