Wozniacki, a Melbourne non è mai troppo tardi: Caroline è finalmente regina slam

La più vecchia, la più bella, la più radiosa, la più vincente di una nouvelle vague del tennis riformista: un anno dopo la rinascita di Venus e la finale dei sogni Federer-Nadal, Melbourne è il palco di un’altra apoteosi sportiva nei giorni di grazia di Caroline Wozniacki.

Caroline Wozniacki of Denmark poses for a photo with the Daphne Akhurst Memorial Cup after winning the women's singles final against Simona Halep of Romania on day 13 of the 2018 Australian Open at Melbourne Park on January 27, 2018

Credit Foto Getty Images

Correva l’anno 2009 quando una giovane tennista danese incantò Flushing Meadows per la sua estrema bellezza e quel nuovo tennis push, versione al femminile del gioco difensivo di Murray e Djokovic. Respinta da Kim Clijsters, la corsa incessante della Robottina si fermò in finale, ma nel suo destino c’era già il primato. Numero 1 per 67 settimane segnate da un’assenza che, col tempo, diventerà una specie di condanna: non aver mai vinto uno slam. Oggi, nove anni dopo, Caroline ha traversato le crisi di pianto, le critiche dei detrattori, i giorni dell’abbandono per trionfare agli Australian Open. Adesso che le lacrime sono di gioia, che stringe la sua Daphne, che la sua missione è finalmente compiuta. Ora che “Nessuno potrà più dire a Caroline Wozniacki: non hai mai vinto un torneo dello slam”.
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Caroline Wozniacki is a grand slam champion

Credit Foto PA Sport

Nel 2014, il golfista Rory McIlroy l’ha lasciata a pochi giorni dal matrimonio: Caroline è andata a New York, ha centrato la finale degli US Open - sconfitta da un’ingiocabile Serena Williams, ci torneremo - e corso la maratona più famosa del mondo in tre ore e 26 minuti. Un anno fa, battuta nettamente dalla Konta al terzo turno di Melbourne, la sua carriera sembrava al capolinea e invece eccoci qui, a celebrare il suo ritorno in testa al ranking come in una renaissance, dalle Finals di Singapore al championship point degli Australian Open. Proprio oggi che si succedono brevi interregni di primatiste senza corona (solo nell’ultimo semestre sono state numero 1 Kerber, Pliskova, Muguruza e Simona Halep) e che i suoi fantasmi, dall'amica Serena all’odiata Sharapova, non sono più delle ombre minacciose.
Sesta nuova vincitrice di uno slam negli ultimi dieci major (Flavia Pennetta, US Open 2015; Angelique Kerber, Aus Open 2016; Garbiñe Muguruza, Roland Garros 2016; Jelena Ostapenko, Roland Garros 2017; Sloane Stephens, US Open 2017), quinta e ultima campionessa slam delle classe Novanta. Ecco il segreto del suo nuovo successo: senza le migliori colpitrici, così sofferte da Pushniacki, il futuro di Caroline è roseo perché, delle tenniste di resistenza, è lei la migliore. Il peggior momento della sua carriera è infatti stato, senza tonfi di ranking e fuori top-ten solo due anni fa, mentre la regina Serena e sua sorella Venus, Victoria Azarenka e Maria Sharapova trasformavano il tennis femminile in una “prova di potenza”: straordinarie attaccantri del tennis che però - tra anagrafe, maternità e squalifiche - non potranno più esserne assolute protagoniste.
Così, visto che in linea di successione a Serena c’è solo la Muguruza (in tilt negli slam “veloci”), ecco perché crediamo che il trionfo di Caroline non sarà un altro caso Pennetta. Di fatto, a un anno dalla rinascita di Venus e dalla disputa dei sacramenti tra Federer e Nadal, Melbourne è il palco di un’altra apoteosi sportiva nei giorni di grazia di una nuova Wozniacki: la più vecchia, la più bella, la più radiosa, la più vincente di una nouvelle vague del tennis riformista.
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