Olimpiadi: da Yashin a Neymar, 10 calciatori che hanno fatto la storia dei Giochi

Marco Castro

Aggiornato 26/03/2020 alle 09:57 GMT+1

La lunga storia del calcio ai Giochi olimpici è costellata di successi, cadute, sorprese e delusioni. E, ovviamente, di calciatori dalle gesta memorabili. Abbiamo provato a stilare una breve lista di alcuni protagonisti che resteranno legati a doppio filo al football a cinque cerchi. Alcuni molto noti al grande pubblico, altri un po' di meno.

Neymar, Rio Olympics 2016

Credit Foto Getty Images

La storia del calcio ai Giochi olimpici moderni è lunga, intensa e frastagliata. Sono stati tanti i cambi di regolamento, così come le squadre capaci di fregiarsi di un oro olimpico e i giocatori che hanno vissuto i loro giorni più gloriosi proprio in questo contesto. Abbiamo provato a stilare una breve lista di alcuni protagonisti che resteranno legati a doppio filo al football a cinque cerchi. Alcuni molto noti al grande pubblico, altri un po' meno.

Carlos Tevez

Non che l'Apache necessiti di questo torneo per essere considerato tra i grandi del calcio contemporaneo, ma quello che lui e la Seleccion di Bielsa realizzarono in quella calda estate greca divenne una pietra miliare del pallone argentino. Tevez e compagni non vinsero quel torneo, lo dominarono. A partire dal girone: 9 gol complessivi e 0 subiti con Serbia, Australia e Tunisia. Poi, Costa Rica spazzata via ai quarti (4-0) e tanti saluti anche all'Italia di Pirlo, Gilardino e De Rossi in semifinale (3-0). All'ultimo atto, contro il Paraguay, l'ex Juve segnò quasi subito con abile opportunismo. L'espulsione di Martinez spianò la strada all'Argentina che si infilò al collo l'oro olimpico e mise in bacheca l'unico trofeo che ancora le mancava. Tevez fu il mattatore di quel torneo: capocannoniere con 8 reti, compresa la tripletta ai quarti.
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Tevez impegnato nel torneo olimpico

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Lev Yashin

Fu a Melbourne 1956 che uno dei più grandi portieri di sempre si guadagnò il celebre soprannome di Ragno Nero. Lui, sempre di scuro vestito e capace di riflessi bestiali per quanto era agile, fu decisivo per la vittoria del torneo olimpico da parte dell'URSS. Subì due gol: uno, ininfluente, nella goleada contro la Squadra Tedesca Unificata, l'altro nella sofferta semifinale contro la Bulgaria. Nella finalissima contro la schiacciasassi Jugoslavia, Yashin eresse un muro invalicabile che pose le basi per il trionfo sovietico, maturato grazie al gol di Ilyin. Fu il torneo che lo consacrò agli occhi del mondo, estendendo la sua popolarità al di fuori dei confini nazionali.
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Lev Yashin in tuffo

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Nwankwo Kanu

Atlanta 1996 fu il torneo dell'introduzione dei fuoriquota e del debutto delle donne, ma passò alla storia soprattutto per un altro motivo. Kanu e la sua Nigeria divennero infatti la prima Nazionale africana a conquistare quest'oro alle Olimpiadi. La storia delle Super Aquile si intrecciò per due volte con quella del Brasile: ai gironi vinsero i verdeoro, ma la Nigeria agguantò comunque il secondo posto. Le due squadre si incontrarono di nuovo in semifinale in un match che assunse tinte epiche. Il Brasile chiuse il primo tempo sul 3-1 e sembrò avere un piede in finale, prima di crollare fragorosamente. Ipkeba siglò il 3-2, poi Kanu si prese le copertine. Pareggio al 90' con un gioco di prestigio sottoporta e poi arrivò il mancino dal limite, a inizio supplementari, per il definitivo 4-3 nigeriano. In finale la Nigeria coronò il sogno superando in rimonta l'Argentina e riscrisse la storia, trascinata a da quel ventenne funanbolo di quasi due metri che era capitan Kanu.
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Kanu marcato da Roberto Carlos

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Neymar

Che il Brasile Pentacampione del Mondo non avesse mai vinto l'oro fino all'edizione casalinga delle Olimpiadi faceva davvero uno strano effetto. A Rio 2016, davanti alla propria gente, ci pensò Neymar a guidare i suoi a un successo quasi obbligato. Dopo un girone non esaltante, il giocatore del PSG inserì le marce alte nella fase a eliminazione diretta. Rete alla Colombia ai quarti, doppietta nella goleada all'Honduras in semifinale, poi la resa dei conti con la Germania. Neymar disegnò su punizione l'arcobaleno dell'1-0 ma i tedeschi pareggiarono con Meyer nella ripresa. E allora furono rigori. E dopo l'errore di Petersen, Neymar si ritrovo sul piede il match point. Rincorsa lunghissima e ragionata per un'esecuzione impeccabile: portiere da una parte, palla d'altra, Brasile campione. Il modo migliore per dimenticare la finale persa a Londra 2012, quando Neymar e soci si arresero al Brasile di Peralta.

