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Mancano 10 giorni a Rio 2016: tutti i dubbi di un caso doping più intricato che mai

Ilaria Bottura

Aggiornato 26/07/2016 alle 09:48 GMT+2

La "non presa di posizione" del CIO nei confronti della Russia, come in qualsiasi caso delicato, ha i suoi pro e i suoi contro, così come la scelta di estromettere dalla competizione solo gli atleti ex dopati russi, senza applicare la stessa restrizione ad altri nomi ben più grossi

Isinbaeva

Credit Foto AFP

Mancano 10 giorni alla cerimondia d'apertura della XXXI edizione dei Giochi Olimpici Estivi: il 5 di agosto, alle 23 italiane, i colori e la musica del brasile invaderanno le nostre case attraverso i televisori per inaugurare quelli che saranno 17 giorni di festa dello sport. Purtroppo, però, c'è ancora un'ombra pesantissima che aleggia sulla manifestazione, ed è quella del doping legato alla Russia.

La scelta del CIO di non scegliere: pro e contro

Appurato che in qualche modo esisteva in Russia un sistema di doping di stato, il blocco totale degli atleti per decidere quale dovesse essere il loro destino è stata una scelta giusta. Per quanto castrante, è stata la decisione che ha portato a valutazioni attente sul da farsi. E queste valutazioni hanno portato il CIO a decidere di... Non scegliere. Una sentenza alla Ponzio Pilato in cui sostanzialmente il Comitato Olimpico Internazionale se ne lava le mani, rimettendo la decisione alle singole federazioni. Da un lato può essere la scelta giusta, perché bloccare tutti gli atleti per dare un segnale forte poteva essere eccessivamente severo, soprattutto se si considera che almeno per la legge dei grandi numeri qualcuno "pulito" tra gli atleti russi deve esserci per forza e che quindi - seppur pochi - questi superstiti onesti pagherebbero colpe non proprie; dall'altro lato, però, la via intrapresa introduce una variabile pericolosa, che è quella dell'eccessiva discrezionalità della decisione. In parole povere, se avesse scelto il CIO per tutti, sarebbe stata la decisione di un solo organo competente e quindi poco discutibile; così facendo, invece, ogni federazione può scegliere che cosa fare e quindi, per il momento, stiamo assistendo al reintegro in massa di numerosi gruppi (tennis, tuffi, nuoto sincronizzato, tiro con l'arco...).

L'atletica sta pagando per tutti

In questo momento, chi ne sta facendo le spese è l'atletica: gli atleti russi restano esclusi dai Giochi dopo aver perso anche il ricorso d'urgenza al TAS di Losanna. Da un certo punto di vista è comprensibile: lo scandalo è partito esattamente da lì e quindi la misura cautelare sembra ragionevole. Tuttavia, come per il discorso più generale, anche nello specifico dell'atletica generalizzare è come sparare nel mucchio e sicuramente pagherà qualcuno che non ha colpe. Uno su tutti è l'esempio di Yelena Isinbaeva, mai trovata positiva a un controllo antidoping e di rientro alle gare dopo un periodo sabbatico in cui ha affrontato una gravidanza: al momento nessuno sembra meno colpevole di lei, la zarina del salto con l'asta che tante emozioni ha regalato al pubblico, personaggio tanto noto quanto apprezzato nel mondo e ora escluso perché la IAAF ha fatto di ogni erba un fascio, come si suol dire. Se Yelena, dopo tanta fatica e altrettanti sacrifici, è furiosa bisogna soltanto capirla.

Il clamoroso precedente dell'esclusione degli ex dopati russi negli altri sport

In questo quadro inquietante, però, il CIO una decisione l'ha presa: escludere gli atleti russi già coinvolti in casi di doping. Il nome più grosso è ovviamente quello della nuotatrice Yulia Efimova, ma il caso più eclatante torna di nuovo all'atletica ed è quello di Yuliya Stepanova: fu lei a scoperchiare il vaso di Pandora del doping russo e denunciare tutte le pratiche illecite: la IAAF stessa l'ha riammessa alle gare di recente per il suo contributo nella lotta al doping, ma è il CIO stesso che le impedisce di partecipare a Rio: non può gareggiare sotto la bandiera neutrale e in ogni caso, come atleta russa ex dopata, rientra nel gruppo di "tagliati" di cui fa parte anche Efimova. Il paradosso, però, è che così si crea un clamoroso precedente: una restrizione così mirata non può non far pensare, invece, a quanti altri "furbini" vedremo in giro per gli impianti olimpici, gente squalificata per doping e poi, una volta scontata la pena, reintegrata regolarmente. Se questa regola si fosse dovuta applicare per tutti, Usain Bolt potrebbe tranquillamente corrersi il 100 m da solo, visto che non potrebbe confrontarsi, per esempio, con Asafa Powell, Justin Gatlin e Tyson Gay. Sicuramente tutta questa vicenda farà ancora riflettere e discutere; la speranza è quella che non rovini troppo l'atmosfera di Giochi che, anche per altri motivi, non stanno di certo partendo sotto una buona stella.
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