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Calciopoli, puntata Report: da Moggi alla Juventus, dalle intercettazioni su Inter e Milan alla rivelazioni di Bergamo

Stefano Dolci

Aggiornato 18/04/2023 alle 08:28 GMT+2

SERIE A - In una puntata molto attesa il programma d'inchiesta di Rai 3 ha ripercorso le tappe, svelando contenuti inediti tratti dalla famosa chiavetta di Moggi, del processo che nel 2006 condannò la Juve in B: fra intercettazioni, dossier, rivelazioni, intrecci fra politica e alte sfere dell'imprenditoria: l'impressione è che a distanza di quasi 20 anni, siano ancora tante le zone d'ombra.

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Calciopoli, la saga infinita. 17 anni l’eco del processo sportivo che ha sconvolto il mondo del calcio italiano, condannando la Juventus alla Serie B e alla revoca di due scudetti (quelli vinti nel 2004-2005 e del 2005-2006, che fu poi assegnato all’Inter) per illecito associativo e alla radiazione a vita gli ex dirigenti della Juventus Luciano Moggi e Antonio Giraudo, oltre all’ex vicepresidente federale Innocenzo Mazzini, continua a rieccheggiare e a far discutere. A quasi 20 anni di distanza, l’impressione è che non tutta la verità sia emersa e che addirittura non tutta la storia sia emersa, a crederlo soprattutto è Luciano Moggi, che attraverso la celebre ‘chiavetta USB’ con 170.000 intercettazioni telefoniche consegnata ai giornalisti di ‘Report’ che in una puntata ad hoc ha raccontato un'altra verità. Fra incontri segreti, operazioni di spionaggio, dossier, documenti fatti sparire e pressioni politiche ecco l’altra faccia di Calciopoli ricostruita dalla puntata della celebre trasmissione d’inchiesta che parte dal 5 maggio 2002, il giorno in cui l’Inter all’Olimpico perde lo Scudetto all’Olimpico col sorpasso all’ultima giornata della Juventus.

Bergamo e la cena segreta con Massimo Moratti dopo il 5 maggio 2002

Lo speciale si apre con l'intervento di Paolo Bergamo, ex designatore degli arbitri dal 1999 al 2005, che rivela come dopo quello scudetto perso Massimo Moratti gli chiede un colloquio in cui gli chiede apertamente perché l'Inter è invisa dagli arbitri. "Moratti (dopo lo scudetto perso il 5 maggio 2002) mi chiamò per andare a cena con lui. Sono andato a casa sua ai primi di luglio, ci mettiamo a sedere io, lui e le nostre mogli. Nemmeno 5 minuti e mi fa: lei mi deve dire perché gli arbitri ce l'hanno con l'Inter. Lui sosteneva che noi mandavamo arbitri ostili all'Inter, per farla perdere.. Le indagini organizzate da Moratti demandate a Tavaroli? Non erano legali queste indagini, hanno dato origine a richieste di risarcimento danni. Ne sono certo".

Moggi: "Sapevo di essere intercettato me lo disse Berlusconi"

Nel frattempo dopo le prime denunce, iniziano le prime indagini e fra gli intercettati c'è anche Luciano Moggi che scopre di essere controllato da una telefonata con l'allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. "Fu Berlusconi a dirmi che ero intercettato. Mi disse: guarda ci sono delle intercettazioni che però non c’è niente di penale… per cui il problema non si pone". Non sarà l'unica rivelazione nella puntata dell'ex dirigente juventino che rivela anche un retroscena inedito sulla Nazionale del 2006 e sull'allora commissario straordinario della Figc, Guido Rossi. Secondo Moggi, Guido Rossi avrebbe cercato di ostacolare la partecipazione di Marcello Lippi, Gianluigi Buffon e Fabio Cannavaro ai Mondiali del 2006. Richiesto di un parere, il ct campione del mondo Marcello Lippi all'inviato di Report risponde con un laconico: "Non so nulla".

