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Intervista a Michele Bartoli, il maestro italiano delle Fiandre

Fabio Disingrini

Aggiornato 07/04/2019 alle 08:08 GMT+2

Vincitore del Giro delle Fiandre nel 1996, ultimo erede Fiorenzo Magni, il talento purissimo di Michele Bartoli si svelò sul Kapelmuur: "Vivi emozioni indescrivibili fin dalla partenza nel santuario del ciclismo, ho amato quegli ultimi metri in cui ti senti leggero e alzi le braccia al cielo".

Michele Bartoli sul traguardo della Liegi-Bastogne-Liegi nel 1997

Credit Foto Getty Images

Il sacrario del Nord conserva con delicata premura la leggenda di Fiorenzo Magni. Travolto dai Muri viscosi, dal feroce pavé e quelle infangate mulattiere fiamminghe, Magni si ritirò al debutto perdendo lo sponsor della squadra, eppure un anno dopo si mise in spalla la sua Wilier Triestina, pagò il biglietto del treno al più fido gregario (Tino Ausenda) e divenne il Leone delle Fiandre, vincendo tre edizioni consecutive (1949, 1950, 1951) della Ronde van Vlaanderen.
Impresa mai più riuscita ma, tanti anni dopo, nella maniera di Michele Bartoli si rivede la classe primordiale. Portavoce della grande scuola toscana e ultimo erede di Fiorenzo Magni, se si parla di stile, il Leoncino delle Fiandre è certamente il miglior interprete “in linea” della sua generazione. E che proliferare di maestri fiamminghi ai suoi tempi - negli anni Novanta, capitanati dall’inossidabile Johan Museeuw - e autentici specialisti connazionali, da Andrea Tafi a Franco Ballerini fino a Paolo Bettini (tutti toscani) nel solco di Moreno Argentin.
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Michele Bartoli alla Liegi-Bastogne-Liegi 2003: il corridore toscano, chiamato il Leoncino delle Fiandre, ha vinto due edizioni consecutive della Doyenne: 1997 e 1998

Credit Foto Getty Images

Fiandre 1996: "Quegli ultimi metri in cui ti senti leggero"

Presa coscienza dei proprio mezzi, con la massima attenzione alle cose minime, Michele Bartoli s’impone al suo terzo anno tra i Muri fiamminghi: è il 1996 e un raggiante corridore prende la prima lode all’università del ciclismo. Il suo forcing sul Grammont, nel finale dell’ottantesima edizione della Ronde, è un capolavoro classico: uno scatto elegante e superbo, in piedi sui pedali, la corsa di testa e una fiamma rossa nel cielo delle Fiandre.
Ho due ricordi speciali di quel giorno: quando sono arrivato la mattina nella piazza di Sint-Niklaas, con le strade tutte gremite per la partenza del Fiandre. E poi c’è il rettilineo finale: quegli ultimi metri in cui ti senti leggero e alzi le braccia al cielo. Il mio Fiandre mi ha lasciato emozioni indescrivibili.

La collezione del Nord: "Il Fiandre al primo posto"

Verranno due Liegi-Bastogne-Liegi e altrettanti Giri di Lombardia, la Tre Giorni di La Panne, la Freccia-Vallone e il secondo Brabante (il primo a ventitre anni, nel 1994, con le stimmate del Nord), l’Omloop Het Nieuwsblad e l’Amstel Gold Race. Michele Bartoli è un mito moderno del ciclismo nostrano in prestito alla liturgia del Nord.
Sì, ho vinto tanto in Belgio, però come bellezza il Giro delle Fiandre lo colloco al primo posto: è una corsa che dura una settimana con un pubblico senza eguali. Per la magia dei Muri e del pavé, per il fascino della partenza che per i fiamminghi è un rituale sacro.

"I giovani italiani non possono imparare le Classiche"

Negli ultimi dieci anni, non ci sono più vittorie italiane nelle Classiche Monumento del Nord. Filippo Pozzato - secondo alla Roubaix nel 2009 e al Fiandre nel 2012, battuto solo da Tom Boonen - è stato un grande interprete del pavé perché oggi, pur contando sulla grande forma di Matteo Trentin, mancano gli specialisti.
Il problema è che non abbiamo più squadre World Tour e perciò i nostri giovani talenti sono costretti a crescere in squadre Professional, che non partecipano alle grandi classiche. Passano gli anni e loro non possono crescere: per tutto il mese non avremo nemmeno una squadra italiana in Belgio… Così non si hanno più corridori di spessore per le classiche ed è troppo penalizzante per il movimento.

"Van der Poel ha una classe superiore, e suo papà..."

Così, contro la corazzata Deceuninck Quick-Step che ha fallito la Gand-Wevelgem, ma nella “sua corsa” schiererà almeno tre capitani (il vincitore 2017 Philippe Gilbert, Bob Jungels campione della Bstogne-Liegi e l’impetuoso Zdenek Stybar), ci sono Peter Sagan e due fenomeni del ciclocross, astri nascenti del ciclismo mondiale: Wout van Aert e Mathieu van der Poel.
Il mio favorito è Zdenek Stybar: il più forte, per il Fiandre, della squadra più forte. Poi c’è Mathieu van der Poel che ha vinto la Dwars door Vlaanderen e lo conosco bene perché suo papà era mio compagno di stanza, la mia persona giusta. Adrie van der Poel (vincitore del Fiandre 1986 e della Liegi 1988, ndr) mi ha insegnato tutto ciò che c’è da sapere sul Fiandre e le Classiche del Nord… E suo figlio è dotato di una classe superiore: se si concentra sulla strada, ci sarà meno spazio per tutti gli altri.
Un anno fa, dopo i fasti di Boonen e Cancellara, Sagan e Philippe Gilbert, sorrise Niki Terpstra. Working Class Hero, di quelli che vincono una Parigi-Roubaix e il Giro delle Fiandre a fari spenti e, senza proclami, si spostano dal branco di Lefevere alla piccola Direct Energie. Niki Terpstra, nel giorno di Pasqua, ha dominato una Ronde librandosi sui pavé del vecchio Kwaremont, abitando la sua impresa in cima al Paterberg, pedalando in testa fin dal mitico Grammont, il Muro di Bartoli.
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Philippe Gilbert in una foto storica del ciclismo moderno: con la maglia di campione del Belgio, stravince il Giro delle Fiandre

Credit Foto Getty Images

Sagan vinse la centesima edizione della Ronde van Vlaanderen da campione del mondo, Gilbert alzò la bici sul traguardo tra due ali di gente innamorata. Terpstra venne da dietro le quinte. Che sia una sorpresa (italiana?), la nascita di un maestro o l’impresa di un campione, avanti il prossimo perché i leoni delle fiandre vogliono un altro mito.
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The Day When... Philippe Gilbert vinse il Fiandre tagliando il traguardo con la bici sollevata

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