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La confessione di Ronnie O'Sullivan: "Non sono eterno, mi ritirerò tra 5 anni"

Lorenzo Rigamonti

Pubblicato 24/04/2020 alle 19:22 GMT+2

Nel corso di un’intervista dedicata alla sua lunga carriera nel mondo dello snooker, Ronnie O’Sullivan ha confessato ad Eurosport che intende ritirarsi a 50 anni.

Ronnie O'Sullivan überlegt, mit 50 Jahren seine Karriereende zu beenden

Credit Foto Getty Images

Intervistato a “The Break”, podcast Eurosport incentrato sullo snooker, Ronnie O’Sullivan ha raccontato di come la sua vita sia cambiata dopo la svolta nella sua carriera, avvenuta negli anni ’90. Diventato famoso quando era ancora adolescente, O’Sullivan ha attraversato diversi momenti delicati che hanno destabilizzato la sua vita privata: l’arresto del padre e la lotta contro la dipendenza da droghe e alcool sono stati un punto di rottura nella sua vita. Il 5 volte campione del mondo si è soffermato anche sul ruolo fondamentale giocato dai suoi mentori Ray Reardon e Steve Peters nel consacrarlo nell’olimpo dei migliori ad aver mai giocato. O’Sullivan ha inoltre annunciato che si ritirerà tra 5 anni.

Riguardo la sua vita privata negli anni ‘90

Stavo esagerando con le feste, e quando vinsi quel torneo (nel 1993) pensavo di avercela fatta. Mi ero fatto un bel gruzzoletto, avevo una bella casa, una bella macchina, ero single. Quindi potevo fare qualsiasi cosa mi andasse di fare. Probabilmente ho frequentato le compagnie sbagliate, ma quella vita si era impossessata di me. Ho perso di vista lo sport. Non ero affatto concentrato sullo snooker e probabilmente ho sprecato 5 anni della mia carriera non facendo nulla.
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Ronnie O'Sullivan (Watford)

Credit Foto Getty Images

Il momento in cui ha capito di dover voltare pagina

Penso che la realizzazione l’ho avuta quando ho perso contro Stephen Hendry nel 1996, ed ero abbastanza sovrappeso a quel punto. Mangiavo e bevevo un sacco. Guardavo le fotografie di me stesso e mi deprimevano, avevo bisogno di rimettermi in forma. Quindi ho speso 3 mesi in palestra: ci andavo due o tre volte al giorno, mangiavo cibo sano e sono riuscito a rimettermi in sesto per la stagione seguente. Poi sono riuscito a vincere 4 o 5 tornei ed ero soddisfatto. Ma purtroppo ho ripreso a bere e a fare baldoria. Quindi per i successivi due anni non ero messo male come in quelli precedenti, ma continuavo a commettere errori che non avrei dovuto commettere. Quindi decisi di andare in riabilitazione. Prima di arrivare in quel posto, ogni mattina mi alzavo, bevevo e fumavo. Ne avevo bisogno per funzionare durante la giornata, ma non mi faceva sentire per niente bene. Mi dicevo che non avevo bisogno di quella roba, ma alla fine ne sono diventato dipendente ed è lì che ho deciso di farmi aiutare.

Sulla disintossicazione

Ho telefonato al centro di riabilitazione e ho detto: “Ho qualche problema e ho bisogno di aiuto, credo di sapere cosa sia, vorrei essere aiutato”. Una signora è venuta a trovarmi a casa, abbiamo parlato per due ore e mi ha convinto ad entrare al The Priory presso Roehampton. Quella è stata forse la migliore decisione che abbia mai preso. Ma avevo comunque paura di andare in quel posto, pensavo: “Non sono un alcolizzato, non sono una persona dipendente, devo solo imparare a controllarmi un po’”. Poi mi hanno visitato, e quando mi hanno detto che avrei dovuto stare in completa astinenza ero scioccato: “Cosa? Non ce la farò mai a sopportare una cosa del genere.” Ma alla fine sono riuscito a ripulirmi. Non sono sempre sobrio, ma quando esco riesco a fermarmi al primo o al secondo drink. Mi bevo un bicchiere una volta ogni 6 mesi, se c’è qualche compleanno da festeggiare o Capodanno. Altrimenti sono pulito.

