Blood in the water Melbourne 1956: Ungheria-URSS di pallanuoto, la sfida più cruenta delle Olimpiadi

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Aggiornato 06/12/2020 alle 10:19 GMT+1

Nel Giochi Olimpici di Melbourne 1956 l'Ungheria trova il proprio riscatto dopo che, per fermare la rivolta di Budapest, l'Armata Rossa aveva invaso il territorio magiaro.

Blood in the water, Melbourne 1956

Credit Foto Getty Images

Nel 1956, di questi tempi, dall’altra parte del mondo erano appena terminate le Olimpiadi estive. L’Australia aveva ospitato per la prima volta i Giochi Olimpici e, seppur fatta anni prima, questa scelta si rivelò sotto molti punti di vista particolarmente azzeccata perché permise ai Giochi di rimanere almeno in parte estranei alle tensioni che si stavano verificando nel resto del mondo. In parte, non del tutto, perché l’eco degli scontri politici che stavano infiammando l’Europa arrivò anche nella piscina olimpica di Melbourne. Nel nostro viaggio nel tempo attraverso la storia delle Olimpiadi di questa settimana vi raccontiamo, infatti, di una delle partite di pallanuoto più cariche di tensioni e di violenza della storia olimpica, la semifinale del torneo maschile fra Ungheria e Unione Sovietica, una partita rimasta alla storia con il nome di “Blood in the water match”.
Ottobre 1956. Una rivolta popolare in Ungheria porta all’insediamento di un governo che chiede l’uscita del Paese dal patto di Varsavia; in tutta risposta il governo sovietico invia i carri armati dell’Armata Rossa a bombardare Budapest.
6 dicembre 1956. Nella seconda delle due semifinali del torneo olimpico maschile si sfidano Ungheria e Unione Sovietica. Si tratta di un match di altissimo livello visto che ad affrontarsi sono due squadre favorite per il titolo finale. L’Ungheria è la nazionale medaglia d’oro di Helsinki 1952, ma l’Unione Sovietica ha avuto la meglio nell'ultimo incontro ufficiale fra i due team in occasione delle Spartachiadi del 1955. Il lato sportivo dell’incontro conta poco, però, perché gli ungheresi, che hanno saputo dell’invasione una volta arrivati a Melbourne, sono intenzionati a riscattare l’orgoglio ferito della loro nazione.
Si stima che sugli spalti ci siano circa 5000 spettatori e in buona parte si tratta di ungheresi emigrati in Australia durante la seconda guerra mondiale. I tifosi iniziano fin da subito ad incoraggiare i giocatori ungheresi esponendo uno striscione con la scritta Hajara Majarik (forza Ungheria) e da parte loro i magiari, che a scuola hanno imparato il russo, utilizzano una strategia di provocazione verbale.
L’incontro assume in breve tempo una connotazione particolarmente violenta e l’Ungheria riesce a passare in vantaggio fino al 4-0. Quando orma la vittoria dei campioni di Helsinki 1952 è quasi certa, accade l’episodio che rende celebre questo incontro. A pochi minuti dalla fine del quarto tempo, dopo una serie di scontri fra i due giocatori, il russo Valentin Prokopov colpisce a gioco fermo Ervin Zador. Il pugno di Prokopov provoca a Zador un taglio sul sopracciglio e la rapida fuoriuscita di sangue dal volto dell’atleta ungherese fa sì che la superficie dell’acqua intorno ai due giocatori si tinga di rosso.
Nelle settimane successive la foto del volto insanguinato di Zador fa il giro del mondo e appare su tutti i principali giornali occidentali divendendo l'emblema della violenza sovietica nei confronti dell’Ungheria rivoluzionaria. A Melbourne, invece, il gesto di Prokopov provoca la reazione inferocita del pubblico sugli spalti e per evitare scontri l’arbitro è costretto ad interrompere l’incontro e consegnare la vittoria a tavolino all’Ungheria.
Il cammino di Zador e compagni prosegue fino alla vittoria in finale contro la Jugoslavia, mentre quello dell'Unione Sovietica passa per una vittoria nella finale per il terzo posto. Le due nazionali si incontrano di nuovo sul podio, mentre nella piscina di Melbourne risuona l'inno ungherese. A Budapest la rivoluzione è ormai stata sedata nel sangue, ma dall'altra parte del mondo, lontano dai carri armati, l'Ungheria trova il suo riscatto.
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