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L'Italia che lotta e che attacca, ma resta ai piedi del podio: il futuro azzuro è Gianni Moscon

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DaEurosport

Aggiornato 01/10/2018 alle 12:42 GMT+2

L'Italia si ferma ancora ai piedi del podio dopo il quarto posto del 2017 di Matteo Trentin a Bergen: Gianni Moscon è quinto a Innsbruck dopo una grande prova.

Gianni Moscon

Credit Foto Getty Images

L’Italia che lotta, che resiste, che infiamma e che per il decimo Mondiale consecutivo dopo Ballan resta a mani vuote. L’orgoglio, l’esserci andati vicini e l’aver riscoperto una volta di più un campione per il futuro come Gianni Moscon, ora come ora non possono lenire la delusione di un altro campionato del mondo che se ne va e che vede esultare gli altri. Questa volta tocca alla Spagna, a cui l’iride mancava dal 2004 e da Oscar Freire: questa volta, soprattutto, tocca a Valverde che quella maglia la inseguiva dal 2003.

Gianni Moscon, un podio sfiorato non cancella una buona gara

L’Italia ha fatto la sua corsa, ha provato ad anticipare con attacchi ripetuti (Cataldo, De Marchi, Caruso, Brambilla) sui passaggi di Igls riuscendo anche a cambiare strategia in corso d'opera, togliendo la fascia di capitano dal braccio di Vincenzo Nibali e mettendola su quello di Gianni Moscon. Al trattore della val di Non è mancato veramente poco nel momento di maggior pathos del film, giusto un centinaio di metri per poter scollinare con Bardet, Valverde e il canadese Woods.
Moscon è andato in blackout poco prima della fine dell’Hottinger Holl, il muro infernale con punte al 28%: e in quel momento tattica e strategia vanno a farsi benedire. Nel ciclismo più di ogni altra cosa contano le gambe e i tre del podio ne hanno avute di più del nostro. Dove non sono arrivati gli Yates, Kwiatkowski, Poels, Martin, Alaphilippe e molti altri, è però arrivato Gianni Moscon, un ragazzo di oltre un metro e 80 e 70 kg da spingere - quindi non prettamente adatto a salite come il Muro dell'inferno - che aveva nelle gambe tre giorni di corsa dopo lo stop di due mesi dalla squalifica del Tour de France.
Il rammarico c’è e ci deve essere da parte di tutti: perché una medaglia era davvero vicina stavolta e manca da troppo tempo. Battere un uomo in missione come Valverde sarebbe stato senz’altro difficile in volata - se non impossibile - ma il podio era a portata. L’unico appunto che si può fare a Moscon è l’aver speso qualche energia di troppo tra l’ultimo scollinamento della salita di Igls e l’attacco del muro finale. Si poteva forse evitare di seguire le scaramucce di Pinot e Rui Costa, ma poco sarebbe cambiato a dire il vero.

L'Italia che non molla, neanche davanti all'Inferno

Bravo, bravissimo Alessandro De Marchi, in grado di restare al passo dei migliori fino alle pendici dell’Hottinger Holl: bravo a mettere al servizio della nazionale ogni singola energia a disposizione. Merita una statua, così come (quasi) tutto il resto della comitiva azzurra: fino all’ultimo giro l’otto di Cassani era ancora a pieno regime in testa al gruppo a fare il passo. Si è visto poco Domenico Pozzovivo, l’unico a non essere mai entrato in alcun attacco e a non essersi visto mai in testa al gruppo a tirare. Da lui, forse, era lecito attendersi qualcosina di più.
Capitolo a parte per Vincenzo Nibali: era la grande incognita di questa nazionale, negli ultimi giorni sembrava giocasse un po’ a carte coperte per una sorta di pretattica. Invece, quando la miccia si è accesa, lo Squalo ha dovuto per forza di cose alzare bandiera bianca lasciando i galloni di capitano a Moscon. Era il suo obiettivo dichiarato, messo nel mirino fin dall’anno scorso: l’incidente dell’Alpe d’Huez ha purtroppo complicato i suoi piani.
Menzione finale, ulteriore, per Gianni Moscon: che il giovane abbia talento non è in discussione, che gli manchi ancora qualcosa altrettanto. Ha fatto una gara da corridore vero su un percorso forse troppo duro per le sue caratteristiche: la speranza è che la lezione del Tour de France, e quelle precedenti, gli siano servite e lo aiutino a veicolare meglio in futuro i suoi momenti di rabbia agonistica. Che quando ti viene, ti viene, e allora è meglio usarla per spingere sui pedali, vincere, festeggiare e abbracciarci tutti. Magari già al Lombardia.
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