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Peter Sagan, sei un mito: il pavé sigla l’impresa, l’iride splende sopra Roubaix

Fabio Disingrini

Aggiornato 11/04/2018 alle 17:10 GMT+2

Come Hinault in maglia iridata e nel cuore della carriera, Peter Sagan si consegna alla storia vincendo la Parigi-Roubaix in 54 chilometri di pura passione, domando le strade in pavé più famose del ciclismo. C’era una volta quell’istrione slovacco che sfidava le regole con la calma della prima maturità: oggi Sagan è un collezionista d’imprese sulla via del mito.

Peter Sagan won the Paris-Roubaix (Michel Spingler/AP)

Credit Foto PA Sport

Sono 54 chilometri e settecento metri di pura passione che consegnano Peter Sagan alla storia del ciclismo. Quando nel 1981, con la maglia di campione del mondo, Bernard Hinault alzò le braccia a Roubaix battendo De Vlaeminck e Moser, aveva già vinto la Vuelta, un Giro d’Italia (il primo di tre consecutivi) e due Tour de France; il Giro di Lombardia e due epiche edizioni della Liegi-Bastogne-Liegi. Le Blaireau trionferà ancora in maglia rosa, vincerà altri tre Tour de France, un altro Giro di Spagna e un altro Lombardia.
Come Hinault in maglia iridata, Peter Sagan ha scelto il pavé per sedurre anche gli ultimi suoi detrattori: librandosi sui sassi della Foresta di Arenberg e del Carrefour de l’Arbre, dominando gli ultimi cinquanta chilometri dell’Enfer du Nord, sprintando nel Velodrome sul miglior attore non protagonista di questa edizione (lo svizzero Silvan Dillier). Per la prima volta dopo anni di alte pressioni, Peter non era il grande favorito della vigilia. Una volta per tutte - con tre Mondiali consecutivi e uguali Gand-Wevelgem, il centesimo Fiandre, 8 tappe al Tour de France e 4 alla Vuelta - si consacra miglior performer del ciclismo post-moderno. Tante altre volte vincerà sulla strada del mito.
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La "fagianata" di Peter Sagan: al 54 km prende e se ne va

L’iride splende sulle Fiandre francesi finché non giunge la notizia della morte di Michael Goolaerts, che avvolge il ciclismo d’una tristezza lugubre. Prima è stata un’edizione baciata dal sole, così densa di emozioni fra cinquant’anni di Arenberg, le segnature dei grandi specialisti, l’attacco di Sagan e la sua fuga al traguardo, le braccia alzate al cielo di Roubaix e una foto che fa il giro del mondo.
Da enfant prodige, Peter ha svelato il suo talento fra impennate sul traguardo, palpate a una miss sul podio del Fiandre e improbabili tinture verdi al Tour del centenario. Sono passati cinque anni e Sagan s’è consacrato sui pavé più famosi nella storia del ciclismo: ci voleva una corsa così, dopo la magnifica impresa di Nibali a Sanremo e la recita pasquale della Ronde van Vlaanderen.
A proposito di Vincenzo, per cui inizia la settimana della Doyenne mentre Sagan alza la pietra miliare della Roubaix, chi sarà mai il corridore più puro di questa generazione duepuntozero? La prima cosa bella è che questi due, ieri cresciuti in Italia e pure compagni di squadra, oggi re delle Classiche, non sono proprio vagamente comparabili. L’altra è che Vincenzo ci farà palpitare a Liegi e tifare ai Mondiali di Innsbruck, poi Sagan vorrà sfatare il tabù Sanremo col sorriso dei primi giorni e la forma del campione. Fate pensieri dolci e meravigliosi. Saranno loro a sollevarvi in aria.
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