Opinion
CiclismoVincenzo Nibali rilancia: nel 2020 in regalo una squadra nuova e la sfida ad antichi tabu
Aggiornato 14/11/2019 alle 10:28 GMT+1
Lo Squalo spegne 35 candeline nei giorni in cui si delinea la stagione che verrà. Deciso a rimettersi in discussione, con la sua quinta squadra da professionista e l'amore per la Nazionale pronto a rifiorire. Dal pallino Liegi al tris al Giro, dal sogno Mondiale alla voglia di rivalsa a cinque cerchi. Perchè anche nel 2020, Vincenzo, sarà la guida del nostro movimento.
Chissà se nell’ormai lontano 2005, Vincenzo Nibali pensava di arrivare a questo punto della carriera con il fuoco dell’ambizione ancora vivo dentro di sé. Di certo il siciliano, nell’anno dell’esordio tra i professionisti, avrebbe messo la firma per vincere la metà di quello che è riuscito a mettere in bacheca da allora. Oggi, nello stesso giorno di Bernard Hinault e Vittorio Adorni, lo Squalo compie 35 anni (tanti auguri!), pronto a rimettersi in gioco con la quinta maglia di club della sua carriera e rinnovando l’amore per quella azzurra.
Il contachilometri mostra cifre importanti, il fiato si fa un po’ più corto, le gambe hanno perso qualche tacca di esplosività. Ma la classe non invecchia e si appaia con l’esperienza, unita a un mix di fantasia e coraggio che sono sempre state le armi in più del messinese. Un arsenale in grado di funzionare sia sopra i 2000 metri che su un lungo mare sanremese, tanto per dirne una. Dal Laigueglia del 15 febbraio 2005, giorno del debutto tra i grandi, al Lombardia di un mese fa: Nibali ha costruito mattone per mattone, pedalata per pedalata, una carriera che per varietà di successi si può accostare senza difetto di riverenza a quella d Felice Gimondi.
Nibali è stato signore dei Grandi Giri e Re di Classiche monumento, con una polivalenza rara di questi tempi. Solo Alejandro Valverde, tra i corridori in attività, è riuscito a imporsi su due palcoscenici così diversi. E scusate se è poco. Vincenzo ha conquistato e diviso, ha sorpreso e deluso, è caduto e si è rialzato. A un’età in cui un corridore comincia a pensare di appendere la bicicletta al chiodo, lui rimane l’atleta simbolo del nostro movimento. Vero, forse perché manca un ricambio generazionale adeguato per le corse più prestigiose. Ma soprattutto perché uno così, anche a 35 anni, è insostituibile.
Il 2019 dello Squalo si è chiuso con una sola vittoria: la minitappa di Thorens al Tour de France, ultimo atto prima della passerella parigina. Una vittoria di tenacia e di grinta, di uno che trova sempre il modo di piazzare una stoccata di prestigio. Un successo liberatorio, dopo i piazzamenti a Sanremo e Liegi e quel secondo posto al Giro che, per un perfezionista come lui, un sentore di amaro l’ha di certo lasciato. Le foglie ingiallite non hanno portato soddisfazione come in altre stagioni, ma più che all'autunno la carriera dello Squalo si prepara a vivere una nuova primavera. Con la casacca rossa della Trek-Segafredo, la sua quinta squadra dopo Fassa Bortolo, Liquigas, Astana e Bahrain Merida.
La strada di Nibali per il 2020, tra tornanti e cotes, sembra già tracciata. Ed è forse la più ambiziosa di sempre, studiata per riempire quei piedistalli vuoti nella personale stanzetta dei trofei. A partire dalla Liegi, che dall’anno del fantasma Iglinskij (2012) affolla la mente di Vincenzo. E poi il sogno del tris rosa, per affiancare i signori Girardengo e Bartali, ma anche Hinault e Magni. Superando proprio il Leone delle Fiandre come vincitore più "anziano" di sempre al Giro. Ma è con la maglia azzurra che Nibali ha un conto in sospeso. Da quella maledetta caduta in discesa a Rio, mentre volava verso una medaglia quasi certa, Lo Squalo proverà a liberarsi sul tremendo percorso olimpico di Tokyo. E infine, il Mondiale di Aigle-Martigny, con buone probabilità l'ultima occasione colorare con l'iride la sua sagoma inconfondibile.
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