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Da Galetti a Nibali, passando per Hesjedal: quando l'imponderabile cambia le sorti del Giro d'Italia

Alberto Coriele

Aggiornato 03/05/2017 alle 11:31 GMT+2

In novantanove edizioni del Giro d'Italia, spesso la corsa rosa si è decisa negli ultimi chilometri, negli ultimi metri, dando vita a finali davvero appassionanti. Dal 1911 al 2016, il più recente, ecco i finali più assurdi ed inaspettati della corsa più bella che c'è.

Ryder hesjedal

Credit Foto LaPresse

Ci sono stati dominatori ma anche sorprese, giri già scritti in partenza e giri stravolti negli ultimi chilometri, dagli eventi e dai verdetti della strada. In novantanove edizioni, la corsa rosa ha regalato dei finali palpitanti, emozionanti, decisi nelle ultime tappe, negli ultimi metri di salita o di cronometro. Perché è entusiasmante assistere alle imprese di un dominatore, di un campione assoluto che viene applaudito per manifesta superiorità (Binda, Bartali, Coppi, Pantani per citarne alcuni), è allo stesso modo emozionante vedersi materializzare l’imponderabile, l’esito inatteso, il ribaltamento delle sorti.

1911 - Galetti contro Petit Breton

Già alla terza edizione, quando ancora il Giro veniva deciso con la classifica a punti, si verificò il primo finale incredibile. I favoriti per la vittoria finale erano il francese Lucien Petit Breton - pseudonimo di Lucien Georges Mazan - e Carlo Galetti e si diedero battaglia fino alla penultima tappa, quando il francese, che si era vestito di rosa a Sulmona pochi giorni prima, fu costretto al ritiro per un irrimediabile problema meccanico, dicendo così addio alla speranza di vincere il suo unico Giro d’Italia.

1939 - Valetti contro Bartali

Il piemontese Giovanni Valetti è il vincitore in carica, aveva vinto il Giro del 1938 ma doveva convivere con una macchia: non aver mai battuto Bartali, semplicemente perché Ginettaccio a quel Giro del 1938 non prese parte, fermato dal fascismo. Bartali nel ’38 aveva vinto il Tour de France ed era l’uomo da battere. Aveva vinto un Giro Valetti, ma tutti accanto alla sua vittoria lasciarono un asterisco, perché senza Bartali non valeva chissà che. Bartali nel ’39 sembrava avviato verso la maglia rosa: lungo la quindicesima tappa, la Cortina d’Ampezzo-Trento 256 chilometri, scattò sul Passo Rolle e rifilò otto-minuti-otto a Valetti. Gioco, partita, incontro, presumibilmente. Invece no, Valetti si ribellò ed il giorno successivo, tra Tonale ed Aprica, lasciò Bartali tra la neve, e si riprese la maglia rosa, chiudendo un cerchio e togliendo un asterisco: aveva battuto Bartali!

1953 - Fausto Coppi fa grande lo Stelvio

Coppi fa grande lo Stelvio, e non il contrario. Nella cronometro da Follonica a Pisa, lo svizzero Koblet che è il grande antagonista di Coppi, lo distanzia di 1’21” e sembra in grado di controllare il margine fino a Milano. Coppi vince a Bolzano, ma non basta a recuperare in classifica. Però, c’è lo Stelvio, quei ventuno tornanti che il Giro affronta per la prima volta nella sua storia. Coppi scatta, e scatta ancora e Koblet, che è campione ma non Campionissimo, si arrende: tre minuti e mezzo di ritardo al traguardo, e al Vigorelli a sfilare in maglia rosa sarà Faustino Coppi. Ad esultare tutta l’Italia, che il Giro pensava di averlo perso a Pisa.

1957 - Nencini e l’agguato del bisognino

Nel 1956 Charly Gaul vinse il Giro uscendo da solo dalla bufera di neve del Monte Bondone, in una giornata epica ed indimenticabile. Nell’anno successivo il Giro passò sempre dal Bondone, in Trentino, ed è lì che, paradossalmente, Gaul lasciò le speranze di un bis. Fermatosi a bordo strada per fare pipì, il lussemburghese venne attaccato da Luison Bobet, che fu seguito da Poblet, da Baldini e da Gastone Nencini. Di rosa si vestì Nencini, che nella penultima tappa dovette resistere a tre forature in dieci chilometri nella discesa verso Abano Terme. Lui, il “Leone del Mugello”, discesista straordinario, riuscì a recuperare e a mantenere la sua maglia rosa per diciannove miseri secondi.

