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La grandeur di Chris Froome, re del Tour de France contro la cultura del sospetto

Fabio Disingrini

Aggiornato 11/03/2016 alle 15:06 GMT+1

Settemila metri sopra il cielo, uno scatto pirenaico già entrato nella storia del ciclismo: Froome rivince il Tour contro le illogiche congetture di doping per screditare un'impresa che, prima di Armstrong, avrebbe solo emozionato un pubblico più sportivo. Formidabile in salita e velocissimo a cronometro, sfatato il pavé, la maglia gialla ha difeso sulle Alpi la fierezza della sua leadership

Tour de France 2015, Chris Froome in maglia gialla sul pavé della quarta tappa

Credit Foto LaPresse

Il Tour più atteso del nuovo millennio per la concomitanza del vincitore del Giro d’Italia Alberto Contador, di Nairo Quintana, del detentore Vincenzo Nibali e di Christopher Froome è stato “rovinato” da settemila metri di capolavoro sui pedali. Tutti in attesa di una rivoluzione 2.0 nel giorno della Presa della Bastiglia, e invece Chris Froome ha restaurato la sua manifesta superiorità sgretolando gli altri tetrarchi sulla prima salita Hors Catégorie di questa edizione. Prima pirenaica, storia del ciclismo: 7 chilometri di assolo ex machina fino al traguardo di Pierre-Saint-Martin, decima tappa, game over.
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Chris Froome vince la decima tappa del Tour de France 2015 nel giorno della Presa della Bastiglia

Credit Foto Panoramic

La grandezza di Christopher Froome si misura in salita e a cronometro: merito di una struttura fisica speciale che affina il potenziamento simultaneo di fibre bianche e fibre rosse, permettendo a un corridore così alto di scattare sui tornanti e così magro di resistere contro il tempo. Atleta dedito a una preparazione draconiana di martiri fisici e alimentari, Froome bissa la maglia gialla del Tour del centenario in concorso di merito con il suo Team Sky (Peter Kennaugh, Luke Rowe, Leopold Konig, Ian Stannard, Wouter Poels, Geraint Thomas, Richie Porte, Nicolas Roche) che un po’ in laboratorio un po’ alla lavagna vince la sua terza Grande Boucle in 4 anni. Dalla più grande impresa (sulla carta) del ciclismo moderno griffata Bradley Wiggins nel 2012, alla sfilata sugli Champs-Élysées di domani, la Sky dimostra che in normali circostanze di gara, senza discese bagnate o pavé fangosi, è ancora la squadra da battere sotto il cielo di Francia.
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Il Team Sky impegnato nel corso della cronosquadre del Tour de France 2015

Credit Foto SID

Come il Mont-Ventoux nella Grande Boucle del centenario, lo scatto di Chris Froome a Pierre-Saint-Martin è la copertina di questo Tour de France: 125 pedalate al minuto per seminare Quintana e una velocità ascensionale media al limite dell'umano; mulinate vertiginose, spinte sul rapporto più agile della sua corona ovale. La misura del suo scatto breve è la cifra stilistica di un corridore senza il pedigree classico dei ciclisti europei. Nato a Nairobi nel 1985 da diplomatici inglesi, Christopher Froome ha infatti corso le prime gare in Sudafrica a 15 anni, con 10 stagioni “ai margini” del ciclismo continental fino alla scoperta di Claudio Corti e dell’insediamento, nel 2010, nella neonata formazione Sky.
È vero che il keniota britannico non è “bellissimo a vedersi” sui pedali, difetto stilistico di un corridore un po’ “costruito” dalla scienza esatta del positivismo inglese, grimpeur monocorde senza l'estro degli spagnoli o il "costume rosa" degli italiani. Froome però, senza aver mai subito variazioni di peso (68 kg.) superiori ai 900 grammi, sviluppa una potenza aerobica fuori dal comune con un VO2max (sforzo massimale misurato in 5 minuti sulla cadenza di pedalata) vicino ai limiti scientifici e supplementare di circa 20 watt rispetto alla media avversaria.
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Team Sky rider Chris Froome of Britain, wearing the race leader's yellow jersey, rides during the 195km (121.16 miles) 12th stage of the 102nd Tour de France cycling race from Lannemezan to Plateau de Beille, in the French Pyrenees mountains, France, July

Credit Foto Reuters

Già nel 2013 per il "Dossier Froome” dell’Equipe, Fred Grappe (medico fisiologo e biomeccanico fra i primi accusatori di Armstrong) esaminò i dati VAM registrati dal suo “computer di bordo” (Profile de puissance record) senza riscontrare alcuna anomalia nelle prestazioni della maglia gialla, oltre a una ferma stabilità del rapporto di forza sviluppato in watt per chilogrammi (W/kg.). Analisi che non avranno l’ambizione di sostituirsi alle agenzie antidoping coordinate in Francia da UCI e AFLD per i controlli ematici, ma che stimano l’attendibilità delle performance di Froome sulla base del suo profilo fisiologico.
Sedici giorni in maglia gialla in questa Grande Boucle, 30 complessivi dal 2013, 5 tappe vinte al Tour de France dal 2012, quando scortò sulle Alpi il suo capitano Bradley Wiggins: straordinario in salita e fin troppo veloce, come nella cronosquadre di Plumelec, a cronometro. Fino a prova contraria, la maglia gialla resta il simbolo dell'atleta più forte del Tour de France; senza ombra di dubbio, chi minaccia, fischia, sputa o getta urina addosso a Froome, dandogli del "Dopé", è soltanto un incivile. E detto che la cultura del sospetto sarà sempre un prezzo da pagare per tutte le maillot jaune del dopo Armstrong, oggi dev’essere il giorno della festa di Christopher Froome sulle strade capitali della Grande Boucle. Oggi celebriamo la maglia gialla e la sua grandezza, domani, fino a prova contraria, saremo pronti a rifarlo.
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