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Autumn Nations Cup 2020, Italia-Scozia: le 5 cose che abbiamo imparato

Luca Stamerra

Aggiornato 15/11/2020 alle 11:09 GMT+1

AUTUMN NATIONS CUP - Proviamo ad analizzare ciò che di buono abbiamo visto nel match di Firenze. Qualcosa di positivo è sicuramente emerso dalla gara contro la Scozia, ma restano (un po') gli stessi problemi. Ci sarà tanto da lavorare per Franco Smith e il suo staff.

Marcello Violi - Italia-Scozia scrum half - Autumn Nations Cup 2020 - Getty Images

Credit Foto Getty Images

Va in archivio la prima giornata di Autumn Nations Cup, con l'Italia che ha esordito con un ko contro la Scozia al Franchi. Il 28-17 scozzese può essere interpretato in tanti modi, ma non si può dire che gli azzurri abbiano giocato male, soprattutto dal punto di vista difensivo. Detto questo, l'Italia manca sempre nel momento del dunque, cosa che non ha fatto per nulla piacere al ct Franco Smith. Ecco che abbiamo provato a sintetizzare questa gara in 5 temi, per capire quello che sarà il nostro destino nella nuova competizione autunnale.
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1) È un'Italia che cresce: diversi i debuttanti

L'Italia parte con una sconfitta, ma ha il tempo e la voglia di far debuttare ben tre giocatori. Negli ultimi due anni si è lavorato molto bene con l'Under 20 ed è giusto dare spazio ad alcuni degli elementi più interessanti. Cambiamento, se vogliamo, anche obbligato visto che l'Italia stessa è alle prese con un ricambio generazionale. Nel XV di partenza di Franco Smith abbiamo visto il trequarti centro Marco Zanon (classe 1997) e l'ala Jacopo Trulla (classe 2000). Nella ripresa ha fatto poi il suo ingresso il mediano di mischia Stephen Varney (classe 2001). Non è mai bello partire con una sconfitta, ma sono tre giocatori che hanno messo fieno in cascina e che proveranno a fare esperienza in questa Autumn Nations Cup. I ragazzi non sembrano neanche male e speriamo di vederli 'cresciuti' al prossimo Sei Nazioni. Intanto arriva la fiducia del ct, e questo è già molto importante per loro.
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Blade Thomson, Jacopo Trulla - Italia-Scozia - Autumn Nations Cup 2020 - Imago pub only ITAxGER

Credit Foto Imago

2) Tommaso Allan ha concorrenza: Garbisi c'è

Abbiamo parlato dei giovani debuttanti, ma non possiamo dimenticarci di Paolo Garbisi. È vero che era alla sua terza partita in Nazionale, ma ricordiamo che è un classe 2000 ed è partito titolare nel XV di Franco Smith nella gara contro l'Irlanda di qualche settimana fa (la prima post lockdown). Il giocatore del Benetton Treviso è parso a suo agio tra le maglie scozzesi e ha fatto una buona gara al netto degli 11 punti piazzati nella sfida del Franchi. E, tanto per ricordare, Garbisi non è il titolare della numero 10. All'apertura c'è sempre un certo Tommaso Allan che proprio contro la Scozia ritrovava il campo dopo l'infortunio. Difficile pensare che Smith faccia a meno dell'esperienza del mediano classe '93. Allan, però, avrà finalmente un po' di concorrenza, una sana concorrenza all'interno dell'impianto azzurro. Soprattutto dopo il cambio di ruolo di Canna. Questa non può che essere una buona notizia per il futuro dell'Italia.
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Paolo Garbisi, Marcello Violi - Italia-Scozia - Autumn Nations Cup 2020 - Getty Images

