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Conference League, Roma-Feyenoord 1-0, 5 verità: Zaniolo presente e futuro, Mourinho è ancora lo Special One

Stefano Silvestri

Pubblicato 26/05/2022 alle 08:57 GMT+2

CONFERENCE LEAGUE - Il trionfo giallorosso è il trionfo di José Mourinho, campione al suo primo anno nella Capitale, e di Nicolò Zaniolo, l'uomo del presente e del futuro. Ma è anche il trionfo di una squadra che non sarà bella da vedere, ma ha un'anima e una corazza.

Roma campione, la cavalcata in Conference League in 220"

Roma-Feyenoord, match valido per la finale di Conference League, è terminato sul punteggio di 1-0 grazie alla rete di Nicolò Zaniolo. Gara arbitrata dal romeno Istvan Kovacs. I giallorossi di José Mourinho conquistano dunque la prima edizione della manifestazione e conquistano la prima competizione sotto l'egida UEFA, della loro storia. 61 anni dopo il trionfo in Coppa delle Fiere, 50 anni dopo il successo nella Coppa Anglo-Italiana,
Mourinho al primo anno nella Citta Eterna riesce a confermare la sua fama di vincente anche a Roma, sfatando un tabù e diventando l'unico allenatore a vincere tutti i trofei europei (tranne la Supercoppa). E anche l'Italia gode per l'impresa dello Special One e dei suoi ragazzi perché a 12 anni dal trionfo in Champions League con l'Inter del Triplete, l'Italia torna a vincere una coppa europea proprio grazie all'immarcescibile José. Qui di seguito le 5 verità che ci ha lasciato la finale di Tirana.

1) Coppetta a chi?

Le migliaia di tifosi che hanno acquistato il biglietto per Tirana. Le altre migliaia che si sono riversate all'Olimpico, un Olimpico vuoto di calciatori ma pieno d'anima e di emozioni. La gioia collettiva al fischio finale del romeno Kovacs, e poi al momento di alzare il trofeo. Gioia vera, pura. Di quelle che si riservano alle grandi occasioni. E Tirana lo è stata, eccome, in barba a tutti coloro che hanno tentato di sminuire l'importanza della Conference League. Che non sarà la Champions League o l'Europa League, per carità. Ma questo Feyenoord avrebbe sfigurato al piano superiore? E poi chi siamo noi italiani, così poveri e costantemente presi a schiaffi in campo internazionale, per permetterci di snobbarla?

2) Mourinho è ancora lo Special One

Innanzitutto il dato: il portoghese ha vinto la diciassettesima finale – in campo nazionale o europeo – della propria carriera. Porto, Chelsea, Real Madrid, Manchester United, Inter. E infine Roma. A cui ha regalato il secondo trofeo europeo della propria storia dopo la defunta Coppa delle Fiere, conquistata nel lontano 1961 ma non riconosciuta dall'UEFA, e il primo dopo 14 anni dall'ultima Coppa Italia targata Luciano Spalletti (2008). Mou è arrivato, ha visto e ha vinto. Già al primo anno. Come fanno i grandi. In campionato ha migliorato di poco l'ultimo piazzamento di Paulo Fonseca, ma intanto ha riportato la Roma sulla mappa europea. E lo ripetiamo ancora una volta: non chiamatela coppetta.
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José Mourinho esulta per la vittoria della Conference League

Credit Foto Getty Images

3) Zaniolo è l'uomo che ha qualcosa in più degli altri

Ci voleva il guizzo del campione. Uno stop di petto delicato, uno scavetto mancino ancor più morbido, la palla che si infila in rete. Dopo aver fatto il bello e il cattivo tempo nel ritorno dei quarti contro il Bodø/Glimt, Nicolò Zaniolo si è ripetuto. E questa volta ha realizzato il gol più importante della propria carriera. Come sottolinea Opta, coi suoi 22 anni e 327 giorni l'ex nerazzurro è l'italiano più giovane a segno in una finale europea dai tempi di Alex Del Piero (Borussia Dortmund-Juventus, Champions League '97). Gioventù al potere, qualità al potere. Il futuro, a tinte giallorosse e pure azzurre, può e deve essere suo.
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Nicolò Zaniolo (Roma) esulta dopo il gol dell'1-0 contro il Feyenoord, Conference League, Getty Images

Credit Foto Getty Images

4) La Roma di Mourinho sa soffrire nelle grandi partite

Prendete la semifinale di ritorno contro il Leicester. Subito 1-0 di Abraham, pare tutto in discesa, poi la Roma si blocca e gli inglesi crescono. Però creano pochissimo fino al 90', quasi nulla, costantemente rimbalzati dal sistema difensivo giallorosso. Il Feyenoord ha fatto di più, ha colpito due pali, il pareggio l'avrebbe meritato. Ma alla fine, allo stesso modo, ha finito per incartarsi perdendo lucidità nei pressi dell'area avversaria. Perché questa Roma non sarà bella da vedere, 4-0 al Bodø/Glimt a parte, ma ha un'anima e una corazza. Ed è una squadra, specialmente dopo una serata così, di cui andare orgogliosi.

5) Feyenoord ko, ma i suoi giocatori hanno un futuro

C'è Cyriel Dessers, che non ha disputato una gran finale ma che chiude da capocannoniere del torneo. C'è Orkun Kökçü, gioiello che piace a mezza Europa. C'è il rapidissimo Sinisterra, colombiano. Ci sono terzini rapidi e ficcanti, c'è Senesi che Mancini avrebbe voluto naturalizzare per l'Italia. Il Feyenoord ha perso, ma i suoi giocatori non sono usciti ridimensionati dal campo. Anzi: per larghi tratti della gara hanno messo in difficoltà la Roma con pressing, intensità e trame pregevoli, venendo stoppati per due volte dal palo. Di loro sentiremo ancora parlare.
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Mourinho: "A me piace tanto stare qui, mi vedo a Roma i prossimi 2 anni"

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