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Donna, mamma, migliore: Serena Williams vince e si diverte per cancellare New York

Fabio Disingrini

Aggiornato 18/01/2019 alle 12:05 GMT+1

Serena Williams vince e si diverte. La prima parte, almeno in questa fase di torneo, era scontata; la seconda, per i veleni degli US Open, no. È la nuova versione Serena-tard, in body e calze a rete, contro ogni forma di critica e pregiudizio: con la forza della donna, della mamma e della migliore giocatrice nella storia del tennis.

Melbourne, Australian Open 2019: Serena Williams accede al terzo turno battendo Eugenie Bouchard

Credit Foto Imago

Serena Williams vince e si diverte. La prima parte, almeno in questa fase di torneo, era scontata; la seconda, per i veleni degli US Open, no. Quattro mesi dopo la finale di Flushing Meadows, al netto dell’anagrafe e di un altro periodo d’inattività, ci mancava un suo riscontro non solo atletico ma specialmente umano: non si poteva chiedere di meglio alla regina del tennis sulla strada del mito, verso il record di slam, UNTIL WE ALL WIN.
I’ve never been the right kind of woman. Oversized and overconfident. Too mean if I don’t smile. Too black for my tennis whites. Too motivated for motherhood, but I’m proving time and time again there’s no wrong way to be a woman.
MORE THAN AN ATHLETE. Come LeBron James nel basket. Come il rivoluzionario Colin Kaepernick nel football per i diritti civili degli afroamericani. Erano loro tre, monumenti del tutto, in una recente (stupenda) campagna Nike e Serena diceva: “Non limitarti a giocare a tennis: sii la migliore”... Lei che non è mai stata solo la più grande sportiva del Duemila.
Il suo tessuto, a 37 anni, dopo aver stracciato almeno tre generazioni di avversarie, è di materia resistente e magnifico spessore. Oggi è mamma della bellissima Alexis Olympia, al Roland Garros s’è vestita da Black Panther; a Wimbledon con le calze contenitive per i mai nascosti problemi di salute (la trombosi, il dramma post-parto); agli US Open con un tutù da cigno nero; oggi, a Melbourne, in versione Serena-tard con il body verde bandiera e i collant a rete.
Perché lo fa? Per ragioni mediche, ma anche per costruire provocando. Lanciare un messaggio, lasciare un segno contro i pregiudizi e i cattivi gusti, contro il razzismo e il body shaming, del tipo Chissenefrega se non ho un fisico mozzafiato, se non sembro la Kournikova o la Sharapova… Io sono una donna! Sono una mamma! Sono felice, sono glam, mi vesto come voglio e a giocare a tennis, dicevamo, sono la migliore.
Incinta mentre le altre trentenni si son già ritirate: non tornerà a giocare a tennis? Altroché. Finale a Wimbledon, finale a New York, ingiocabile a Melbourne. Perché se al debutto non voleva infierire sull'amica e collega mamma Tatjana Maria - invece piallata poi saluti e baci - la Bouchard, per qualche trascorso, se la sarebbe pure mangiata: 6-2 6-2 con stoccatina ("Bene che ci ho messo poco, così starò più tempo con mia figlia") e avanti la prossima, l’ambiziosa diciottenne Dayana Yastremska.
Stravince e si diverte. L’avevamo lasciata furiosa a Flushing Meadows contro Ramos e tutti i commissari... Ora alle imprudenti chiamate dei giudici risponde col sorriso e le braccia al cielo. Come una ballerina un po' formosa che volteggia sulle critiche. E non c’è mai un modo sbagliato per essere donna.
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Australian Open: Serena Williams-Bouchard 6-2 6-2, gli highlights

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