Roberto Beccantini, il pagellone al 2021 del calcio italiano: da Vlahovic ai "donatori" di assist
Aggiornato 31/12/2021 alle 16:38 GMT+1
SERIE A - Chiudiamo il 2021 con un bel pagellone di fine anno, da 10 a scalare andando a scegliere promossi e bocciati, migliori e peggiori di questo annata di Serie A. Inter, Dusan Vlahovic e Italia top, 7 all'Atalanta di Gasperini. Voti bassi per Agnelli, Allegri e a chi "governa" gli arbitri.
Al confine di San Silvestro scattano, come tappi di bottiglie, le pagelle. Cameriere, champagne: lo sport italiano è ancora lì che gode. Un 2021 strepitoso: alla faccia del virus. Anche il calcio: con le sue curve, con le sue lune.
10 ai medici, agli infermieri, ai volontari, ai collaboratori che ci aiutano a resistere. E 0 ai no Vax.
9 a Dusan Vlahovic. Centravanti della Fiorentina, con 33 gol distribuiti nell’arco dell’anno solare ha eguagliato il record di un marziano: Cristiano Ronaldo. Classe 2000, serbo di Belgrado, tracima e trascina. Occhio ai paragoni, da Gabriel Batistuta in su e in giù: sono tentazioni che metterebbero in crisi addirittura Oscar Wilde.
9 a Simon Kjaer. Capitano di gradi e di "fatto", come dimostrò attorno al cuore di Christian Eriksen, simbolo della riscossa del Milan non meno di Zlatan Ibrahimovic. Scudo, più che scudiero. Fino al crac del ginocchio sinistro.
8 a Roberto Mancini e agli azzurri campioni d’Europa. Era un titolo che ci mancava dal 1968. Il mio pronostico fu: al massimo, semifinali. Invece: sul podio più alto. Con il sorriso del gioco, con le stampelle della sofferenza. E la nazionale-nazione, non più corpo estraneo: alé. Tiene, il voto, nonostante il fiasco nelle eliminatorie mondiali: non eravamo giganti, non siamo nani.
8 all’Inter di Antonio Conte e Romelu Lukaku. Ha deposto la "tiranna", ha vinto lo scudetto dopo 11 anni. E con Simone Inzaghi ed Edin Dzeko continua a dominare. Segno che, al netto dei triboli di cassa, dietro c’è un un progetto. Cin cin a Beppe Marotta.
7 all’Atalanta di Gian Piero Gasperini. Di solito, per farsi notare, urge vincere. Non nel suo caso. La Dea diverte e, grazie alla televisione, conquista fette di globo. E’ proprio questo il miracolo: diventare qualcuno o qualcosa da «perdenti», ammesso che sia il termine corretto. In Italia, soprattutto.
5 al livello del campionato. Si insiste a confondere la quantità di gol con la qualità del gioco. Appena arrivano le coppe, giù botte. L’Europeo è l’eccezione che conferma la regola (zero Champions dal 2010, zero Coppe Uefa/Europa League dal 1999).
4 a Pierluigi Collina (Fifa), Roberto Rosetti (Uefa), Nicola Rizzoli, Gianluca Rocchi, Alfredo Trentalange. Sono coloro che arbitrano gli arbitri. Il Var è un poliziotto tecnologico che controlla il nostro Bronx. Il problema sono le leggi che deve applicare. Troppo ballerine: mani-comi prima aperti e poi chiusi; fuorigioco all’alluce e fuorigioco semi-automatico (semi?); carezze ai rigorini e, d’improvviso, sonori ceffoni. E non uno che faccia outing: signore e signori, arrendetevi, con il Var si dirige in due.
4 ad Andrea Agnelli e all’idea della Superlega. Così goffa e così "buttata lì" da sciupare persino i pochi spiccioli innovativi che tintinnavano nel salvadanaio.
4 alla pigrizia di Massimiliano Allegri: ma come si fa, lo vuole il Real di Florentino e «corto muso» ritorna alla Juventus per un’operazione, fra parentesi, più grande di lui. Ripeto: il Real. Roba da matti.
3 ai prestazionisti e ai giochisti, agli strateghi e ai tattici. Davanti alla tastiera, un inno all’Olanda, alla bellezza del pressing, alla libidine di essere "dominus". Ma poi, non appena aprono i mercati, è tutto un fuggi fuggi. Vetrine e vetrine di appuntamenti, di offerte, di scambi. Morale: più sensali che sensati.
2 agli irriducibili che si ostinano a considerare assist il corner che, baciata una zucca in mischia, determina una rete. Con la condizionale, però. La parola a Dan Peterson: "Per me, sì [è un assist]. Ovvio, non è mirato come nel basket e c’è della fortuna di mezzo. Ma il passaggio ha fruttato un gol. Certo, discutibile".
Un cenno, per concludere, ai compagni di viaggio che ci hanno lasciato senza abbandonarci, dolce e malinconica Spoon River di un calcio che, per paradosso, non muore mai. Giampiero Boniperti, poi Mauro Bellugi, Tarcisio Burgnich, Gerd Muller, Leopoldo Luque, Francesco Morini, Mirko Pavinato, Romano Fogli, Luis Del Sol, Gino Maldera, Hugo Maradona e quelli che la memoria, traballante, non ricorda ma che mai, per questo, dovranno sentirsi dimenticati.
Buon anno.
Per commentare o fare domande potete inviare una mail a roberto.beccantini@fastwebnet.it o visitare il blog diRoberto Beccantini
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