Bergamo: "Patto imprenditoriale Tronchetti Provera-Di Montezemolo per far fuori Moggi e Giraudo dalla Juve"

Paolo Bergamo fa poi un'altra confessione piuttosto importante, che tira in ballo quello che all'epoca era uno dei collaboratori più stretti di uno dei personaggi di spicco della politica italiana, l'onorevole Nicola Latorre, politico molto vicino a Massimo D'Alema e che in quegli anni gli avrebbe confessato l'esistenza di un patto di ferro, a livello di grandi rappresentanti del mondo imprenditoriale, per estromettere dalla Juventus Luciano Moggi ed Antonio Giraudo. "C'era un accordo industriale tra Tronchetti Provera e Luca di Montezemolo. Grande Stevens, Gabetti e gli Elkann. Io ho saputo prima che Moggi e Giraudo li stavano facendo fuori, me l'aveva detto l'onorevole Latorre. La cordata formata doveva portare John Elkann a capo del gruppo Fiat, mentre la presenza di Giraudo e Moggi prevedeva che Andrea Agnelli sarebbe andato a capo. Riuscii dopo tanti tentativi a essere ricevuto dall'avvocato degli Agnelli, Galasso. Mi disse testualmente: Bergamo, io sono tifoso della Juve. In casa Agnelli si è preso in giro dieci milioni di tifosi, facendo apparire cose nelle quali ci sono cose che sappiamo vere. Non se la prenda, non dico altro, è una cosa che nasce nelle nostre teste". Latorre, interpellato dal giornalista di Report, in merito alla veridicità di questa sua dichiarazione ammette solo di essersi limitato a dire all'allora designatore degli arbitri che: "stava per finire la prima repubblica del Calcio".

L'ex procuratore della Repubblica di Napoli Lepore: "Avremmo dovuto indagare su tante squadre comprese l'Inter ma..."

Dopo una parentesi sulle celebri Sim svizzere, che Moggi distribuì a Pairetto e Bergamo per parlare di arbitri senza essere intercettati e una rivelazione dell'ex arbitro Paparesta sulle pressioni che gli arbitri ricevevano in quegli anni ("Tante volte alcuni dirigenti sono entrati negli spogliatoi degli arbitri. Non è che ogni volta ti metti a fare il 'maestrino' e lo segnali"), l'ex procuratore della Repubblica di Napoli Giandomenico Lepore, che in quegli anni indagò sull'inchiesta Calciopoli, confessa che le indagini dopo una fuga di notizie subirono uno stop che impedì di fare luce su un'intero sistema assai poco cristallino. "Iniziammo con la Juventus perché avevamo più elementi, dovevamo passare ad altre squadre. C'erano anche altre squadre, quasi tutte, diciamo la verità. Un bel giorno uscì un supplemento dell'Espresso che riportava tutte le intercettazioni. Automaticamente i telefoni furono chiusi e rimase solo la Juventus. Chi diede le carte? Avevamo sospetti, ma elementi di prova mai avuti. Non lo sappiamo. Se fossimo andati avanti, ci sarebbero state altre squadre. Dopo la Juve, era pronta l'Inter".

Carraro, Rodomonti, De Santis e le pressioni dell’Inter sugli arbitri

Che in quegli anni non solo la Juventus, provasse ad avere arbitraggi accondiscendenti come in parte ha fatto intendere anche l’ex procuratore della Repubblica di Napoli, Lepore lo si evincerebbe anche ascoltando alcune intercettazioni in cui è l’ex presidente della Figc Carraro a chiedere a Bergamo prima di Juventus-Inter, che i nerazzurri non venissero penalizzati: “Non sbagliate a favore della Juventus” il succo del dialogo che emerge dall’intercettazione. Designato per quella partita fu l'arbitro Rodomonti che fu catechizzato a dovere da Bergamo: “Mi aspetto che non sbagli niente. C'è una differenza di 15 punti tra le due squadre. Se hai un dubbio, dammi retta, pensa a chi sta dietro". In quella partita Rodomonti, graziò Toldo con un cartellino giallo che, a termini di regolamento sarebbe dovuto essere di colore rosso, e i nerazzurri nella ripresa in 11 contro 11 riuscirono a rimontare 2-0 reti alla Juventus, chiudendo sul punteggio di 2-2.
Un altro Inter-Juve in cui i nerazzurri sarebbero stati avvantaggiati da un favore arbitrale confermato dalle intercettazioni sarebbe stato quello del 20 aprile 2005, vittoria dei nerazzurri per 1-0 e bianconeri in silenzio stampa per protesta contro l’arbitraggio di De Santis, che in una telefonata intercettata con Leonardo Meani, allora addetto agli arbitri del Milan, ammette: “Ho fatto fare il silenzio stampa alla Juve, ma ti rendi conto? Non ci era mai riuscito nessuno nella storia del calcio”. Infine il capitolo dell’Inter si chiude con due intercettazioni che tirano in ballo anche Giacinto Facchetti, ex presidente nerazzurro deceduto il 4 settembre 2006. La prima riporta un dialogo nel 2005 con l’allora vicepresidente Figc, Innocenzo Mazzini, per un certificato falso inviato per far rientrare in anticipo il difensore Andreolli dagli impegni con la Nazionale, la seconda invece riguarda una telefonata con Bergamo in cui si raccomanda riguardo alla designazione dell’arbitro Bertini. "Mi raccomando, facciamo in modo che Bertini...". E dopo la partita: "Incrementiamo lo score delle vittorie, è un ragazzo intelligente che ha capito come si cammina". A difendere la posizione di Facchetti con una dichiarazione a Report letta dal conduttore Sigfrido Ranucci, è il figlio Gianfelice: “Mio papà non ha mai chiesto favori agli arbitri".

