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Il tradimento di Sappada. Roche, Visentini e quel Giro d'Italia del 1987 che fa ancora discutere. Ma fu davvero così?

Pietro Pisaneschi

Pubblicato 24/05/2024 alle 07:14 GMT+2

CICLISMO - Per la terza volta nella sua storia, il Giro pone un arrivo di tappa a Sappada. L'ultima volta fu nel 2018 con vittoria di Simon Yates in maglia rosa. Storico però è rimasto l'arrivo del 1987 quando la rivalità tra Roberto Visentini e Stephen Roche, compagni di squadra alla Carrera, toccò il culime in quello che per tutti gli amanti del ciclismo è noto come "Il tradimento di Sappada".

Tappa 19: Mortegliano-Sappada, il percorso in 3D

In una delle sue uscite da titolo a nove colonne, Geroge Best una volta dichiarò: "Se non fossi stato così bello forse non avreste mai sentito parlare di Pelé". Certamente una delle tante esagerazioni che hanno sempre contraddistinto la vita e la carriera di Georgie, però in questa dichiarazione è possibile trovare un fondo di verità. In passato, si era soliti credere che bellezza e agiatezza non andassero d'accordo con il praticare sport ad alti livelli. Sicuramente l'assioma poteva essere applicato al calcio ma valeva ancor di più per sport "poveri" come il pugilato o il ciclismo. A certi atleti insomma, non si perdonava di essere belli o ricchi e dunque di praticare uno sport di fatica, di sudore, di sacrificio come per l'appunto poteva essere l'andare in bicicletta.
Roberto Visentini si è dovuto scontrare con questo fatto per tutta la carriera. Il talento spropositato in bici veniva filtrato dall'invidia di appassionati e addetti ai lavori per il fatto di essere bello e, soprattutto, di "buona famiglia" e dunque di non aver bisogno di faticare per le strade del mondo e portare la benedetta pagnotta a casa. Visentini usciva dal canone del corridore che viene dal basso che vede nel ciclismo il modo per elevarsi e migliorare la propria condizione. Per il corridore di Gardone Riviera, città dannunziana dove l'estetica e il gusto ma anche la stravaganza hanno giusta cittadinanza, la bici era una passione. La voglia di vincere e i mezzi per farlo però c'erano tutti. Corridore completo, forte in salita e a cronometro, Visentini sfiorò il successo al Giro d'Italia del 1983, secondo alle spalle di Beppe Saronni ma vittorioso se non ci fosse stato un capzioso sistema di abbuoni che per molti favorì l'iridato di Goodwood, e centrò il successo alla Corsa Rosa nel 1986. Appena un anno dopo però, il suo amore per il ciclismo sarebbe finito, evaporato in una giornata passata alla storia come "Il tradimento di Sappada". C'entrano un corridore irlandese, un gregario belga, una squadra divisa e la voglia di vincere che sempre alberga nel cuore di ogni sportivo. L'arrivo di tappa di oggi a Sappada ci riporta a quel Giro del 1987 che non smette mai di far discutere.