Credit Foto Getty Images

3) L'Italia torna a farsi vedere in mischia

Il risultato non soddisfa, ma c'è qualcosa da salvare dalla prestazione contro la Scozia. Sicuramente non i 20 minuti finali. Ma per i primi 60 minuti, gli azzurri hanno avuto una buona tenuta difensiva che ha fatto innervosire gli scozzesi. Se il risultato è rimasto in bilico fino alla fine, e siamo quasi sempre stati in vantaggio, non è tanto demerito della Scozia, ma merito della squadra italiana che ha concesso davvero poco ai rivali, a partire dal possesso dell'ovale, che ci ha visto in netta superiorità per quasi tutta la gara. Buona tenuta difensiva, come detto, ma l'Italia è anche tornata a combattere in mischia. Quella fu una delle nostre prerogative negli anni 2000, il marchio che ci caratterizzava durante il Sei Nazioni; ma negli anni fu persa questa qualità. Contro la Scozia si è vista la luce. Solo estemporanea? Lo vedremo nelle prossime gare ma, sicuramente, Smith ha fatto lavorare il suo staff per insistere su questo fondamentale, davvero cruciale se si vuole vincere le partite. Nozione di merito ai vari Danilo Fischetti, Giosuè Zilocchi, Niccolò Cannone e Marco Lazzaroni che, in questo senso, hanno risposto alla grande.
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4) I problemi restano: altri 0 punti

Al netto delle tante cose positive viste a Firenze resta, però, il lato negativo. Perché alla fine è il risultato quello che conta. La Scozia ha vinto in Italia 28-17, segnando quattro mete, con gli azzurri capaci di portarne a casa solo una. Loro fanno il punto di bonus offensivo, noi neanche quello difensivo visto il -11 finale. Ma abbiamo parlato di grandi 60 minuti? Insomma, cambiano gli allenatori e le squadre, ma il problema resta sempre quello. La tenuta fisica e di mentalità per tutti gli 80 minuti di partita. La panchina, ahimè, fa la differenza, con gli azzurri che non possono dire di avere 23 giocatori di livello, ma troppo spesso la stanchezza ci fa abbassare la concentrazione e il focus sui banali movimenti studiati in allenamento. Un problema troppo spesso made in Italy, per così dire. Ecco dove deve migliorare l'Italia. Non importa chi ci sia in campo, ma gli azzurri devono continuare a tenere in bilico il risultato anche al 70', anche al 75', e non sciogliersi come neve al sole (come sempre). Il muro cade e poi siamo costretti a dire: “belli per un tempo”, “combattivi per quasi tutta la gara” o “usciamo a testa alta”. Se si vuole ottenere qualcosa di più si deve alzare l'asticella, dal punto di vista fisico e dal punto di vista mentale. Qui c'è la differenza tra una squadra competitiva e una da whitewash.
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5) Franco Smith è un ct che non si accontenta

La sconfitta si è fatta sentire. E, anche se il ct aveva detto che non avrebbe guardato solo il risultato, Smith non ha nascosto i suoi malumori dopo il ko contro la Scozia. È vero, si sono visti i miglioramenti dalla prima partita post lockdown ad oggi, ma non bastano per dimenticare a cuor leggero la sconfitta di Firenze. O quella parte finale di gara. Il ct non l'ha nascosto e ha voluto mandare un messaggio ai suoi ragazzi.
Tutto si è complicato quando abbiamo iniziato a guardare il tabellino, pensando più a cosa volevamo dalla partita che non da noi stessi, ed abbiamo permesso loro di rientrare e risalire nella partita. Questa è la malattia endemica del rugby italiano, teniamo duro fino ad un certo punto e poi succede qualcosa che ci porta a mollare. [Franco Smith al termine della gara]
Tutto si può dire meno che siano state parole al miele. Ma è proprio questo quello che ci piace. Smith non parla dei miglioramenti, che si sia uscito a testa alta, della giovane età o della poca esperienza. Sono tutti dei fattori da tenere in considerazione, ma dall'Italia ci si deve aspettare ben altro se si vuole fare un salto di qualità.
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