Da Ben Johnson ad Alex Schwazer, i più famosi casi di doping alle Olimpiadi

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Aggiornato 17/05/2017 alle 00:08 GMT+2

La Wada, l'agenzia internazionale antidoping, chiede la squalifica dalle Olimpiadi della nazionale russa di atletica per "doping di stato". Il nostro viaggio indietro nel tempo di questa settimana vi porta a scoprire, o a ricordare, i più famosi casi di doping nella storia olimpica.

1988 Olympics Men's 100m final Ben Johnson

Credit Foto Imago

La notizia che la Wada, l’agenzia internazionale antidoping, abbia chiesto la squalifica della nazionale di atletica russa da tutte le competizioni internazionali è di quelle che fanno tremare l’intero mondo dello sport, soprattutto perché una richiesta del genere è arrivata a otto mesi dai Giochi Olimpici di Rio 2016. Qualunque sia la decisione della Iaaf, non ci vuole la sfera di cristallo per immaginare che i prossimi giorni saranno cruciali per il futuro dell’atletica e dello sport in generale, ma prima di proiettarci verso il ciò che sarà facciamo qualche passo indietro nel tempo e andiamo a vedere i casi di doping più clamorosi che hanno scosso i Giochi Olimpici.

Ben Johnson - Seul 1988

Fu campione olimpico dei 100 piani a Seul 1988 per una manciata di giorni, poi venne squalificato perché trovato positivo agli steroidi in un controllo antidoping effettuato su un campione di urina poco dopo la gara. Al giamaicano naturalizzato canadese venne ritirata la medaglia d’oro (assegnata a Carl Lewis) e il record del mondo di 9.67, corso nella finale, venne cancellato. Stesso destino toccò poco dopo al primato che Johnson aveva realizzato ai Mondiali del 1987, eliminato dagli annali dopo l’ammissione dell’atleta di aver fatto uso di sostanze dopanti anche in quell’occasione. Johnson scontò la squalifica, cercò di rientrare ma nel 1993 fu nuovamente trovato positivo dopo una gara e a quel punto fu radiato a vita. Negli anni che seguirono le Olimpiadi di Seul ben sei degli otto atleti che avevano partecipato alla finale dei 100 metri piani vinta da Johnson furono implicati in casi di doping.

Marion Jones - Sydney 2000

Fu la regina dell’atletica delle Olimpiadi australiane, da cui portò a casa ben cinque medaglie (tre d’oro, nei 100 e 200m e nella staffetta 4x400m e due di bronzo, nel salto in lungo e nella staffetta 4x100m), ma nel 2007, dopo essere stata accusata di aver fatto uso di doping e dopo il suo coinvolgimento nelle indagini su una casa famraceutica americana, la BALCO, fu lei stessa a dichiarare di aver assunto sostanze proibite prima, durante e dopo i Giochi Olimpici di Sydney e a restituire le medaglie vinte in quell’occasione. Pochi giorni dopo la Iaaf invalidò tutte le prestazioni della statunitese daò 2000 al 2004, comprese quelle in staffetta.

Davide Rebellin - Pechino 2008

Guardando agli atleti di casa nostra e passando dall’atletica al ciclismo, nel 2009 la squalifica per positività al CERA costò a Davide Rebellin la revoca della medaglia d’argento conquistata ai Giochi Olimpici di Pechino 2008. Nonostante il ricorso del veneto, che denunciava anomalie procedurali da parte del CIO, il TAS di Losanna confermò la squalifica. Il 30 aprile del 2015 Rebellin è stato, però assolto in modo “postumo” dall’accusa di positività per mancanza di prove.

Kim Jong Su - Pechino 2008

Vinse la medaglia d’argento nella pistola da 50 metri e quella di bronzo nella pistola da 10 metri, ma la gloria olimpica del nord coreano Kim Jong Su durò giusto il tempo di un battito d'ali. Dopo averlo trovato positivo ai betabloccanti, sostanze che rallentano il battito cardiaco e quindi diminuiscono il tremore delle mani quando si prende la mira per sparare, Il CIO decise di squalificarlo e di revocargli immediatamente le due medaglie.

Alex Schwazer - Londra 2012

Si tratta di un caso talmente recente che tutti probabilmente lo ricordano, ma anche talmente eclatante che non citarlo in questo contesto sarebbe impossibile. Principale speranza dell’atletica azzurra alle Olimpiadi di Londra, dove sarebbe dovuto arrivare forte del titolo olimpico conquistato nella 50 km di marcia quattro anni prima, l’allora fidanzato della pattinatrice Carolina Kostner non riuscì nemmeno a partire per la capitale inglese. Dopo una nebulosa rinuncia alla 20 km, il 6 agosto arrivò l’annuncio da parte del CONI della positività di un atleta azzurro in partenza per Londra. In breve tempo iniziò a girare il nome del marciatore e a poco dopo arrivò la conferma, era Schwazer l’atleta trovato positivo all’EPO. La sua squalifica terminerà il 29 aprile 2016 per cui l'altoatesino potrebbe, stando al regolamento, riuscire a rientrare per i Giochi di Rio.

Kostantinos Kenteris ed Ekaterini Thanou - Atene 2004

Con la vittoria nei 200 metri a Sydney 2000, Kenteris divenne un vero e proprio eroe in Grecia, tanto da essere scelto come alfiere della nazionale padrona di casa ai Giochi di Atene 2004. Kostas, però non prese parte alla né cerimonia di apertura né tanto meno alle gare. Finse di aver avuto un incidente in moto insieme alla connazionale e compagna di squadra Ekaterini Thanou (argento a Sydney nei 100 m) pochi giorni prima dell’inizio dei Giochi, per giustificare il loro non essersi presentati ai controlli antidoping di rito; poco dopo entrambi annunciarono la loro intenzione di non partecipare alle competizioni “per il bene della nazione”. Riceveranno tutti e due, in seguito, una squalifica per violazione delle procedure antidoping.
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Kostas Kenteris ed Ekaterini Thanou

Credit Foto Imago

Thomas Hicks - St. Louis 1904

È sconosciuto ai più, ma non poteva non essere citato in questo elenco visto che fu protagonista del primo caso di doping della storia olimpica. Maratoneta statunitense, si mise al collo la medaglia d’oro ai Giochi di St. Louis del 1904 dopo che per due volte, lungo il tragitto, il suo allenatore gli aveva somministrato tramite iniezioni del solfato di stricnina (uno stimolante particolarmente diffuso in quegli anni che oggi, in quantità maggiori, viene usato come veleno per topi).
Cosa distingue l’ultimo caso citato dagli altri? Il fatto che, nonostante il palese utilizzo si uno stimolante in gara, Hicks non andò incontro ad alcuna squalifica. Questo accadde perché nel 1904 non esisteva ancora l’antidoping e non si parlava di sostanze proibite. Nell’ultimo secolo il doping ha fatto, purtroppo, passi da gigante, ma allo stesso tempo anche le contromisure vanno migliorando e proprio in quest’ottica va letto l’appello della Wada. Una denuncia del genere contro il doping non è la prova che il mondo dello sport ha molti lati oscuri (quello, purtroppo, già lo si poteva immaginare), ma è la testimonianza del fatto che questi fenomeni vengono sempre più combattuti. Ci sarà sempre qualcuno che cerca di barare, a costo di mettere a repentaglio la vita e la salute degli atleti, ma dichiarazioni come quella della Wada ci fanno sperare che ci sia sempre anche qualcuno che, di contro, si batte per il rispetto delle regole e per uno sport pulito.
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