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Il lungo addio dello sci alla combinata: tutti i perché di una decisione purtroppo inevitabile

Alberto Coriele

Aggiornato 11/02/2019 alle 22:46 GMT+1

Un format che ormai da troppo tempo favorisce gli slalomisti a discapito degli uomini veloci, poche gare in calendario e collocate di venerdì, poco spettacolo e poco interesse da parte degli atleti. La rivoluzione in favore del parallelo è molto vicina e i Mondiali hanno confermato che la direzione è quella giusta.

Dominik Paris

Credit Foto Getty Images

Goodbye cara combinata, and good luck. Con l’oro di Alexis Pinturault nella gara maschile di lunedì e quello di Wendy Holdener al femminile è – con ogni probabilità – da considerarsi conclusa la pluridecennale esperienza iridata della combinata. Un addio già annunciato da tempo, per una disciplina storica ma non più capace di creare entusiasmo e attesa, tanto tra gli atleti quanto tra gli spettatori. Per meglio descrivere la portata di quanto accadrà basti pensare che quando lo Sci Alpino fece il suo esordio olimpico nel 1936 a Garmisch-Partenkirchen fu rappresentato soltanto dalla combinata, al maschile e al femminile. Una doppia prova sulla mitica Kandahar (vinsero i due tedeschi Pfnür e Cranz) che marcò il primo passo dello Sci Alpino nella storia invernale a cinque cerchi. Dalla prossima edizione dei Mondiali, nel 2021 a Cortina d’Ampezzo, è però praticamente ufficiale la dismissione della combinata (tecnicamente ora supercombinata) in favore del parallelo. Un saluto alla tradizione, un benvenuto ad un nuovo format - il parallelo - che favorisce l’appeal televisivo ma anche la presenza a bordo pista del pubblico. I tifosi possono così godersi in notturna dei testa a testa entusiasmanti, seppur su un tracciato corto, tra i migliori, osservandoli scendere più e più volte. Coinvolgente, televisivo, moderno (migliorabile, certo), tutto ciò che la combinata non è più.
La decadenza in competitività e interesse è resa sempre più lampante dalle ultime gare: negli ultimi anni il format quasi totalmente sbilanciato verso i velocisti e la prova Mondiale di Are ha solo che confermato questo trend. Per intenderci, l’ultimo atleta catalogabile come velocista ad aver vinto una combinata in Coppa del Mondo al maschile è lo svizzero Niels Hintermann nel gennaio 2017 a Wengen. Due anni fa. Prima di lui Kjetil Jansrud, sempre a Wengen ma nel gennaio 2016. È pur vero che le prove di combinata presenti nel calendario di Coppa del Mondo maschile sono sempre di meno, due in stagione (la prossima è a Bansko, in Bulgaria), per di più posizionate sempre al venerdì, con un seguito televisivo e di pubblico inevitabilmente minore. Al femminile in questa stagione ancora non se ne sono disputate visto che quella in programma il 14 dicembre in Val d’Isere è stata cancellata per assenza di neve, così come tutte le gare di quel weekend poi recuperato in val Gardena.
Tornando all’attualità e tralasciando solo per un istante i dati, la prova maschile di Are ha scatenato le rimostranze del pubblico ma in primis degli atleti, ad esempio il nostro Dominik Paris, che si è fatto portavoce della frustrazione dei velocisti. Dopo le prime nove discese, con quella di Marco Schwarz, la gara si è conclusa e le posizioni sul podio cristallizzate: un'agonia di 21 atleti che hanno pagato distacchi enormi sulla singola manche, senza mai impensierire i primi tre.
La pista era terribile: è la terza volta di fila ai Mondiali che in slalom troviamo condizioni così. Vince sempre chi parte per primo, è andata bene a Pinturault perché è in forma incredibile e scia benissimo, ma ha fatto fatica anche lui con il numero 8 e a stento è riuscito a scavalcare Hadalin. Prima una discesa baby, poi uno slalom in condizioni così: è molto difficile essere competitivo [Dominik Paris]
A rendere ancora più chiaro il concetto è intervenuto anche Christof Innerhofer:
Lo slalom di una combinata potrebbe tracciarlo uno neutrale, oggi l'allenatore francese ha disegnato un tracciato con angoli e passaggi stretti. Io magari non sono più rapido come dieci anni fa, ma non siamo abituati a doppie e triple a quattro metri e trenta [C. Innerhofer]
Una discesa corta e troppo facile, uno slalom altrettanto corto ma esageratamente tecnico. Una pista che si rovina poco dopo il passaggio degli slalomisti nella seconda manche e dunque una gara che smette di esistere dopo la discesa dei primi dieci in slalom. Serve altro per ammazzare lo spettacolo? A quanto pare no. La prova iridata femminile ha messo ancora più a nudo lo scarso interesse degli atleti e delle atlete per questa gara, ridotta a poco più che un semplice allenamento. Dopo la discesa libera, otto tra cui Vonn e Gut hanno sapientemente scelto di non presentarsi al via dello slalom per evitare infortuni o intoppi di qualsiasi genere in vista delle gare più corpose. Dimostrazione di ciò che è la combinata ora: una gara di riserva che assegna medaglie di riserva.
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Wendy Holdener due anni dopo si conferma regina della combinata: oro sul filo di lana

Molto interessante anche il contributo di Tina Maze sulla questione: la insider di Eurosport ai Mondiali di Are sottolinea il fascino e le bellezza potenziali di questa disciplina, ma ne riconosce l’obsolescenza attuale:
La combinata sarebbe interessante solo se tutti i partecipanti si allenassero su entrambe le discipline. Ora come ora è palese che è un format che favorisce esclusivamente gli slalomisti, e per quelle due gare previste in calendario in Coppa del Mondo in una stagione, molti non vogliono nemmeno perdere tempo per allenarsi. Per me la combinata è la cosa più bella che esiste come idea di base però il livello purtroppo non è alto. Ora o sei discesista o slalomista, mancano atleti che sappiano fare bene entrambe le discipline. O si fa bene e si dà valore alle gare, altrimenti non si fa [Tina Maze]
Il futuro è ancora tutto da decidere ma si saprà a stretto giro di posta, entro la fine del mese di febbraio: il circo bianco prepara l’addio alla combinata in favore del parallelo individuale e di squadra. Sia in Coppa del Mondo che ai Mondiali e alle Olimpiadi. Un cambio di rotta storico ma, ora come ora, purtroppo inevitabile.
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