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Djokovic si inchina a re Murray: lo scozzese vince le ATP Finals (e resta n°1)

Simone Eterno

Aggiornato 20/11/2016 alle 21:50 GMT+1

Splendida prestazione del padrone di casa che doma nettamente un Djokovic lontano parente dal tennista che fu fino allo scorso giugno. Finisce 6-3, 6-4 in poco più di un'ora e mezza. Murray mette così fine alla dinastia del serbo che qui aveva vinto gli ultimi 4 tornei consecutivi, chiudendo e confermandosi di conseguenza al n°1 della classifica ATP.

Andy Murray (ATP World Tour Finals 2016)

Credit Foto AFP

da LONDRA - Quale miglior legittimazione se non in casa propria, davanti a un pubblico in delirio e contro il dominatore del tennis degli ultimi 3 anni? Nemmeno nel miglior saggio delle letteratura inglese si sarebbe potuta trovare una trama più adatta per Andy Murray, sempre più History Boy (cit.) del tennis britannico.
Murray ha più o meno completato tutto il completabile, riportando in Gran Bretagna un titolo di Wimbledon e una Coppa Davis che mancavano dalla notte dei tempi e chiudendo, di fatto, l'era da dominatore di Novak Djokovic. Il serbo prima di oggi qui aveva fatto l'en-plein, vincendo 5 finali su 5, di cui 4 consecutive. Ma oggi ha dovuto arrendersi: a sé stesso - fornendo una prestazione ancora una volta lontana da quelle del tennista che fu - e a un avversario nella seconda parte di stagione a lui superiore. E non a caso diventato - e riconfermatosi oggi - nuovo numero 1 del mondo.

La partita

Dal punto di vista tecnico-tattico la finale non è stata nulla di particolarmente sorprendente; anche perché dopo 34 incontri tra i due era difficile aspettarsi qualche novità. Ciò che ha sopreso però è stato l'atteggiamento iniziale e le energie fisiche messe in campo. Si dubitava che Murray potesse rientrare forte dopo le 3 ore e 38 minuti spese ieri contro Raonic - con tanto di match point annullato - e soprattutto si pensava che Djokovic, al contrario, dopo l'allenamento agonistico con Nishikori, avesse potuto averne di più. E invece si è registrato un fenomeno che per certi versi avevamo già visto nell'ultimo Open degli Stati Uniti, quando dopo un cammino fin troppo semplice Novak Djokovic aveva faticato non poco a trovare ritmo e tensione giusta per affrontare una partita del genere.
Ed è esattamente ciò che è successo anche oggi. Per più di un'ora Djokovic è stato a tratti irriconoscibile, concedendo in proporzione 4 punti su 5 ogni qualvolta lo scambio di facesse prolungato. E questo senza che Murray si prendesse poi relativi rischi. Per mettere in partita il serbo è servito la sberla, o meglio, lo schiaffone che aveva rischiato di portarlo a un passo dall'umiliazione, quando sotto 6-3, 3-1, Djokovic perdeva per la seconda volta il servizio, mandando Murray in battuta con le chance di portarsi sul 6-3, 5-1. Un po' troppo per colui che fino all'altro giorno, contro il buon Andy, aveva praticamente sempre vinto (24-10 prima di oggi).
Solo lì è iniziato il vero match di Djokovic, ma il gap a quel punto era chiaramente incolmabile. Vuoi per la realtà del punteggio e vuoi per lo stato di forma di un Murray troppo lanciato verso il traguardo. Il controbreak immediato di Djokovic è servito infatti solo a dare un po' di pepe all'ultima parte di match, ma non ha cambiato comunque l'ormai scontato esito finale, lasciando a Murray e al suo pubblico ormai in delirio l'happy ending più atteso.

Una nuova era

E' dunque Murray a chiudere il 2016 del tennis da numero 1 del mondo, ma soprattutto a lanciare una nuova sfida per ciò che sarà il 2017. Se infatti Djokovic si confermerà su questi nuovi standard rivisti al ribasso, nel tennis si potrebbe aprire - come già sottolineato da queste pagine - una nuova era. Un'era a marca Andy Murray. Probabilmente meno epica delle precedenti, ma certamente più democratica.
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