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Montali a 360° (1)

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Pubblicato 05/02/2003 alle 13:10 GMT+1

[05/02/03] - Prima delle quattro puntate dell'intervista al neo ct della Nazionale maschile di pallavolo, Giampaolo Montali, che guiderà gli azzurri per i prossimi tre anni.

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[05/02/03] - Prima delle quattro puntate dell'intervista al neo ct della Nazionale maschile di pallavolo, Giampaolo Montali, che guiderà gli azzurri per i prossimi tre anni.
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Da una decina di giorni, Giampaolo Montali è stato nominato ufficialmente commissario tecnico della nazionale italiana di pallavolo. Sino alla fine del campionato di serie A1, manterrà anche l'incarico di allenatore dell'Asystel Milano. Resterà sulla panchina azzurra fino al 2006, anno dei prossimi mondiali. La sua esperienza in Nazionale, prima ancora di cominciare, è marchiata inevitabilmente da Atene 2004: l'Olimpiade, l'unico traguardo inarrivabile per l'Italvolley che, dall'Europeo di Stoccolma '89, ha vinto tutto il resto, dappertutto, contro tutti.
Montali ha già presentato la lista dei 22 che formeranno la “rosa” per la prossima World League e lunedì prossimo , nella sede federale di Roma, terrà la prima ed unica conferenza stampa da c.t. sino alla fine della stagione per club. Prima di quell’appuntamento, eurosport.com/it vi presenta, in quattro puntate da oggi a sabato, Giampaolo Montali: una breve biografia che comprende riflessioni personali sul volley e sullo sport, passi raccolti dalle sue conferenze in giro per l'Italia sul metodo del coaching, , progetti dell'uomo e dell'allenatore che tutti, dal k.o. mondiale nei quarti con il Brasile, hanno subito individuato come unica via di rilancio della nostra nazionale. L’uomo più vincente della pallavolo italiana, l'uomo che non teme di dire a nessuno: “Io sono l’icona dell'ambizione”.
La storia di Giampaolo Montali inizia in uno studio dentistico. Anzi, avrebbe dovuto. “Avrei voluto fare il dentista, da giovane. A vent’anni, la mia famiglia mi aveva già preparato lo studio”. Ma quello sarebbe stato un ambiente troppo comodo. Sarebbe stato troppo facile, tutto pianificato, a portata di mano. Così Giampaolo Montali da Traversetolo, Parma, decide: macchè dentista, voglio fare l'allenatore di pallavolo. L'allenatore, senza quasi passare dal campo, perchè “giocavo in serie B, facevo il palleggiatore di riserva e così ho anticipato i tempi”. Da allora ad oggi, dice, “lavoro esclusivamente per un obiettivo: vincere”. E vince, alle porte di casa, nella prospera Treviso, all'ombra del Partenone, a quella del Colosseo. Vince a Parma, a 26 anni, il primo scudetto da allenatore. Poi un mondiale per club, due coppe Italia... Vince, da allora ad oggi, unico allenatore ad ottenere un tale risultato, quattro scudetti in quattro diverse città: Parma, Treviso, Atene, Roma. Vince e dice che “allenare è istruire, preparare, addestrare”. Gira l'Italia, va in Grecia “a fare il manager all'inglese all'Olympiakos Pireo, dove mi chiesero di organizzare la loro struttura societaria partendo dai giovani. Lavoravo in panchina e dietro la scrivania”.
Montali viene, vede, vince e se ne va. Poi però rivela: “Il mio sogno era rimanere per una vita nella stessa società. A Treviso sono rimasto sei anni perchè il gruppo Benetton, al di là delle vittorie, ha saputo darmi le motivazioni giuste. Ma ho bisogno di nuovi stimoli, continuamente. Lavorare in un gruppo è frustrante, non semplice. Bisogna mettere da parte il talento individuale per il bene della squadra. I giocatori si ritrovano un capo che non hanno scelto loro, ognuno ha esigenze diverse, la forza sta nel dare loro ruoli precisi. I giocatori sono gratificati dall'essere capiti come persone”.
