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Ferrari, Wolff il dopo Binotto? Non impossibile, ecco perché

Paolo Sala

Pubblicato 03/09/2020 alle 18:34 GMT+2

Il manager austriaco agita i sonni del team principal italiano, medita vendetta per il no alla sua scalata in Formula 1 e punta a prenderne il posto a Maranello. I pro (tanti) e i contro (pochi) di un affare sempre possibile finché Toto non rinnova con Mercedes.

focus f1 wolff-binotto

Credit Foto Eurosport

Toto Wolff salvatore della patria, intesa come Ferrari. Una prospettiva impensabile fino a poche settimane fa, eppure possibile visto lo stallo - non solo logistico ma anche di rapporti tecnici e personali - fra il manager e la Mercedes. Una prospettiva che, dice chi lo conosce bene, è attualmente la più stuzzicante per le sue ambizioni personali, e che non dispiacerebbe anche a buona parte del popolo ferrarista, certamente diviso in proposito. Se n'è iniziato a parlare a Spa, e nella settimana che porta a Monza l'ipotesi ha preso corpo.

Lo stallo con Mercedes

Andando con ordine, né Wolff né Lewis Hamilton hanno ancora messo nero su bianco il rinnovo di contratto con la stella a tre punte. Ma se per il pilota sembra solo una questione di dettagli, per quanto non da poco come la durata, per il team principal lo stallo pare avere radici molto più profonde. Che hanno a che fare con le ambizioni personali di Toto e con le recenti dinamiche politiche maturate nel circus della Formula 1. Per esempio il nuovo Patto della Concordia, laddove Wolff (e altri) hanno portato a casa la possibilità di uscire dal Circus prima della scadenza successiva, cosa mai accaduta prima e che aggiunge interrogativi al futuro Mercedes in Formula 1, sicuro fino al 2021 e poi chissà.
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Toto Wolff

Credit Foto Getty Images

Scalata in azienda

Tornando a Wolff, dopo aver dimostrato le proprie capacità in ambito sport, pare ambisca ad un ruolo di livello all'interno di Daimler AG o Mercedes Benz. Con tanto di portafoglio di azioni, come da sua abitudine. Ne sta discutendo da tempo col presidente Ole Kallenius, e in Germania dicono che la sintonia sia scarsa, da cui il ritardo nelle firme. Il futuro non è scritto, per lo meno non ancora.

Quel no di Binotto

Prima dello stallo in corso con Mercedes e della trattativa sul Patto della Concordia, ha lasciato il segno il diniego Ferrari, nella persona di Binotto, alle velleità di scalata di Wolff all'interno della governance della F1. Il suo obiettivo è essere l'Ecclestone del futuro. Diniego esteso ovviamente a tutti gli attuali team principal di una scuderia. Wolff, che meditava l'uscita da Mercedes proprio in questa direzione, l'ha presa sul personale, e di lì in avanti è stata guerra aperta con Mattia Binotto. Tecnica e regolamentare, ma soprattutto personale.
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Mattia Binotto - GP Spain 2020 - Getty Images

Credit Foto Getty Images

Le dichiarazioni dopo Spa

E nella personalizzazione dello scontro, sono entrate perfettamente le dichiarazioni di Toto dopo Spa. Un goffo allineamento alla tifoseria ferrarista che cela, e nemmeno tanto, un attacco diretto alle responsabilità di Binotto, quasi a 'proporsi', appunto, come salvatore della patria.
"La Ferrari è un marchio iconico che dovrebbe essere al vertice a lottare per le primissime posizioni. La situazione che sta invece attraversando non va bene per la F1. Sono dispiaciuto per tutti i tifosi e tutti i dipendenti della Ferrari, nessun tifoso e nessun membro di Maranello merita simili risultati. Credo che la performance attuale derivi dal modo in cui sono state stabilite le priorità nell'ultimo periodo. Sarebbe però sbagliato dire che erano priorità della Ferrari, perché significherebbe parlare della Ferrari nella sua interezza. Forse tutto deriva da alcune decisioni prese solo da alcuni membri all'interno del team". Forte e chiaro.

Perché sì

Dando per scontato che una possibile disponibilità sia giunta alle orecchie del management ferrarista, i motivi per cui sarebbe un'ottima mossa sono oggettivamente parecchi:
  • La scossa, il colpo d'ala, per quanto sempre a medio-lungo termine, che serve in questo momento delicatissimo.
  • La comprovata capacità organizzativa di Wolff, venuta clamorosamente a mancare a Maranello.
  • Il know how sulla principale avversaria e soprattutto la possibilità di attrarre tecnici e ingegneri. A partire da Andy Cowell, ex capo progetto del motore Mercedes e oggi libero.
  • La guida del team ad un uomo di corse. Piaccia o meno, un uomo di corse. Come è stato Todt che veniva dalla squadra corse Peugeot, come è stato a suo modo e in ruoli diversi Montezemolo. Come è stato anche Marchionne, se non altro per il carisma. Come non sono certo John Elkann né Louis Camilleri, commerciale puro di provenienza Philip Morris.

Perché no

Difficile trovare controindicazioni tecniche. Occorre cercarne nella simpatia personale, nell'orgoglio di non affidarsi al capo degli "altri", quelli cui Marchionne voleva "togliere il sorriso". Al limite ce ne possono essere di carattere economico-gestionale:
  • Quale ruolo vorrà Wolff in Ferrari al di là dell'essere team principal, vista la sua propensione politica e azionaria.
  • Quanto potrà investire la Ferrari nel prossimo futuro, considerando il ritardo tecnico attuale e l'annosa realizzazione di un nuovo simulatore.
  • Quanto potrà essere conveniente azzerare il lavoro sul progetto 2022 che si sta realizzando e si realizzerà da qui all'eventuale defenestrazione di Binotto a favore di Wolff.

Monza

Intanto per Monza la Ferrari ha un obiettivo minimo, capire cosa sia andato storto a Spa nella gestione della finestra delle gomme, e uno massimo, tornare a lottare a centro gruppo. Gli unici due gettoni di sviluppo saranno spesi sul 2021 (cambio e retrotreno, il motore sarà nuovo ma con sviluppo minimo rispetto a questo), quest'anno la coperta resta corta. Ma deve coprire almeno le brutte figure, un'altra Spa non è accettabile, ancor meno nelle gare italiane. Poi si capirà chi davvero spenderà quei due gettoni dal timone di Maranello.
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