Ferenc Bene

Sapete qual è la Nazionale al primo posto nel medagliere del calcio alle Olimpiadi? Non c'è inganno, si tratta proprio dell'Ungheria. Nel Dopoguerra, i magiari si imposero per ben tre volte, sia per merito di talenti assoluti come Ferenc Puskas e Sandor Kocsis, sia perchè i Paesi occidentali non schieravano gli uomini migliori. Tra gli altri si distinse Ferenc Bene, che detiene tutt'ora il record di marcature in una singola edizione: 12, a Tokyo 1964. Il numero 13 ungherese ne mise addirittura 6 all'esordio contro il Marocco, andò a segno nel flipper contro la Jugoslavia (6-5), calò il poker in semifinale contro la Repubblica Araba Unita e siglò il decisivo punto del 2-0 nella finalissima contro la Cecoslovacchia.
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Ferenc Bene

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Patrick Mboma

Se la Nigeria aprì le danze nel 1996, ad Atene 2000 il Camerun registrò un altro storico traguardo, vincendo il primo torneo olimpico del nuovo millennio. In quella versione dei Leoni indomabili c'era anche Samuel Eto'o ma il volto del successo fu quello di Patrick Mboma. L'attaccante, che in quel periodo stava lasciando il Cagliari per approdare al Parma, fu decisivo fin dalle prime battute, andando a segno nel girone sia contro il Kuwait (3-2) che contro gli Stati Uniti (1-1). Ai quarti il Camerun sorprese il Brasile (1-2 dts) e fu lui a sbloccare il match. In semifinale contro il Cile fu l'uomo del pareggio che fece da preludio alla rimonta firmata Lauren. E all'ultimo atto, contro la favorita Spagna, fu glaciale nei rigori che assegnarono l'oro.
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Mboma in contrasto con Angulo

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Annibale Frossi

C'è anche un po' d'Italia in questa lista e per parlare del protagonista dobbiamo tornare all'Olimpiade di Berlino 1936, quando a vincere il torneo furono proprio gli azzurri. Il miope e colto Frossi, costretto a giocare con gli occhialini fin da inizio carriera, fu l'mvp della Nazionale guidata da Antonio Pozzo. Il buon Annibale fu mattatore già nel match d'esordio, segnando l'unica rete della sfida agli ottavi con gli Stati Uniti. Ai quarti l'Italia dilagò col Giappone e lui timbrò una tripletta. In semifinale spense i sogni della Norvegia con il gol decisivo ai supplementari e in finale fece anche meglio: d'opportunismo e al termine di un'azione corale, firmò la doppietta che respinse l'Austria e regalò all'Italia il primo e finora unico oro nel calcio a cinque cerchi. Il tutto davanti a 90.000 spettatori che tifavano contro gli azzurri, Di lì a poco passerà all'Inter e avrà un roseo futuro da allenatore, tanto da meritarsi il soprannome di "dottor Sottile", per le sue geniali intuizioni.
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Annibale Frossi

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Lionel Messi

Quattro finali perse con la sua Argentina sono un tormento che affiorerà spesso nella mente di Lionel Messi. Ma, Mondiale Under 20 a parte, c'è una competizione per nazionali che la Pulce ha portato a casa ed è il il torneo olimpico di Pechino 2008. In una Seleccion che poteva contare anche sul talento di Di Maria, Lavezzi e Aguero, il 21enne Messi fu l'uomo in grado di scardinare ogni difesa, lo spauracchio più temuto dell'intero torneo. Messi segnò nelle sofferte vittorie per 2-1 contro Costa d'Avorio (girone) e Paesi Bassi (quarti), dove fornì anche l'assist a Di Maria per il gol qualificazione. In semifinale con il Brasile di Ronaldinho mise lo zampino in due dei tre gol argentini e in finale regalò il pallone per il gol dell'oro ancora a Di Maria. In generale Messi si dimostrò incontenibile per ogni squadra avversaria, tra dribbling, accelerazioni, giocate nello stretto e finte d'autore.
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Messi parla con Ronaldinho dopo la semifinale

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Milan Galic

Fra le grandi squadre dell'Est in grado di recitare un ruolo da protagonista nel secondo dopoguerra non poteva mancare la Jugoslavia. Tra il 1948 e il 1956, la squadra perse tre finali di fila, rispettivamente contro Svezia, Ungheria e Unione Sovietica. Ma a Roma 1960 trovò finalmente la gloria. E una buona fetta del merito si deve a Milan Galic, riccioluto attaccante del Partizan, che nei Giochi italiani fu leader della sua Nazionale. Andò a segno in tutti gli incontri, compresa una tripletta alla Bulgaria e la semifinale contro l'Italia. Nella sfida per l'oro sbloccò la gara dopo appena un minuto, mettendo a tacere le velleità della Danimarca. Sette in tutto le reti nel torneo di colui che è il secondo marcatore di sempre (37 gol) della sua Nazionale.
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La squadra yugoslava negli anni '60. Galic è il terzo della fila in basso

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Josep Guardiola

Vero, la Spagna giocò a Valencia tutte le partite tranne la finale, ma quella fu a tutti gli effetti l'Olimpiade di casa per l'attuale allenatore del Manchester City. Nell'estate del 1992, Guardiola aveva appena vinto Coppa dei Campioni e campionato con il Barcellona. Ai Giochi, all'età di 21 anni, fu il cuore pulsante di quella squadra di ragazzini promettenti che conquistò l'oro vincendo tutte le partite e subendo solo due gol, entrambi in finale contro la Polonia. Muscoli e polmoni di quel centrocampo, in un reparto che poteva contare anche su Luis Enrique, Guardiola si tolse anche lo sfizio del gol: arrivò dopo soli 10 minuti dall'inizio della sfida inaugurale contro la Colombia e diede avvio alla goleada iberica.
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