Alla base delle vittorie, sopra ogni altra cosa, c’è la motivazione. Sin da quando allena le giovanili, la considera fondamentale per costruire i successi. Affigge nello spogliatoio fotocopie di articoli irriverenti verso la sua squadra, tappezza l'armadietto di ogni giocatore, vuole fargli capire che sul campo bisogna sempre rispondere a chi ti manca di rispetto. Come quella volta in cui la squadra giovanile di Falconara si presenta alla finale di campionato senza aver perso un solo set. Sembra imbattibile, inaffrontabile. E' sponsorizzata da un'azienda del settore alimentare. “La settimana della finale - racconta - mi fanno un assist incredibile. Per celebrare la vittoria in semifinale, il loro sponsor acquista degli spazi sui giornali, mette la foto della squadra e titola: li abbiamo preparati, cucinati e mangiati. Mi sembra una mancanza di rispetto verso gli avversari e voglio trasmettere questo messaggio ai miei giocatori. E loro lo raccolgono. Andiamo in campo e vinciamo. In tre set, 15-5, 15-4, 15-0”.
Dopo le vittorie di Parma, con i giovanissimi Zorzi e Giani, un breve passaggio a Schio. Poi Treviso chiama e Montali risponde. “Sono giovane, ma ho già vinto tanto. La società fa capo al gruppo Benetton, trovo un’organizzazione perfetta. Arrivo gonfiando il petto, mi sento molto forte. Capisco invece quanto abbia ancora da imparare: cominciano a farmi girare nei loro uffici, mi fanno seguire corsi di marketing, formazione, comunicazione”. In quegli anni, dal ‘90 al ‘96, si rafforzano in Montali i punti cardinali del suo essere allenatore. Si consolida la figura dell'allenatore che dice di se stesso: “Sono duro, coerente, il mio compito è trovare il modo di far diventare utile il punto debole di un giocatore per la squadra: qualcuno farà bene quello che l'altro non sa fare”. Si forma la convinzione che le società e le squadre vadano gestite come aziende. Da qui alcune affermazioni forti, che motivano il legame sport-economia: “Il coach lavora per migliorare il giocatore e per fargli avere efficacia sul mercato. Il giocatore deve sapere che, se anche non vede il suo futuro in quella stessa squadra, il suo valore personale e quello del collettivo viaggiano sullo stesso piano”.
Montali si sposta da Parma a Treviso ma si sente, dentro, un viaggiatore ben lontano dalla meta. E non è detto che la meta sia l’obiettivo principale. Anzi. “Mi è sempre piaciuto cambiare. Io so che, comunque sia, il mio obiettivo lo raggiungerò. Ciò che rende la vittoria nobile è poterla condividere con gli altri. Più della vittoria, sono importanti il viaggio e i viaggiatori”. Il viaggio non è mai facile: anche le avventure più esaltanti nascondono insidie, impongono momenti di riflessione, scelte. A Treviso, Montali vince e se ne va. Lo farà anche a Roma ed Atene. In Veneto lascia dopo sei stagioni, nel '96, dopo un'annata in cui, ammette, “in quella squadra ci furono anche difficoltà di relazione”. Nonostante tutto, la Sisley vince lo scudetto e valorizza un altro cardine della filosofia montaliana: “Conta solo quello che facciamo sul campo. Ho visto squadre vincere giocando contro la società, contro l'allenatore, il presidente. E ho visto squadre vincere giocando contro la stampa, come l'Italia di Bearzot nell'82. Ma non ho mai visto vincere quando i giocatori sono contro fra loro, in campo. Applicare delle regole significa imporre il proprio stile. Guardate Sacchi, Capello, Trapattoni: ognuno, a suo modo, applica delle regole e con quelle identifica il proprio stile. E le regole devono essere uguali per tutti. Sempre”.
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