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Pallavolo - Alessandro Michieletto è il nuovo fenomeno del volley azzurro: raccolto il testimone da Juantorena

Marco Arcari

Aggiornato 04/10/2021 alle 19:14 GMT+2

PALLAVOLO - Una delle sorprese più belle dell'incredibile estate italiana. Da Tokyo 2020, passando per gli Europei, per arrivare al Mondiale U21, Alessandro Michieletto ha dominato la scena pallavolistica, facendo innamorare nuovamente una Nazione intera. A soli 19 anni, il futuro è talmente brillante da accecare chi ne ammira i colpi d'attacco o lo spaziale piano di rimbalzo.

Alessandro Michieletto

Credit Foto Eurosport

Nella mitologia greca, Efesto era sostanzialmente la divinità protettrice degli artigiani, venerata in qualsiasi città della Grecia antica. Dio del fuoco, delle fucine e della metallurgia, Omero lo descrisse come figura poco piacevole, dotata però di incredibile forza nei muscoli delle braccia e delle spalle. Il martello – si dice diviso in due parti per volere di Zeus affinché le armi create dallo stesso Efesto e donate ad Ares non potessero avere potenza eguale rispetto a quelle del capo di tutti gli Dei – è ancora oggi simbolo di una delle divinità più controverse nella mitologia antica. Per molti, questo potrebbe sembrare un incipit assurdo, forse sconclusionato. La realtà è che Alessandro Michieletto ha talmente impressionato, per altezza e potenza dei colpi, piano di rimbalzo nel bagher, completezza a 360°, che le sue braccia hanno rappresentato, alternativamente, il martello e l’incudine. A Tokyo 2020, il diciannovenne di Desenzano del Garda ci ha stupiti. Agli Europei 2021 ci ha totalmente ammaliati. Nel weekend appena trascorso, con l’oro al Mondiale U21 – unico alloro che mancava all’Italia maschile, tra senior e under, sfuggito per ben 4 volte a cominciare dalla finale di Milano del 1985 – ha abbacinato la vista di chiunque l’abbia voluto ammirare. Il futuro del volley italiano, ma non solo, sembra voler stare nelle sue mani.

Un predestinato

Per disputare tre diversi tornei, a livello di rendimento così alti, un atleta deve avere qualcosa di speciale dentro di sé. Le stimmate del predestinato – ma anche del figlio d’arte, dal momento che suo padre, Riccardo, è stato un perno della Maxicono Parma a cavallo tra anni ’80 e ’90 – erano evidenti fin dal primo bagher ai Giochi, per quanti non l’avessero mai visto prima in azione. La pallavolo la fa da padrona nella famiglia Michieletto, considerando che, di quattro fratelli, solamente il piccolo Andrea deve ancora decidere se dedicarsi al volley o scegliere la via di un altro rettangolo di gioco, quello verde. Francesca, classe 1997, gioca banda come Ricky e Alessandro, mentre Annalisa, opposto del 2000, si districa bene in Serie A2, sempre a Trento. È chiaro che nascere in un ambiente dove la pallavolo varca, sempre e comunque, anche la soglia di casa, possa aiutare. Così come una spinta importante possa derivare dalla genetica. Nel settembre 2020, Salvatore Rossini – libero dell’Itas, tornato quest’anno a Modena – ha postato un collage su Instagram in cui scherzava sulla crescita spaventosa di Michieletto: “mica saranno solo mele?!?!”, la simpatica caption, scelta dal libero.
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L'abbraccio fra Michieletto e Giannelli, Italia, Europei Pallavolo, Getty Images

Credit Foto Getty Images

Passaggio del testimone

A fine Olimpiade, Osmany Juantorena ha deciso di lasciare la Nazionale. Per un attimo, il muscolo cardiaco di ogni appassionato ha forse saltato un battito, in un’aritmia tutta pallavolistica da classico “tuffo al cuore”. La sensazione di perdere un simbolo di una generazione sempre ai massimi livelli mondiali, ha lasciato un senso di spaesamento incredibile, almeno finché non ci si è ricordati di Alessandro. Con Simone Giannelli frenato da un infortunio muscolare e Ivan Zaytsev enormemente limitato da molteplici problemi – che avrebbero poi necessitato il ricorso alla chirurgia – l’Italia di Chicco Blengini si era affidata alla classe cristallina di Juantorena e, soprattutto, ai colpi devastanti di Michieletto. Il passaggio di consegne era ormai avvenuto, forse senza che ce ne accorgessimo e rendessimo conto. Una consegna del testimone suggellata da un altro post su Instagram, in cui uno dei più poliedrici pallavolisti azzurri dell’ultimo ventennio riconosceva nel diciannovenne, tutto braccio e zero timori reverenziali, il suo erede designato. La storia ci dirà se – e in che modo – Michieletto saprà ripercorrere le orme del suo predecessore, in un ruolo in cui il ricambio generazionale azzurro sembra aver prodotto numerosi e succosissimi frutti.
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Alessandro Michieletto

Credit Foto Getty Images

Generazione pallavolistica Z

Per chi è cresciuto coi “chiodi” di Leo Marshall o di Ivan Miljković, vedere Michieletto volare a 3.45 metri d’altezza per andare a mettere giù palloni su palloni è pura e semplice poesia pallavolistica. Nel corso della carriera le vette in altezza scenderanno e serviranno tutti gli insegnamenti di Juantorena per risultare comunque imprescindibile. Ora come ora, però, lo strapotere tecnico e atletico del numero 18 azzurro non ha avuto eguali in Europa e nel Mondo, per lo meno a livello giovanile. 18 punti anche nella finale di Cagliari, vinta 3-0 sulla Russia, e il titolo di MVP della manifestazione. Se non fosse che Giannelli è un autentico “scherzo della natura” nel ruolo di palleggiatore, questo sarebbe stato il secondo MVP consecutivo per Alessandro. Agli Europei ha scherzato qualsiasi ricezione dai 9 metri; bombardato con palla alta e staccata; tenuto quasi sempre bene con un bagher che, tra tutti i suoi colpi, è quello che rimane maggiormente impresso nelle mente di chi lo guarda. Ci saremmo accontentati anche di un nuovo artista del mani-fuori, dopo Matej Cernic – quest’ultimo tornato a giocare a 42 anni suonati, in Serie C – ma qui siamo di fronte a qualcosa di diverso. In una pallavolo in cui l’altezza è, da anni, requisito fondamentale, poter contare in banda su un 2.08 con queste qualità è quasi sempre garanzia di risultato. Rimane uno sport di squadra, per carità, ma nella pallavolo il singolo conta ancora tanto: citofonare Paola Egonu o Tijana Boskovic, per conferma. Fefè De Giorgi lo sa bene e ha tutte le intenzioni di responsabilizzare sempre più Michieletto, nel solco di quel ricambio generazionale che porterà la Nazionale a ritornare stabilmente tra le migliori 4/5 squadre del mondo. Con buona pace di chi, per un’Olimpiade conclusa anzitempo – dopo cinque medaglie nelle precedenti sei edizioni (a Pechino 2008 fu 4° posto, che delusione eh) – aveva già recitato il de profundis di un movimento in continua crescita e, in Italia, forse senza eguali.
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