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Milan, Ivan Gazidis, intervista d'addio? "Il nuovo stadio si farà dal 2023"

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Pubblicato 26/10/2022 alle 14:19 GMT+2

SERIE A - Le parole dell'ad uscente rossonero: "Abbiamo un grande progetto finanziato privatamente su cui ho dedicato molto tempo durante il mio primo anno, che però si è impantanato nella politica e nella burocrazia italiana. Ma ora vediamo la luce alla fine del tunnel"

Ivan Gazidis

Credit Foto Getty Images

Ivan Gazidis ha il contratto in scadenza con il Milan a novembre: tra poche settimane il suo accordo con il club rossonero terminerà definitivamente, senza possibilità di rinnovo. Il dirigente ha rilasciato una lunga intervista a Espn, toccando tanti temi della sua esperienza da ad del Diavolo negli ultimi 4 anni:
"Il Milan è una delle grandi squadre di calcio del mondo e ho pensato che si potesse portare qualcosa di nuovo nel calcio italiano. La mia risposta iniziale è stata che potevano esserci candidati che conoscevano già l'Italia, ma Elliott non ha cambiato idea. E alla fine abbiamo deciso di affrontarla insieme".

Sulla rinascita del Milan

"C'erano molti contratti pesanti, quasi troppi da nominare, giocatori che costavano parecchio come Bonucci per esempio. Avevano rinnovato Gianluigi Donnarumma, un ottimo portiere, ma con un contratto enorme per trattenerlo. Alcuni contratti erano troppo alti rispetto alle prestazioni in campo di questi giocatori. Probabilmente c'erano 10 diversi esempi di giocatori che rientravano in quella categoria. E i giocatori, quando sono pagati in eccesso rispetto alle loro prestazioni, sono davvero difficili da cedere. Ma quando riesci a far uscire quei giocatori, poi hai bisogno di qualcuno che giochi. L'unico modo per portarne di nuovi innesti è ovviamente spendere soldi e quindi l'obiettivo è spendere in modo efficace ed efficiente. Abbiamo affrontato molto scetticismo sulla politica dei giovani, soprattutto al Milan. Penso che l'Italia in generale sia scettica sul dare una possibilità ai giovani, al Milan ancora di più a causa della pressione del pubblico e dell'ambiente di San Siro che ha la reputazione di schiacciare i giovani".

Su Maldini

"Nelle trattative Maldini è fondamentale, parla con i giocatori per capire come pensano e cosa li motiva. Lo chiamiamo il nostro punto di riferimento. Parla con l'agente come primo contatto, in seguito direttamente con il giocatore, insieme a Massara. Theo è un buon esempio. Era del Real Madrid, ma era stato in prestito ed erano disposti a lasciarlo andare. Paolo lo ha incontrato a Ibiza dove era in vacanza in estate. Si sono seduti e hanno avuto una lunga conversazione in cui hanno formato un legame che esiste ancora oggi. Paolo ha capito davvero che Theo aveva una crescita da calciatore, ma anche da giovane, e Paolo lo ha preso sotto la sua ala. Lo si vede ancora oggi. Paolo va al campo praticamente ogni giorno. Non è invadente nel territorio dell'allenatore ma ha sempre una parola per ogni giocatore. Stamattina Paolo e Theo si sono salutati e c'è stato un grande abbraccio. Theo guarda a Paolo quasi come un secondo padre. Paolo ha quel rapporto con diversi giocatori".

Sulla scelta di Pioli

"Forse eravamo al punto più basso quando è iniziato il Covid. Dentro il club cominciavamo a vedere la luce in fondo al tunnel. Ma fuori dal club la squadra aveva una guida tecnica (Giampaolo) che non stava funzionando e quindi dovevamo fare una cambio. C'era molta pressione su di noi tra gennaio e febbraio e poi è avvenuto il blocco. Stavamo iniziando a vedere dei germogli verdi, credevamo di fare le cose giuste. Ma in realtà, qualcosa è cresciuto all'interno del gruppo durante quel periodo di lockdown, anche se non stavano fisicamente insieme, in qualche modo si sono semplicemente legati e Stefano li ha conosciuti davvero bene. Un po' come Paolo Maldini, anche Pioli vuole capire i giocatori come persone e ci tiene a loro. Questo li rende pronti a fare di tutto per lui. Durante il lockdown non c'era la pressione di giocare ogni tre giorni e quindi durante la pausa sono stati in grado di connettersi tra loro e le relazioni formate durante quel periodo sono andate avanti e si sono sviluppate. Siamo usciti dal lockdown e le prestazioni sono cresciute sempre di più".

Su Leao

"Leao non ha avuto vita facile qui all'inizio. Non giocava e quando lo faceva le sue prestazioni erano fatte di alti e bassi, ha avuto bisogno di un po' di tempo. Ha avuto quel tempo e supporto. Non abbiamo cambiato il nostro piano".

Sul nuovo stadio

"Abbiamo un grande progetto finanziato privatamente su cui ho dedicato molto tempo durante il mio primo anno, che però si è impantanato nella politica e nella burocrazia italiana. Ma ora vediamo la luce alla fine del tunnel. Abbiamo già l'approvazione per lo stadio, ci sono un paio di passaggi che stanno attraversando con un dibattito pubblico. Sono molto ottimista sul fatto che il progetto dello stadio prenderà il via l'anno prossimo con tutte le approvazioni".

Sull'importanza di avere stadi moderni

"Questo Paese è un gigante addormentato. Le squadre di calcio qui sono enormi per via della storia, della cultura che rappresentano. Il calcio italiano ha attraversato un periodo difficile, ma sono assolutamente convinto che tra 10 anni sarà fiorente, si giocherà in stadi moderni con alcuni dei più grandi nomi di club, il miglior stile di gioco, i tifosi più appassionati del mondo. Quello che faremo (il nuovo stadio, ndr) avrà un impatto non solo sul Milan come club, non solo su Milano come città, ma sull'Italia come Paese".
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Gazidis: "Siamo contenti del percorso soprattutto per come l'abbiamo fatto"

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