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Covid, sospeso il tennis a Melbourne: Australian Open a rischio?

Simone Eterno

Aggiornato 03/02/2021 alle 23:46 GMT+1

TENNIS - Il caso di positività di un membro dello staff dell'hotel che ospita i giocatori ha portato gli organizzatori a cancellare tutte le partite di giovedì 4 febbraio. E così sorge un interrogativo non da poco: cosa faranno a Melbourne? Se infatti dovessero applicare lo stesso rigido protocollo fin qui seguito, l'Australian Open salterebbe.

Die Australian Open werden in den Februar verschoben

Credit Foto Getty Images

Dell’intera vicenda sarete ormai sicuramente già a conoscenza; e ne abbiamo parlato in dettaglio in questo articolo. La positività al Coronavirus di un membro dello staff del Grand Hyatt Hotel di Melborune mette però davvero gli organizzatori di fronte a una scelta che farà in ogni caso discutere.
Andiamo in ordine, partendo dalla cronaca. Anzitutto c’è la notizia: ovvero il fatto che tutti i tornei in programma a Melborune Park, per la giornata di giovedì 4 febbraio, sono stati ufficialmente sospesi. Non si giocherà dunque un singolo 15 tra ATP Cup, Murray River Open, Great Ocean Road Open, Yarra Valley Classic, Gippsland Thophy e Grampians Trophy in programma sui campi che dovrebbero ospitare poi da lunedì l’Australian Open.
La decisione è un provvedimento precauzionale dovuto appunto al caso di positività che abbiamo già segnalato, ma la realtà dei fatti porrà ora gli australiani di fronte a un problema che non ha via di uscita: o troveranno il compromesso, o non si giocherà l’Australian Open.
Ci spieghiamo meglio. Fin qui il protocollo infatti è stato piuttosto rigido a riguardo: chiunque fosse entrato in qualche modo in contatto con un caso accertato di positività al Covid-19, è dovuto sottostare a 14 giorni di ‘hard-quarantine’. Per intenderci è quel che è accaduto ai 72 giocatori che dopo casi di positività trovati sui voli che li avevano portati in Australia a metà del mese di gennaio, avevano passato i primi 14 giorni a Melborune dentro le proprie stanze e senza possibilità di uscita. Il più rumoroso era stato il caso del francese Benoit Paire, che proprio in questi giorni ha raccontato, dal suo punto di vista, la durezza del protocollo. Paire aveva spiegato come avesse volato in una business class vuota e come avesse viaggiato sul un pullman privato in solitaria una volta arrivato a Melbourne; ma a causa di un positivo sul suo stesso volo, il francese è stato comunque sottoposto ai 14 giorni di 'hard-quarantine', ovvero stretto isolamento e considerato come un contatto vicino: quindi impossibilità a lasciare la propria stanza.
Considerando dunque che buona parte dei giocatori risiede al Gran Hyatt di Melborune, compreso il Matteo Berrettini che abbiamo avuto l’opportunità di intervistare proprio al termine del suo periodo di quarantena (la sua più morbida rispetto a Paire, con qualche ora di allenamento consentito sul campo e in palestra), la domanda a questo punto sorge spontanea: e adesso?

Compromesso o addio Australian Open

La risposta è altrettanto semplice: o gli anglosassoni, poco inclini culturalmente all’interpretazione delle regole, scenderanno a compromessi, ammorbidendo la legge. Oppure se il protocollo verrà applicato alla lettera, come fin qui è stato fatto, sarà quarantena per tutti e addio Australian Open. Non ci sono altre strade se non queste due. Questa infatti è la regola del Dipartimento della sanità del governo di Victoria State: "Chiunque abbia visitato il sito di esposizione deve immediatamente isolarsi, sottoporsi a un test per il coronavirus (Covid-19) e rimanere isolato per 14 giorni”.
Ecco, 14 giorni da oggi a Melborune non li hanno e l’ulteriore spostamento del torneo non può essere un’ipotesi plausibile. Nelle prossime ore dunque, caldissime, in quel di Melborune, capiremo cosa ne verrà fuori nell'interpretazione di questo caso; ovvero, come verrà considerato un dipendente dell'hotel dei giocatori: come un contatto stretto o come un contatto casuale? Per gli organizzatori del torneo, almeno dalle dichiarazioni iniziali, è la seconda versione. Da capire se il dipartimento della sanità sarà della stessa opinione.
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