Vuelta 2019: la crescita di Aru, le ambizioni di Roglic, i dilemmi Movistar

Marco Castro

Aggiornato 23/08/2019 alle 10:17 GMT+2

Sabato 24 agosto scatta la Vuelta numero 74 e come sempre i temi da affrontare sono tanti e variegati. Dopo il Tour, Fabio Aru è da top 10. Roglic dà la caccia a un successo storico per la Jumbo Visma, la Movistar perde Carapaz e si ritrova il duopolio Quintana-Valverde. Tadej Pogačar è il giovane talento che può illuminare la corsa.

Fabio Aru - Tour de France 2019 - Getty Images

Credit Foto Getty Images

Dalle saline di Torrevieja a Madrid. Dalla Costa Blanca alla capitale. Una corsa di 3272,2 km per 22 squadre e 176 pedalatori, pronti a battersi per i rispettivi obiettivi. Decolla sabato 24 agosto la Vuelta numero 74 e come sempre i temi da affrontare sono tanti e variegati. Dalla lotta campale per la maglia rossa a un percorso incalzante. Dalle speranze italiane ai giovani da tenere d’occhio. Senza un favorito netto e designato in nessuna delle sue classifiche, la corsa si prepara a regalare spettacolo, ancora una volta, nel nome dell’imprevedibilità.

Dove può arrivare Fabio Aru?

Il percorso di rinascita del sardo dopo i problemi fisici è fatto di tappe, graduali e e nondimeno cruciali. L’ultima, al Tour, ha visto il corridore della UAE chiudere al 14esimo posto. Un risultato notevole, visti il palcoscenico e le aspettative. Aru si è rimesso in gioco, è tornato a domare la fatica e ad alzare i suoi limiti. Alla Vuelta è il momento di spostare l’asticella una tacca più in su. La top 10 può e deve essere un obiettivo da conquistare. Se la Grande Boucle non avrà lasciato troppe tossine nelle gambe, Fabio potrebbe ambire addirittura a qualcosa di meglio, anche in virtù di una concorrenza non eccezionale. In Francia, la sua condotta di gara è stata saggia. Con i migliori finchè il fisico lo permetteva, senza esagerare per evitare fuori giri. La sensazione è che in Spagna, potremmo rivedere l’Aru aggressivo, all’attacco. Il sardo arriva da un mese di allenamento specifico in altura, dove ha scolpito la statua della sua ambizione. E dalle sue parole, il progetto non è di poco conto.
Sono fiducioso. Il gradino che voglio occupare so qual è, e ora so anche di poterci arrivare o, per meglio dire, tornare
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Quando Fabio Aru vinse a La Planche des Belles Filles staccando anche Froome: Ajò!

Carapaz dà forfait, chi è l’uomo forte della Movistar?

La squadra spagnola aveva in mano un tris d’assi, con Carapaz a sostituire Landa al fianco di Quintana e Valverde. Ma in una stagione intrisa di infortuni eccellenti, anche l’ecuadoregno, probabilmente il più indicato a fare classifica, ha alzato la mano e dato forfait a causa di una botta alla spalla. Palla dunque agli altri due. Quintana avrà voglia di rivalsa dopo un Tour con un solo acuto. Di certo avrà più libertà del previsto e magari una motivazione aggiuntiva per lasciare l’ultimo graffio in maglia Movistar prima dei saluti di fine stagione. Su di lui, però, ci sarà la presenza ingombrante di Alejandro Valverde, che in Francia ha fatto il regista e potrebbe reclamare lo scettro. L’Imbatido avrà il dorsale numero 1 e a casa sua, con maglia iridata, non vorrà fare il secondo a nessuno. La tattica più probabile sarà ancora una volta una corsa da co-capitani, sottoposti all’insindacabile giudizio della strada. Opinione? Solo uno dei due, al massimo, salirà sul podio.
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Nairo Quintana e Alejandro Valverde

Credit Foto Getty Images

Quali sono le tappe cruciali?

