Refugees' Voice - Cindy Ngamba, il pugilato e un sogno chiamato Olimpiadi: "La felicità è una scelta ed è gratis"

La protagonista del 1° episodio di Refugees' Voice - serie di storie incentrate su atleti che sperano di entrare a far parte della squadra olimpica dei rifugiati del CIO per le Olimpiadi di Parigi 2024 – è Cindy Ngamba, che ha lasciato il Camerun a 11 anni per trovare una vita migliore nel Regno Unito attraverso la boxe. In Polonia agli Europei proverà ad inseguire il proprio sogno a 5 cerchi.

Refugees' Voice - Cindy Ngamba: "La felicità è una scelta ed è gratis"

Credit Foto Eurosport

Cindy Ngamba ha lasciato il Camerun all'età di 11 anni per trovare una vita migliore nel Regno Unito, ma essa non è arrivata senza sfide. Cindy ho dovuto ricostruirsi una nuova vita lontana da sua madre, mentre imparava una nuova lingua e veniva bullizzata a scuola. È stata anche vicinissima ad essere deportata dopo essere stata trasferita in un campo di detenzione. La sessualità di Cindy non le permette di essere sicuro per lei tornare in Camerun, uno dei 64 paesi riconosciuti dalle Nazioni Unite dove è considerato illegale essere gay e dove tanti membri della comunità LGBTQ+ rischiano la reclusione o violenze.
Ma nonostante gli ostacoli che ha dovuto affrontare, grazie alla sua personalità indomabile e alla sua passione per lo sport Cindy si è innamorata della boxe iniziando a praticarla in un club giovanile.Tre titoli nazionali e una medaglia d'oro internazionale dopo, è pronta a competere agli Europei di boxe in Polonia questa settimana per provare a centrare la qualificazione a Parigi 2024.
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Refugees' Voice - Cindy Ngamba: "La felicità è una scelta ed è gratis"

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Quando sono nata, sono uscita prima con i piedi: una cosa che non credo accada molto spesso. Lo dico perché da quel giorno mia madre mi ha sempre chiamata testarda e penso che mi sia rimasto impresso. Quando affronto qualcosa di difficile o qualcosa che le persone mi dicono che non posso ottenere, faccio tutto il necessario per dimostrare che invece posso riuscirci.
Ho trascorso la mia infanzia in Camerun, dove ho vissuto con mia madre e mio fratello Kennet. Ero una bambina felice, piena di vita e con molta energia. Mi piaceva uscire con i ragazzi e mia madre voleva che restassi a casa come le altre ragazze, ma io ero un “maschiaccio” e non volevo restare a casa ad aiutarla con le pulizie. Alla fine a lei andava bene così: voleva solo che fossimo felici.
Lasciammo il Camerun quando io avevo 11 anni e mio fratello Kennet 12. Abbiamo preso il nostro primo aereo e siamo arrivati ​​nel Regno Unito. Mio padre era già a Bolton con nove dei miei fratellastri, quindi abbiamo vissuto con loro e Bolton è ancora oggi la mia casa. È lì che ho imparato l'inglese, sono andata a scuola, al college e all'università e ho iniziato a fare boxe. Tutta la mia vita nel Regno Unito è stata a Bolton e anche se non sono nata lì, adoro quel posto. È tranquillo, economico e ci sono molte persone gentili.
All'inizio la vita era spaventosa, soprattutto a causa della barriera linguistica. Kennet e io non parlavamo una parola d’inglese, quindi prima che potessimo andare a scuola, abbiamo trascorso due anni in una scuola di lingue. Mio padre non ci permetteva di parlare francese in casa, era severo su questo aspetto.Stare con Kennet però ha reso le cose più semplici. È sempre stato il mio migliore amico ed è colui che mi conosce meglio. Lo chiamo King Kong perché per me è un vero e proprio re!
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Lo screensaver del telefono di Cindy Ngamba, l'immagine sorridente del fratello Kenneth

