Serie A C'erano una volta Milan e Juventus: un pari che sa di resa
Pubblicato 24/01/2022 alle 20:26 GMT+1
SERIE A - L’impressione è che, dopo l’effetto Serra e il rigore sciupato da Theo Hernandez, uno Spezia fa, il Milan non pensi più allo scudetto. Raggiunto dal Napoli al secondo posto, preferisce guardarsi attorno.
Le edicole si aspettavano tuoni, lampi, almeno piovaschi. Niente: solo nuvole. Umberto Eco, in «Costruire il nemico», riporta una battuta di Jean Cocteau: «Victor Hugo era un pazzo che credeva di essere Victor Hugo». Calza a pennello per Milan e Juventus: «Erano dei pazzi che credevano di essere Milan e Juventus». Almeno in questo caso. Almeno su questa erba - un’erbaccia, dicono - e con questo pubblico: cinquemila e il resto, mancia.
Vita bassa, ritmi molli da tutti a nanna dopo Carosello, lontano dalla movida di Inter, Napoli, Atalanta (al completo) e del Diavolo d’andata. Le ordalie tra Milan e Juventus strizzano spesso l’occhio alla storia, ma stavolta ci si deve accontentare delle briciole. Mettiamoci pure i cerotti con cui Stefano Pioli e Massimiliano Allegri avevano medicato gli assetti. Anche Matthijs De Ligt; e, durante, addirittura Zlatan Ibrahimovic. Sono fatti, ma non spiegano tutto.
L’impressione è che, dopo l’effetto Serra e il rigore sciupato da Theo Hernandez, uno Spezia fa, il Milan non pensi più allo scudetto. Agganciato dal Napoli al secondo posto, preferisce guardarsi attorno. A Madama, visto il risultato della Dea a Roma, non è parso vero di dedicarsi alla recita che più le garba, lo schema tergicristalli, un po’ indietro e un po’ avanti, un po’ avanti e un po’ indietro. Sia chiaro: non ha lesinato sforzi, ha avuto un possesso palla del 54%, ma tiri in porta, zero. Con le prime quattro deve ancora vincerne una: 1-1 Inter, 1-2 e 1-1 Napoli, 0-1 Atalanta, 1-1 e 0-0 con il Milan. Obietterete: ne ha perse, però, la miseria di due. Non basta: nell’era dei tre punti, il pari è diventato un valore disgiunto, non più aggiunto.
E’ stato un lungo e barboso armistizio di 95’. Parate di Mike Maignan, nessuna. Di Wojciech Szczesny, due: su Rafael Leao e Theo. Non proprio il massimo, per eccitare gli aggettivi che lo scriba vorrebbe sempre distribuire. Spadroneggiavano le difese - Alessio Romagnoli e Pierre Kalulu da una parte, Giorgio Chiellini e Daniele Rugani dall’altra - surrogate da un gran ribollir di stinchi. Gira e rigira, se si escludono le bollicine del «primo» Leao, punte e puntine sono finite alla periferia della notte: Brahim Diaz e Junior Messias, lo stesso Olivier Giroud, persino Ante Rebic e i suoi spiccioli; Alvaro Morata, con le spalle incollate alla porta, e Paulo Dybala gironzolante a caccia di chissà cosa o di chissà chi: tocchi brevi, stop avventurosi, e quella lontananza dall’area che non si sa mai come liquidare, se per scelta tecnica («vita bassa», appunto) o per luna storta.
I migliori? Sandro Tonali, anche se calato alla distanza, e Rodrigo Bentancur, il Davide Calabria dell’avvio e il «Golia» Rugani delle chiusure da stopper navigato (e non più a spanne). Il giallo immediato ha ridotto Manuel Locatelli, atteso al varco dal loggione, alla caricatura di Amleto, pressare o non pressare.
Era da anni che Milan-Juventus non scivolava in archivio senza un brivido, senza una polemica, con sbuffi di wrestling a mascherarne lo spirito imbelle. Meglio la noia della paranoia, hanno chiosato Pioli e Allegri. Contenti loro...
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