Il vertice segreto Galliani-Collina e il dossier Paparesta nelle mani di Letta

La puntata prosegue con la trasmissione di un'intercettazione telefonica in cui Leonardo Meani, ex addetto agli arbitri del Milan condannato a due anni e due mesi dalla Giustizia sportiva, riferisce a Pierluigi Collina che Adriano Galliani - all'epoca anche presidente della Lega, oltre che ad del club rossonero - aveva organizzato un incontro segreto. “Non si trattò di un incontro anomalo – puntualizza Meani a distanza di anni - purtroppo o per fortuna Galliani rivestiva il doppio ruolo come presidente di Lega”. Meani torna in auge anche per un’intercettazione con Gianluca Paparesta, arbitro accusato di aver favorito il Milan in diverse occasioni. In questa telefonata Meani informa l’allora direttore di gara pugliese che il dossier che gli interessava era finito nelle mani di Gianni Letta, braccio destro politico di Silvio Berlusconi. Meani entra nel dettaglio di questo dossier: "Paparesta venne a fare una partita a Milano. Finita la partita mi dice ‘Sono revisore dei conti di un’azienda di energie rinnovabili e avrei piacere, se fosse possibile, di fare arrivare questo studio alla presidenza del Consiglio’. Era un favore, ma di lavoro". Meani poi prova a spiegare perché in quegli anni gli arbitri erano attenti alle pressioni che arrivavano dai disegnatori: “Gli arbitri prendevano 5mila euro a partita. Se non facevano come dicevi, li fermavano sei partite. Son 30mila euro, eh...”.

Cellino: "Quando a colloquio con Berlusconi, scoprii il sistema Moggi-arbitri"

Tra le persone interpellate da Report e che hanno raccontato che clima si respirasse negli anni di Calciopoli c'è anche l'ex presidente del Cagliari, Massimo Cellino, che racconta un anedotto che vede protagonista l'allora Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, l'ex ministro dell'Interno Pisanu e indirettamente l'ex ds della Juventus Luciano Moggi. "Mi chiama Berlusconi e mi chiede di candidarmi (alla presidenza della Regione Sardegna). Io gli dissi che un presidente di calcio non deve fare il politico. Riprende il campionato e subito arrivarono contro il Cagliari tre, quattro arbitraggi contro devastanti. Perdemmo tre partite di seguito in maniera vergognosa. Vado a Roma a casa di Berlusconi per parlare, c'era anche il ministro Pisanu. Ancora a dirmi che mi dovevo candidare… Io gli dissi sì e mi lamentai del fatto che gli arbitri mi stavano massacrando. Berlusconi guardò Pisanu e disse: 'Ministro, chiami Carraro e gli dica che gli arbitri devono essere giusti nei confronti del Cagliari'. Pisanu gli rispose: 'Chiamo Moggi, che è meglio”. Berlusconi diventò bianco". Il racconto di Cellino poi prosegue con un altro episodio: "Perdetti una partita col Milan a San Siro per un errore arbitrale. Dopo la partita salutai l’arbitro e mi disse 'diglielo a Luciano…' Poi mi sono reso conto che la vittoria del Milan portava i rossoneri al primo posto con la Juve. L'arbitro era molto preoccupato".
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