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Incassare, guardare avanti e costruire per il futuro: in questo momento non si può fare altro

Davide Bighiani

Aggiornato 12/03/2017 alle 12:28 GMT+1

L'Italrugby archivia un'altra sconfitta, la quarta in altrettante partite al Sei Nazioni 2017 ma non è questo il momento di piangersi addosso. I limiti ci sono e sono evidenti, ma il lavoro di O'Shea è appena cominciato.

Sergio Parisse - Italia-Francia 2017

Credit Foto Eurosport

Stringere i denti

E' dura dura dura ma non è impossibile costruire per il futuro
Conor O'Shea lo ripete più a se stesso che agli altri, perché se c'è qualcuno che non deve mollare e cercare qualche bagliore di luce nel buio dell'azzurro del rugby in questo momento è proprio il ct. L'Italia ha appena incassato una dura sconfitta, la 4a in 4 partite al Sei Nazioni 2017, la 18a nelle ultime 19. Un 18-40 che ha messo in mostra in maniera cruda tutti i limiti della squadra azzurra: in mischia ordinata, in touche, in fase di placcaggio e - al solito - dal punto di vista mentale. Un netto passo indietro rispetto all'ultima prova, quella di Twickenham, che aveva regalato ai propri tifosi qualche speranza e al resto del mondo ovale qualche sorriso, grazie soprattutto alla genialata della difesa atipica pensata da O'Shea e dal suo staff. Questa volta invece il pubblico dell'Olimpico ha potuto sognare praticamente solo nei primi 20', prima di deprimersi come troppo spesso succede nella seconda parte di match. L'Italia ovale di oggi è questa, prendere o lasciare: inutile nasconderlo, e certamente non è questo che fanno Parisse e compagni.

Contro tutto e tutti

"I grandi uomini non si piangono addosso e pensano a come migliorarsi e a come aiutare il gruppo a farlo"
Sergio Parisse non sorride, nonostante abbia appena conclusa la sua partita numero 125 e segnato la sua meta numero 15 in azzurro. Ha le braccia larghe sui fianchi ed è pronto a rispondere a qualsiasi attacco, della stampa o dei soliti detrattori. Al capitano - come al ct - in questo momento interessa una sola cosa: non tanto il presente che, si sa, è complicato e avaro di successi, ma il futuro. Perché il lavoro è appena cominciato ed è normale che non possa subito dare i propri frutti. Con O'Shea e il suo staff il progetto è su 5 anni: che senso ha tirare le somme in questo momento? Questo è il momento della critica, del "prendere ciò che di buono c'è" e cercare di portarlo avanti. Contro tutti e tutto.

Cosa c'è di buono

Qualcosa di buono si è visto, anche nell'ultima partita. L'atteggiamento iniziale, dicevamo: non sarà stato l'effetto-sorpresa di Twickenham ma non si può certo dire che i ragazzi non avessero voglia di dimostare qualcosa anche contro la Francia. La meta di Parisse sulla splendida invenzione di Canna è lì da vedere. Lo stesso Carlo Canna, nonostante l'errore iniziale al calcio, si sta dimostrando all'altezza della situazione da numero 10. E ancora l'esordio del classe 1996 Luca Sperandio, ultimo prodotto del Benetton Treviso, in campo anche se per soli 8' che diventa l'azzurro numero 668. E che non si dica che i ragazzi entrino in campo già battuti e che mollino totalmente - qui bisogna ancora fare i conti con Parisse) - la meta di Esposito arriva a tempo praticamente scaduto e a risultato già acquisito da parte dei francesi ma è un altro piccolo segnale. L'Italia è piccola, bruttina, gioca sempre contro il pronostico - questo non lo dobbiamo dimenticare mai - ma vuole mettere mattoncino su mattoncino. Per un futuro migliore.
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