Come sarebbe diventata la sua carriera se il padre non fosse scomparso

Credo sarebbe stata molto differente. Avrei vinto il Campionato del Mondo molto prima. Avrei vinto più tornei. Sarebbe stata una storia diversa, ma è andata com’è andata. Sono stato sfortunato io ed è stato sfortunato lui, la vita avrebbe potuto essere migliore per entrambi. Mi sarei goduto la carriera molto di più con lui al mio fianco.

Ronnie parla di come Ray Heardon abbia cambiato il suo gioco

Mio padre fece una telefonata. Non so chi chiamò. Gli disse solamente: “Ronnie avrebbe bisogno di qualcuno con un po’ di esperienza nel suo angolo. Chi mi consigli?” Sbucò il nome di Ray Heardon, quindi chiedemmo se si potesse avere il suo numero. “Si, nessun problema”, rispose. Quindi telefonammo a Ray Heardon e mio padre gli chiese: “Avresti voglia di aiutare mio figlio?”, e lui: “Certo, nessun problema”. Quindi mi ha passato il numero e mi ha detto che Heardon stava aspettando una mia telefonata. Tutto questo è successo nel bel mezzo di una gara, stavo affrontando Andy Hicks ed ero sotto 9-7 nell’ultima sessione. Allora alzai la cornetta e gli dissi: “Ray, sto giocando bene ma sono sotto 9-7”. E lui: “Questo perché lui non ha paura di te.” E io: “Dici?”. E mi rispose: “No, non è intimidito da te, no, no. Continua a stargli col fiato sul collo e non rinunciare a nulla”. Quindi mi sono fatto forza e sono riuscito a portarmi a casa il match, 13-10 o 13-11. Ma mi sentivo diverso, sembrava uno stile di gioco differente. Mi sentivo in pieno controllo. Riuscivo a sfruttare meglio gli errori degli avversari. Dunque questa è stata la mia prima lezione con Ray, al telefono. Da quel punto in poi sono diventato un giocatore diverso, sono migliorato.

A proposito di Steve Peters

Al tempo ero in contatto con un manager. Mi conosceva meglio di chiunque altro e sapeva che stavo soffrendo questa ansia da palcoscenico. Mi sentivo bene durante gli allenamenti, ma con l’avvicinarsi dei tornei diventavo così ansioso da non riuscire a infilare nessuna buca. Poi ha letto al giornale di questo ragazzo con cui lavorava Steve Peters, e che io avrei potuto ricevere aiuto da questo tizio. Quindi ho contattato Peters e ha accettato di incontrarmi a casa sua. Ho speso un’oretta con lui durante la prima sessione, e dopo 10-15 minuti mi sono detto: “questo tipo è diverso dagli altri”. Ho pensato: “voglio scoprire che cosa ha da offrirmi”. Quindi ho fatto ciò che mi chiedeva per almeno un anno o due. Ho studiato tanto, ho provato a controllare le mie emozioni e così mi sono trasformato come giocatore. Ray ha cambiato il mio gioco, e Steve mi ha cambiato il mio approccio mentale. A quel punto avevo risolto tutte le mie debolezze.
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Ronnie sull'accorciamento del proprio calendario

Credo abbia avuto un effetto negativo sulle mie prestazioni perché negli scorsi anni quando giocavo vincevo l’evento o per lo meno arrivavo in finale. Stavo scalando le classifiche, sono arrivato al primo posto l’anno scorso giocando metà dei tornei a cui gli altri giocatori partecipavano. Ma alla fine bisogna vincere qualche torneo, e quest’anno non l’ho fatto. Quindi l’anno prossimo credo che non mi allenerò e parteciperò a tutti i tornei; li considererò come allenamenti. Quando torno a casa non gioco e mi dedico ad altri affari, possiedo diverse proprietà perché non voglio essere schiavo del gioco.

Ronnie sul ritiro

Credo che mi impegnerò al massimo l’anno prossimo e probabilmente anche quello dopo, poi quando compirò 50 anni saluterò tutti. Prima o poi succederà, non sono eterno. Mi pare stupido continuare a giocare per troppo tempo. Mi piace partecipare alle esibizioni e cose simili, ma se non dovessi tirare fuori 4 o 5 anni ulteriori dalla mia carriera non fa niente, sono contento così. Ovviamente mi piace partecipare alle gare, ma anche partecipare a progetti al di fuori dello snooker.
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