VISENTINI E ROCHE, DUE PIANETI DISTANTI

"Ci sarà tanta gente che va a casa stasera". Poche parole sbocconcellate al microfono dell'intervistatore, questa è la prima reazione di un Visentini furibondo dopo aver superato la linea del traguardo in netto ritardo. È il 6 giugno 1987 e al Giro d'Italia si corre la 15ª tappa da Lido di Jesolo a Sappada. Ci sono tre gran premi della motagna prima dell'arrivo. La Carrera Jeans-Vagabond sta dominando la corsa. Due giorni prima, nella cronometro di San Marino, Visentini ha sfilato la maglia rosa dalle spalle del compagno di squadra, l'irlandese Stephen Roche, che l'ha indossata per dieci giorni prima di cederla al capitano designato della squadra. Nella Carrera però fin da inizio Giro le gerarchie non sono mai state chiare. Certo, Visentini è il vincitore dell'anno prima e la squadra dovrebbe essere tutta per lui, ma Roche non ha tutta questa intenzione di mollare la presa. Davide Boifava, storico direttore sportivo, lo ha ingaggiato per vincere e lui vuole farlo senza aspettare il Tour de France dove sarà certamente capitano unico. Il Giro fa gola e poi c'è quella dichiarazione di Visentini che non è proprio stata digerita. "Se Roche ti aiuta a vincere il Giro, poi tu lo aiuterai al Tour?" aveva chiesto un'intervistatore al bresciano qualche giorno prima. "Non penso, io finito il Giro vado al mare" aveva risposto Visentini. Roche incassa in silenzio ma intanto comincia a tramare e pure lui lancia una frecciatina al bresciano che, a suo dire, "quando vede il cartello di Chiasso si perde" rimarcandone la poca voglia di correre all'estero.
Due personalità distinte, due mondi separati come Felona e Sorona senza però l'amore inconciliabile che i due pianeti provavano l'un l'altro. Visentini è sbrigativo nei rapporti e nelle esternazioni. Un giorno, dopo un Gran Premio delle Nazioni non andato come sperava, segò la bicicletta in mille pezzi e la consegnò a Boifava in una busta della spesa. "Ci vediamo l'anno prossimo" disse. Era fine settembre. Con le doti a cronometro che possiede, il bresciano sarebbe adattissimo al Tour ma lui preferisce l'Italia. Correre sulle strade del Giro lo inebria anche se a volte deve scontrarsi con il ruspante ciclsimo anni 80, provando a inserirsi nell'acerrima rivalità tra Moser e Saronni e i loro tifosi pronti a menare le mani o a sputare se necessario. Visentini transita sulle salite con la sua chioma fluente, bello e impossibile, e quando scende di bici monta su una delle due moto che possiede e se ne va in vacanza. Proprio per questa sua ritrosia a correre all'estero, è statao ingaggiato Roche. L'irlandese è più internazionale, ambisce ai grandi palcoscenici e può essere il capitano giusto della Carrera al Tour. Squadra ambiziosa, corridore ambizioso. Ma due galli sono troppi anche per un pollaio scintillante e vasto come quello della Carrera se uno dei due intende beccare nello spazio dell'altro. Così, mentre Visentini corre il Giro sicuro che al momento giusto prenderà la maglia rosa e verrà protetto dalla squadra fino alla conclusione a Saint-Vincent, Roche sfrutta la sua capacità di tessere relazioni internazionali per crearsi una "squadra ombra" pronto a correre per lui quando sarà il momento. Il tradimento che si consumerà a Sappada in realtà parte da molto più a sud.

TRAMARE NELL'OMBRA

"A buon rendere, Jean-Claude" dice Eddy Schepers, belga della Carrera, dopo aver lasciato la vittoria in vetta al Terminillo a Jean-Claude Bagot, francese della Fagor. È la sesta tappa. Roche è in maglia rosa da tre giorni e la Carrera controlla la corsa. Boifava piazza il passista Schepers in una fuga a due con Bagot. Tutto il giorno davanti a ubriacarsi di fatica e km verso la vetta appenninica per la gioia degli sponsor che vedono il loro marchio ben in vista in diretta tv. Tra i due, è Schepers quello che tira di più ma in prossimità del traguardo il belga lascia la vittoria a Bagot. Una regalia che ci sta nell'ottica di un Grande Giro. La Carrera infatti è in cerca di alleati. La corsa è lunga, gli avversari agguerriti e nonostante le tante cronometro che favoriscono le caratteristiche sia di Roche che di Visentini è meglio farsi delle amicizie in gruppo. Così la mossa di Schepers appare quasi scontata. Il belga, si pensa, sta lavorando per la squadra. In realtà Schepers lavora per qualcuno, e quel qualcuno è Stephen Roche. L'irlandese ha capito che quasi tutta la Carrera, al momento decisivo, starà con Visentini anche se lui sta portando la maglia rosa con solidità e classe. Due persone della squadra però, sono pronte alla congiura: il gregrio Schepers e il meccanico di fiducia, Patrick Wolke. Servono però altri congiuranti e Roche li cerca, trovandoli, nelle altre squadre. "Sgarbo a Visentini? Perchè no, tanto lui i soldi ce li ha già e a noi invece fanno comodo" potrebbero aver pensato parecchi di loro.
Si arriva dunque a quella celeberrima Lido di Jesolo-Sappada. Il piano finale di Roche scatta esattamente nella discesa della Forcella del Monte Rest. Ennio Salvador, corridore della GIS primo a prendere il largo in discesa, non sa di essere il detonatore dell'azione. Bagot invece sì, ed infatti è lui a restituire il favore e attaccare per primo in salita. Il gruppo si allunga. Roche, con la scusa di chiudere, si riporta sui primi e dà invece linfa vitale all'azione acquisendo vantaggio. Dietro la Carrera è spaesata. Visentini è un vulcano. Urla e impreca verso l'ammiraglia. "Fate qualcosa maledizione!". Boifava manda il meccanco Wolke in ambasciata per convincere Roche a desistere ma, una volta raggiunto, invece di farlo tornare alla ragione lo aggiorna sul caos alle sue spalle e lo invita a continuare. La situazione è surreale. Roche è davanti mentre la sua squadra con la maglia rosa prova a chiudere con tutti che tirano tranne uno, Schepers ovviamente. La spaccatura è sotto gli occhi di tutti. Arriva allora Boifava. "Stephen fermati, dietro è un gran casino" ma lui risponde "Io voglio vincere. Io mi fermo se si ferma anche Visentini". Dopo l'inseguimento, l'azione viene annullata ma immediatamente partono altri corridori che provano a sfruttare la situazione. La corsa esplode prima ad Arta Terme, con Roche di nuovo nel mezzo, e poi sulla salita di Sella Valcada. La Carrera non riesce più a tenere la tappa in controllo e Visentini, salendo verso Cima Sappada, va in crisi di fame. Nella foga dell'inseguimento, schiumando di rabbia, aveva dimenticato di alimentarsi. Al traguardo, dove a vincere è l'olandese Johan Van der Velde, arriva con oltre 6 minuti di ritardo. La maglia rosa torna sulle spalle di Stephen Roche e a Sappada, mentre si parl già di tradimento, volano parole grosse.

