Monaco 1972

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Aggiornato 08/07/2012 alle 08:54 GMT+2

Quando il terrorismo sconvolse i Giochi: la carneficina di "Settembre Nero"

1972, Monaco, bare

Credit Foto AFP

Ci sono momenti memorabili e momenti che non puoi dimenticare. Ci sono imprese olimpiche che si tramandano di generazione in generazione e avvenimenti legati a questo evento che si devono tramandare. L’Olimpiade di Monaco di Baviera 1972 è stata l’uno e l’altro. La rassegna dominata dalle sette medaglie d’oro di Mark Spitz. E l’avvenimento a cinque cerchi più funesto di sempre. La gioia dello sport e il dramma del terrorismo che stravolge tutte le logiche della “pax olimpica”.
Siamo nel luglio del 1972 e l’organizzazione terroristica palestinese dal nome “Settembre Nero” decide di fare il colpo grosso dopo aver subito lo smacco di un dirottamento aereo concluso con la cattura dei criminali che lo avevano organizzato. Per dare la svolta si decide di punire il CIO per non aver permesso a una delegazione palestinese di partecipare all’Olimpiade. E di punirlo nel più sanguinoso dei modi. Nasce l’operazione conosciuta come “Biraam” o “Ikrit” dal nome di due villaggi che erano stati presi dagli israeliani nel 1948.
L’organizzazione è agile: otto membri di un commando facente capo a Luttif Afif, ingegnere di costruzione dello stesso villaggio olimpico di Monaco, e a Yusuf Nazzal. Gli altri sei, profughi addestrati in Libia, poco sanno di quella missione. Arrivano in Germania Ovest pochi giorni prima dell’inizio dell’Olimpiade, si nascondono dietro a passaporti falsi e si riuniscono tutti assieme poche ore prima della strage. È la notte tra il 4 e il 5 settembre. E poche ore prima dell’alba il commando fa irruzione nel villaggio olimpico, mirando alla palazzina degli atleti israeliani.
Vengono catturati undici uomini. Uno di questi, il pesista Gad Tsobari riesce in qualche modo a fuggire. Un altro, Yossef Romano, reagisce e viene ucciso da una raffica di mitra prima di essere torturato. È l’inizio della strage. All’alba iniziano le trattative. Il corpo di Moshe Weinberg, già ferito, viene restituito come cadavere, mentre i sequestratori chiedono la liberazione entro quattro ore di 234 detenuti nelle carceri israeliane oltre ai due terroristi tedeschi Andreas Baader e Ulrike Meinhof. In caso contrario sarebbe stato ucciso un ostaggio ogni ora.
È il panico, è il paradosso. Il presidente del CIO Avery Brundage, al corrente della situazione, non ferma le gare in programma quella mattina e alle 8:15 si svolge come se nulla fosse il programma di equitazione. Gli Stati Uniti, invece, mettono le mani avanti e fanno prelevare dalla polizia proprio Spitz, nel timore che sia un obiettivo dei terroristi.
Israele non accetta le condizioni poste dal commando, anzi si offre di inviare a Monaco di Baviera un’unità di Forze Speciali per un blitz. I tedeschi rifiutano a loro volta, cercano di prendere tempo e l’ultimatum viene esteso di tre ore, sino a mezzogiorno. Soltanto allora si decide di sospendere i Giochi, soltanto allora le telecamere si spostano sulle trattative. Va in scena il dramma, va in scena il 31 di Connollystrasse, l’edificio del sequestro. L’ultimatum si sposta sempre più avanti, sino alle 17. Proprio quello che volevano i terroristi, che raggiungono l’apice dell’attenzione.
Alle 16 la polizia tenta un blitz dai condotti di ventilazione posti sul tetto, il tutto in diretta televisiva. Ma, paradossalmente, i terroristi stavano guardando la diretta. E fecero subito capire che non era il caso di provarci. Avanzano una nuova richiesta: essere trasferiti al Cairo, da dove avrebbero continuato le trattative. Arriva l’ok delle autorità tedesche, che prima chiedono e ottengono di verificare le condizioni degli ostaggi.
Due elicotteri atterrano in un piazzale del villaggio olimpico per portare i terroristi all’aeroporto di Furstenfeldbruck. L’obiettivo della polizia diventa quello di ucciderli nel trasferimento. Un’operazione disperata, anche perché soltanto durante il volo in elicottero l’unità di crisi si accorge che gli attentatori sono otto e non cinque. La polizia apre il fuoco nella pista d’atterraggio, è una carneficina. Tutti e nove gli ostaggi rimasti, oltre a cinque sequestratori e un poliziotto, vengono uccisi. Tre terroristi vengono prima arrestati, poi scambiati in seguito a un altro attentato organizzato dallo stesso governo tedesco per liberarsi di loro e, infine, uccisi dal Mossad. L’Olimpiade, nonostante tutto, va avanti, limitandosi a una cerimonia di commemorazione allo Stadio Olimpico. Quando si dice “the show must go on”.
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