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Ho iniziato la scuola all'ottavo anno, ma il mio inglese non era ancora molto fluente e sono stata vittima di bullismo. Ero una bambina triste che cercava solo di prendere ogni giorno come veniva, ma era dura. Soprattutto perché ero senza mia madre e anche mio fratello stava provando ad ambientarsi in questa nuova situazione. Mi ritrovavo a chiedermi perché Dio mi avesse fatto questo. Mi domandavo perché avessi tutte queste persone intorno che facevano le prepotenti con me a causa del modo in cui parlavo.
Senza mia madre, non conoscevo cose come il deodorante, quindi i bambini mi prendevano in giro per il cattivo odore. Avevo però due insegnanti di educazione fisica, la signora Park e la signora Schofield, che erano come le figure materne per me e mi compravano lo spray deodorante. È stato in parte anche per loro se l'educazione fisica era la mia materia preferita. Sono sempre stata portata per lo sport, ma loro mi hanno motivato a fare bene. Sono diventata così una leader e ho praticato tutti gli sport che ho potuto come netball, rounders, cricket e calcio.
Avevo 15 anni quando mio ​​fratello mi consegnò un volantino di un club giovanile locale. Iniziai ad andarci per giocare a calcio femminile dopo la scuola. Un giorno però, dopo l'allenamento, vidi un gruppo di ragazzi tutti sudati che uscivano da una stanza. Andai quindi a dare un'occhiata, aprii la porta e trovai questa palestra di boxe. Era piena di ragazzi che facevano pugilato, tutto quello che riuscivo a sentire era 'BOOM, BOOM!' e poi puzzava di sudore. Ho adorato tutto questo fin da subito! Iniziai subito a sorridere. Chiesi allora a uno degli allenatori a che ora iniziavano le sessioni, poi sono andata a casa quella sera e sono tornata il giorno dopo pronta per l'inizio della prima lezione.
Quella volta, tutti mi guardarono quando entrai perché non avevano mai visto una ragazza alle loro lezioni. Anche gli allenatori rimasero sorpresi. Non avevo mai usato una corda per saltare, ma per la prima mezz'ora di lezione dovevamo tutti saltare per tre minuti, poi fare dieci flessioni, dieci addominali e dieci squat. A ripetizione, più e più volte. Stavo morendo, quel riscaldamento fu un inferno.
Trascorsi i trenta minuti, uno degli allenatori, Dave, ha detto a tutti di mettersi i guantoni da boxe. Tutti, tranne me. A me disse di continuare a saltare. Quindi finii per saltare per tutti i 90 minuti di lezione prima che arrivasse il momento di andarmene. Tornai il giorno dopo e mi fece saltare di nuovo: probabilmente pensava che non sarei mai più tornata. Teniamo presente che all'epoca pesavo 110 kg. Ero una ragazza piuttosto grande quando ho iniziato ma persi un'enorme quantità di peso. Continuai a tornare lì ogni giorno per un anno intero, fino a quando non scesi a 90 kg. Allora mi fu detto che era giunta l’ora di indossare i guantoni.
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Cindy insieme all'allenatore Dave Langhorn