Otto arrivi in salita, due cronometro, sei tappe ambite dai velocisti e cinque vallonate dove può succedere di tutto. 57 i Gpm ufficiali, più qualche rampa di garage come tradizione vuole. Di tappe da cerchiare in rosso ce ne sarebbero una dozzina, ma ne scegliamo cinque per praticità. Dopo i primi arrivi in quota tra la quinta e la settima tappa (dove vedremo le prime schermaglie tra i favoriti), il primo snodo cruciale arriva tra la nona e la decima frazione. La prima è una minitappa durissima di 94 km. Partenza da Andorra e arrivo in quota ai 2095 metri di Cortals d’Encamp. In tutto 5 Gpm, di cui due di prima categoria e il celebre Col de la Gallina (12,2 km all’8,3%, dove potrebbe esplodere la corsa). Il giorno seguente i corridori affronteranno un’altra prova fondamentale in ottica generale: la cronometro di Pau. 36 km da specialisti in terra francese, dove si scaveranno differenze non trascurabili. La 13esima tappa, tra i Paesi Baschi e la Cantabria, è un’altra prova da giganti. Sette salite di categoria in 166 km e gran ritorno all’Alto de los Machucos: sette km al 9% ma con pendenze disumane oltre il 25%. Qui, nell’unico precedente (2017), vinse Denifl davanti a uno scatenato Contador e Froome andò in crisi. Due giorni più tardi, tappa 15, ancora fuochi d’artificio. Quattro salite di prima categoria tra Tineo e il traguardo al Santuario del Acebo, da molti considerata la salita più dura di questa Vuelta: un’ascesa di 8 km al 9,7% con picchi del 15%, roba da scalatori purissimi. Infine la penultima tappa, la numero 20. L’ultima chiamata per chi vuole rovesciare la corsa si manifesterà con 6 Gpm e il traguardo a la Plataforma de Gredos a spremere le ultime energie rimaste ai corridori.

Dopo i terzi posti a Giro e Tour, per la Jumbo Visma è la volta buona per vincere un Grande Giro?

Primoz Roglic terzo al Giro d’Italia, Steven Kruijswijk sullo stesso gradino del podio al Tour. La Jumbo Visma sta disputando una stagione eccellente su tutti i terreni (riguardate cosa hanno fatto i loro velocisti alla Grande Boucle), ma su una torta già imponente manca una ciliegina piuttosto gustosa: il successo in un Grande Giro. Che alla squadra olandese manca dal 2009, quando si chiamava Rabobank e Denis Menchov sfilava in maglia rosa a Roma. I pianeti sembrano allineati per rompere questo digiuno e proprio Roglic l’uomo indicato a farlo. Se sulle rampe più toste potrebbe essere chiamato a difendersi, lo sloveno ha due cronometro a disposizione per dare una paga importante a tutti gli avversari. In più, ha una squadra solida al suo fianco, con lo stesso Kruijswijk, George Bennett e Robert Gesink a gestire la corsa in salita e gente nel motore come Sepp Kuss e Tony Martin. In attesa di Tom Dumoulin, che il prossimo sarà la punta di diamante di una squadra potenzialmente devastante, la Jumbo può anticipare una nuova era che in Olanda sperano essere d’oro.
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Primoz Roglic (Team Jumbo-Visma)

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Chi vince la Vuelta 2019?

Quale sarà il corridore da tenere d’occhio?

All’esordio in un Grande Giro e allo stesso tempo tra i più attesi. Tadej Pogačar compirà 21 anni a settembre, ha l’etichetta del predestinato e le attenzioni che si riservano ai fuoriclasse. Alla Vuelta arriva da gregario di lusso di Fabio Aru, ma non sarebbe folle vederlo battersi per le posizioni che contano della generale. Dopo il Tour de l’Avenir vinto nel 2018, quest’anno ha conquistato Volta ao Algarve e Tour di California, highlights di una stagione da debuttante davvero speciale. Forte in salita e a cronometro, membro della nuova generazione dei fenomeni, lo sloveno ha tutto per consacrarsi tra i grandi già in questa corsa verso Madrid. Ne siamo sicuri, ci farà divertire. Con lui, sul podio dei corridori pronti a stupire, questi due nomi: Tao Geoghegan Hart, nel Team Ineos privo di stelle, e il rampante scalatore colombiano Sergio Higuita, scuderio (e forse più) di Rigoberto Uran alla Education First.
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Colpo doppio per Tadej Pogačar: tappa e maglia di leader, rivivi il suo arrivo a Mount Baldy

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