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Italia a casa senza giocare: per una volta rugby non fa rima con rispetto

Davide Bighiani

Pubblicato 10/10/2019 alle 19:47 GMT+2

Il tifone che si abbatterà sul Giappone non permetterà agli azzurri di dar battaglia alla Nuova Zelanda ma solo perché non c'è un piano-B per poter recuperare la partita: sicurezza di giocatori e pubblico al primo posto, ma l'Italrugby lascia la Coppa del Mondo con tanto amaro in bocca.

Parisse - Italrugby

Credit Foto Eurosport

Domanda: qual è il primo valore che vi viene in mente quando si parla di rugby? Qualcuno potrebbe dire altruismo, altri generosità, o ancora lealtà o sacrificio, io dico "rispetto". E cosa succede quando uno di questi valori così tanto decantati quando viene menzionata la palla ovale viene meno? Semplice, cade tutto il bel castello costruito intorno. E quelle parole, tanto belle, perdono di significato.

Sergio, siamo con te...

Immaginate come si dev'essere sentito Sergio Parisse quando questa mattina gli è stato comunicato che il comitato organizzatore della Coppa del Mondo di rugby ha decretato il cancellamento del match tra azzurri e All Blacks, a causa del super-tifone Hagibis che nel fine settimana si scatenerà sul Giappone. 0-0, e Italia automaticamente fuori dal torneo senza nemmeno mettere il piede in campo. Per lui, come per tanti altri azzurri della "vecchia guardia" (Leonardo Ghiraldini, 34 anni, ci ha messo anima e cuore per rimettersi dopo un brutto infortunio al ginocchio solo per questa occasione, ndr) si sarebbe trattato con tutta probabilità dell'epilogo in maglia azzurra, certamente era l'ultima possibilità di giocare una partita Mondiale con questa maglia e di poterla onorare a dovere.
Sergio non se lo è fatto ripetere e da gran capitano ha ancora una volta fatto sentire la propria voce, con l'orgoglio (sottolineamo questa parola perché non è scontata) che lo contraddistingue. Perché noi saremo pure solo l'Italia, ma tutti hanno la propria dignità da difendere.
Se gli All Blacks avessero avuto bisogno di giocare per fare 5 punti, sono sicuro che si sarebbe stata trovata una soluzione. Invece a rimetterci è solo l'Italia. Ma gli organizzatori si sono detti: 'Cosa importa degli azzurri? Tanto, avrebbero perso lo stesso'. Complimenti. Dimenticano che il rugby e lo sport vivono di rispetto, di passione: noi avevamo il diritto di giocare questa partita, a prescindere dal fatto che il risultato fosse scontato. Non si possono prendere delle decisioni del genere. Non è giusto
Rispetto. Una semplice questione di rispetto. Nei confronti di questi giocatori ma soprattutto verso una Nazionale, quella azzurra, che non pretendeva certo di poter battere la Nuova Zelanda, chiara favorita del torneo e autrice di partite di altissimo livello finora in Giappone, ma che giustamente voleva dare tutto sul campo; quantomeno provando a mettere in difficoltà l'avversario, il più forte e per questo il più stimolante da affrontare. Perché giocare contro gli All Blacks è anche un onore, ma forse anche questo aggettivo è abusato in un contesto come questo...

Intanto le altre giocano... Oppure no?

Già perché mentre il match tra Italia e Nuova Zelanda va in archivio con uno 0-0 e lo stesso accade per Inghilterra-Francia, di fatto ininfluente per il passaggio del turno (ma i francesi passano come seconda forza e, attenzione, questo potrebbe risultare fatale), l'altra partita di sabato, quella in programma tra Irlanda e Samoa a Fukuoka, e le quattro di domenica sono per ora confermate. Compresa l'attesissima sfida tra Giappone e Scozia, che potrebbe dare ai nipponici (padroni di casa, sottolineato) la qualificazione per i quarti anche senza giocare la sfida (eliminando gli scozzesi): occhio ai prossimi annullamenti quindi. Tanta programmazione sì, ma anche tanta politica alla base di una decisione che rischia di far segnare con il bollino rosso questa Coppa del Mondo: le big non vengono toccate, anzi in questo modo Nuova Zelanda, Inghilterra e Francia (per il momento) hanno una partita in meno nelle loro gambe, non hanno subito ulteriori infortuni e possono affrontare il resto del torneo più che riposate. Un vantaggio non da poco in una competizione che si gioca in pochi giorni e che fa dello sforzo fisico una delle, se non "la" variabile più importante in vista delle fasi finali.
"No brainer", "Una stupidaggine" è come ha definito Steve Hansen, coach degli All Blacks, la decisione di cancellare il match con gli azzurri. Ma così sarà, e così O'Shea e i suoi ragazzi lasciano il Giappone prima del tempo e con una grande rabbia in corpo, ma piangerci addosso serve a poco. E allora proviamo a girarla in positivo: primo, Sergio Parisse e tanti altri giocheranno almeno un'altra partita in azzurro - perché così proprio non si può lasciare - secondo, signori, abbiamo pareggiato con gli All Blacks (e quando ci ricapita?) e abbiamo chiuso un Mondiale con 12 punti, il miglior score di sempre. Già, ma chi non baratterebbe questi ultimi due flebili pensieri con una bella haka vissuta con l'adrenalina a mille a pochi metri di distanza... Ma purtroppo questa volta non esisteva un piano B.
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Cosa significa l'Haka degli All Blacks? Eccola con il testo tradotto

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