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Iniziammo allora dando i colpi al sacco, passando poi al lavoro di gambe. Quando scesi a 86 kg, lavorammo molto sulla tecnica, poi iniziai a fare sparring con i ragazzi. Salire sul ring fu molto diverso da prendere a pugni un sacco. Ricordo che la prima volta che fui colpita, andai in bagno e piansi. Ma ero determinata, così andai a casa e tornai il giorno dopo e quello dopo ancora.
Ero un po' sola quando mi iscrissi per la prima volta al club giovanile, ma grazie agli altri ragazzi presto sentii quel posto come la mia seconda casa, quindi non ho mai pensato di essere l'unica ragazza lì. Per progredire però, sapevamo che avrei dovuto confrontarmi con altre ragazze. Non c'erano però molte pugili donne nei dintorni, quindi a volte dovevo viaggiare anche per quasi due ore.
Dopo alcuni incontri regionali con la England Boxing, nel 2019 partecipai al mio primo campionato nazionale e vinsi nella categoria dei pesi mediomassimi (81 kg). Venni invitata a una selezione di due settimane con la GB Boxing e passai, ma per far parte del programma GB, bisogna essere in possesso di un passaporto britannico che non avevo. Significava che non potevo competere a livello internazionale. La notizia mi devastò, ero nuovamente sola e depressa. Ho continuato però a combattere in Inghilterra e nel 2022 ho vinto altri due campionati nel giro di pochi mesi: prima i 75 kg e poi i 70kg.
È stata Amanda Coulson, England Boxing Lead National Coach, ad aiutarmi a scoprire la squadra olimpica dei rifugiati del CIO. Loro mi hanno dato l'opportunità di gareggiare all'estero per inseguire il mio sogno di qualificarmi per le Olimpiadi. Il Refugee Team lavora con la GB Boxing, quindi posso allenarmi con i pugili e gli allenatori al centro di Sheffield. Mi fanno sentire come se fossi in una famiglia e non potrei essere più grata a tutti coloro che hanno reso questo possibile.
Mi è stato riconosciuto lo status di rifugiata due anni fa. È illegale essere gay nel mio paese, quindi se fossi stata rimandata indietro, avrei potuto essere imprigionata.
Ho rischiato di essere rimandata indietro nel 2019 quando sono stata portata in un campo di detenzione. È stata una delle esperienze più spaventose della mia vita. Quando ci siamo trasferiti nel Regno Unito, Kennet e ci siamo recati all'ufficio immigrazione di Manchester una volta alla settimana per firmare i documenti necessari. Ma una volta che siamo andati a registrarci, ci hanno separati ed ero sola in questa stanza con una donna e due poliziotti. La donna è rimasta silenzio per molto tempo, poi ha alzato lo sguardo e ha detto: "Cindy Ngamba, adesso ti arresto". Mi hanno messo le manette e io ho iniziato ad urlare: "Dov'è mio fratello?". Mi hanno messo nel retro di un furgone e mi hanno portato a Londra. A quel tempo però non sapevo dove stavo andando e nemmeno che quel luogo fosse un campo di detenzione. Quando siamo arrivati, il posto sembrava una prigione ed era pieno di donne con i loro bambini. Mi hanno dato una camera da letto con la TV e la mattina dopo mi hanno fatto chiamare mio fratello. Lui mi ha calmato e mi ha detto di non preoccuparmi. Poche ore dopo, una donna ha detto che potevo andarmene. Penso che sia stato mio zio a dar loro informazioni sufficienti per dimostrare che potevamo restare qui. Mi hanno dato un biglietto del treno e ho incontrato mio fratello a Manchester. Ripenso a questo momento e ringrazio Dio ogni giorno perché ci sono persone che non sono state fortunate ad avere il mio stesso risultato. Persone che hanno costruito la loro vita qui, ma sono state costrette ad andarsene. Dio ha deciso che non dovevo essere una di loro e ne sono così grata.
Inizialmente, mi vergognavo di essere chiamata rifugiata: questo mi faceva sentire impotente. Ma vivere ti consente anche di imperare e ora ho una mentalità diversa al riguardo. Alla fine della giornata, sei ancora umano. Non si dovrebbe mai guardare qualcuno perché è un rifugiato o un immigrato, una persona dovrebbe essere guardata per quello che è.
Sono grata di essere protetta e di poter rimanere nel Regno Unito. È triste e scioccante pensare che un paese possa giudicare qualcuno in base alla sua sessualità e dire "no". Non accade solamente in Camerun, succede in molti altri paesi dove la vita delle persone è in pericolo solo perché sono gay.
Nel Regno Unito, le persone non mi chiedono mai della mia sessualità, chiedono solo di Cindy, il pugile. Io però sono molto aperta e non ho problemi a parlarne. Avevo un po' paura di dirlo alla mia famiglia, ma non rimasero affatto scioccati. In quanto donna africana, mia madre all'inizio non è stata molto accomodante, ma si è ripresa. A chiunque abbia difficoltà ad essere aperto, direi di iniziare con la famiglia perché sono quelli che restano al tuo fianco, anche se ci vuole un po' di tempo. Capisco però che sia diverso per tutti.
Mia madre, mia zia e alcuni dei miei fratelli ora vivono a Parigi, il che rende il sogno olimpico ancora più speciale. Essere sul podio con la mia medaglia d'oro è il mio obiettivo finale ed è quello per cui mi alleno ogni giorno. Mia madre ha visto solo i video dei miei incontri, quindi venire ad assistervi sarebbe fantastico. La chiamo ogni sera e visualizziamo quel momento insieme e lei si eccita così tanto da tornare bambina. Mi dà energia e mi fa sorridere solo a pensarci.
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Cindy Ngamba insieme alla mamma Giselle (a sinistra) e alla zia Clarisse (a destra)

Credit Foto Eurosport

La felicità è una scelta ed è gratuita, quindi perché non dovrei essere felice? Quando sono giù e non sorrido, penso ai momenti difficili che ho affrontato. Sono seduta qui proprio ora, ma allo stesso tempo c'è qualcuno là fuori che sta soffrendo. Sono in una situazione in cui posso respirare, camminare e sono viva. Non ho bisogno di nient'altro nella vita. Sto ottenendo ciò che volendo, sto avendo il successo che cercavo. Perché non dovrei essere felice? Questo insieme al fatto che la mia famiglia stia bene mi rende felice.
Con la boxe, penso di essere in grado di spingermi un po' più in là perché superare tutto è quello che ho fatto finora. Il mio viaggio nel Regno Unito, l'essere lontano da mia madre, il bullismo, l'apprendimento della boxe, i miei documenti, la mia sessualità. Allora, quando sono sul ring e dicono che mancano 30 secondi, so che posso farcela. Questa è la mia mentalità. Questa è la mente di Cindy.
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Refugees Voice presenta ogni mese un atleta rifugiato con borsa di studio in vista di Parigi 2024. Attualmente, ci sono 53 titolari di borse di studio nell'ambito del programma di sostegno per atleti rifugiati, gestito dalla Olympic Refugee Foundation e finanziato da Olympic Solidariety. Tutti i 53 atleti sperano di qualificarsi per i Giochi e competere come parte della squadra olimpica dei rifugiati del CIO Parigi 2024.
Segui Cindy e il suo viaggio su @cindyngamba e per aggiornamenti su tutti i borsisti, segui @refugeeolympicteam.
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