1974 - Gibi Baronchelli ed i dodici secondi che sorrisero a Merckx

Nel 1974 Baronchelli, soprannominato Gibi, da giovane sorpresa sfiorò l’impresa di una vita: sulle Tre Cime di Lavaredo, penultima tappa di quel Giro il 6 giugno 1974, attaccò e mandò in crisi nientemeno che il Cannibale Eddy Merckx: quasi gli strappò la maglia rosa di dosso. Il Cannibale belga invece mantenne il vessillo del primato per soli dodici secondi. Dodici secondi che separarono Gibi dalla storia, il distacco più esiguo di tutta la storia della corsa rosa.

1981 - Battaglin come Eddy Merckx

È il 1981 e Giovanni Battaglin è reduce dalla vittoria alla Vuelta, ottenuta il 10 maggio. Il giorno 13 è alla partenza del Giro, con la speranza di diventare come Merckx, di vincerli entrambi. Da battere però c’è quel Beppe Saronni che è un osso duro, tosto. Il 4 giugno in rosa c’è Silvano Contini, che l’aveva difesa sul Passo Furcia per soli tre secondi. Sulle Tre Cime di Lavaredo - ancora loro - Battaglin attacca diverse volte e vede Saronni in difficoltà, arriva in cima con una manciata di secondi di margine - ventidue - e riesce a difendere la rosa anche nell’ultima prova a cronometro.

2005 - Paolo Savoldelli ed il monumento ad Ardila Cano

Per la prima volta il Giro affronta lo sterrato micidiale che porta ai 2176 metri del Colle delle Finestre. Paolo Savoldelli ha ereditato la maglia rosa da Ivan Basso, in crisi per problemi intestinali prima ad Ortisei e poi sullo Stelvio. Gilberto Simoni, Danilo Di Luca e Josè Rujano scappano via, Savoldelli arranca. Scollina con oltre due minuti di ritardo dal trio di testa, in discesa non rischia come suo solito ed ha la lucidità di non staccare Ardila Cano, che diventerà il suo angelo custode negli ultimi chilometri verso il Sestriere. Danilo Di Luca si arrende ai crampi, Gilberto Simoni ci prova fino alla fine ma la tappa la vince Rujano, abbracciato da Gianni Savio dopo la linea del traguardo. Con le unghie, con i denti ma soprattutto con la testa, Savoldelli conserva ventotto secondi e vince il Giro.

2012 - Hesjedal e la maledizione di Purito Rodriguez

Ryder Hesjedal, in quel Giro che sembrava disegnato per Ivan Basso, fu il primo e finora unico canadese della storia a portare a casa la maglia rosa. Un duello entusiasmante, stupendo, con Joaquim Purito Rodriguez, che si arrese solamente negli ultimi chilometri a cronometro, conclusi a Milano in piazza Duomo. Ryder prende la maglia alla settima tappa a Rocca di Cambio, la perde dopo tre giorni a favore di Purito, la riconquista a Cervinia e la perde nuovamente il giorno dopo, al Pian dei Resinelli. Penultima tappa: sullo Stelvio Hesjedal viene staccato nel finale, per soli tredici secondi, ma decide di giocarsi tutto a cronometro a Milano: recupera tutto, vince per soli sedici secondi, il secondo distacco più risicato della storia dopo quello di Merckx su Baronchelli. Purito Rodriguez lasciò lì la sua più grande possibilità di vincere un grande giro, che avrebbe meritato ma che non arrivò mai.

2016 - Nibali e la Risoul-rezione

Vincenzo Nibali, già vincitore incontrastato nel 2013, è il favorito principale dell'edizione numero 99 ma nel tappone dolomitico con arrivo a Corvara vede accendersi le prime spie di pericolo. Esteban Chaves e Steven Kruijswijk lo staccano, ed è l’olandese della Lotto NL Jumbo a vestirsi di rosa. Il messinese è in crisi, e crolla sia il giorno successivo nella cronoscalata all’Alpe di Siusi - vinta da Foliforov - che quello ancora dopo, ad Andalo, quando a braccia alzate ci arriva Valverde. La resurrezione avviene a Risoul, complice anche il suicidio sportivo di Steven Kruijswijk, che sui tornanti in discesa dal Colle dell’Agnello sbaglia le traiettorie per inseguire e finisce contro un muro di neve. Perde tempo, minuti e anche la maglia rosa, che finisce sulle spalle di Chaves: quel giorno però, a Risoul, vince Nibali, che diventa il principale antagonista del colombiano dal sorriso contagioso. Penultima tappa, si arriva a Sant’Anna di Vinadio: Nibali sfrutta il grande lavoro di Scarponi e stacca tutti, compreso Chaves, si veste di rosa e relega il colombiano a 52 secondi. Un capolavoro in due tappe, una rinascita entusiasmante, l’ultimo capitolo di una lunga storia che da venerdì inizierà a scriverne un altro.
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