NESSUN SEGNO DI PACE, MA FU DAVVERO TRADIMENTO?

La sera in albego Visentini vuole la testa di Roche. Il bresciano pretende che la maglia rosa vada a casa insieme ai suoi fedelissimi. Arrivano però i fratelli Tacchella, proprietari della Carrera e stabiliscono: "Nessuno va a casa, abbiamo la maglia rosa e questa, divisioni o meno, dobbiamo portarla fino in fondo. Parleremo a fine Giro". Da quel momento, Visentini fa corsa propria provando ad attaccare Roche che intanto ha perso l'appoggio di tutta la squadra (tranne Schepers e Wolke). La maglia rosa però, trova il sostegno in corsa della Panasonic dell'amico Robert Millar. Così, se Visentini attacca le altre squadre fedeli a Roche chiudono. Poi nella tappa di Pila, il bresciano cade e si ritira. Roche vince il Giro d'Italia con 3'40" sullo stesso Millar e 4'17" sull'olandese Erik Breukink. Qualche mese dopo, vincerà anche il Tour de France e il Mondiale compiendo un'impresa riuscita nella storia solo a Eddy Merckx.
Dal quel giorno del 1987, le carriere e forse le vite di Roche e Visentini non sono state più le stesse. Il bresciano non ha più rivolto la parola all'irlandese, nonostante i tentativi di riappacificazione di quest'ultimo. Se la carriera di Roche toccò in quell'anno il suo apice, quella di Visentini s'interruppe bruscamente. È l'amore che il bresciano aveva sempre avuto per il ciclismo a sparire. Deluso da tutto e da tutti, Visentini avrebbe corso altri tre anni prima di dire basta, schifato dall'ambiente delle corse, ed entrare nell'azienda di pompe funebri di famiglia. "Il Visentini fighetto e viziato adesso lava e prepara i morti" ha dichiarato in una delle rare interviste rilasciate dopo Sappada. Ma quel giorno fu davvero tradimento? Per come si svolse l'azione sì ma ascoltando le ragioni di Roche bisogna dare anche un po' di credito all'irlandese. Si sentiva forte ed effettivamente lo era visti i risultati che riuscì a portare a casa in quel magico 1987. Per lui, ambizioso, fu normale provare a vincere e ancor di più riuscirci. Si trattò anche di opportunismo, di necessità, di cogliere un attimo che sarebbe stato irripetibile. Ai vertici della squadra, tutto sommato, andava bene così: la Carrera, d'altro canto, aveva vinto. Forse sarebbe bastato un po' più di dialogo tra i due capitani e qualche frecciatina in meno per risolvere la questione in maniera amichevole. Ma i caratteri delle persone non si cambiano. Bisogna semmai provare a farli convivere. A Sappada però quel giorno di giugno del 1987, nel piccolo comune che allora era ancora in Veneto e oggi dopo un referendum è in Friuli-Venezia Giulia, non c'era spazio per entrambi. Uno era al sole, l'altro all'ombra. Come Felona e Sorona, destinati a non incontrarsi mai.

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