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Cecchinato e Berrettini: a Parigi l'Italia scopre - finalmente - il 'nuovo che avanza'

Simone Eterno

Pubblicato 31/05/2018 alle 01:15 GMT+2

Entrambi al terzo turno ed entrambi al primo buon cammino in carriera in un torneo dello slam. Venticinque anni Cecchinato, ventidue Berrettini, il siciliano e il romano si sono presentati a Parigi anche agli occhi lontani degli italiani. La prima vera alternativa a quei Seppi e Fognini a cui non si vedeva ricambio. Dentro un movimento che continua a non produrre il fenomeno tanto atteso, ma che..

Marco Cecchinato - Roland Garros 2018

Credit Foto Getty Images

Gli italiani, si sa, ci mettono sempre un po’ di più. Sarà per la nostra natura intrinseca, per come veniamo cresciuti, per le opportunità di un Paese dove ‘gerontocrazia’ è la parola d’ordine… Ma è vero. Rispetto ai tanti ai coetanei europei, tendiamo a uscire un po’ dopo. In ogni campo. Di casa. Nel lavoro. E ovviamente anche nello sport.
Soprattutto nel tennis, disciplina mutatasi radicalmente nel tempo, che ha visto anche altrove – e non solo in Italia – sempre meno spazio ai bambini prodigio. L’ultimo, fu un tale Rafael Nadal, che nel giorno del suo diciannovesimo compleanno batteva Federer – che era già Federer – proprio qui a Parigi per palesarsi così definitivamente agli occhi del mondo.
Un Nadal che sarebbe diventato simbolo poi della trasformazione definitiva della disciplina, aggiungendo al necessario talento per poterla praticare a questi livelli, l’altrettanto fondamentale componente fisica.
E così, nel tennis, dopo i tantissimi anni di sacrificio, oggi come oggi si tende a uscire dopo. Sono pochi, pochissimi, quelli competitivi già da teen. Ci sta provando – con le fatiche che conosciamo tutti negli slam – un fenomeno come Zverev. In Italia di fenomeni invece non ne abbiamo. Ma ciò non significa che non esista qualcuno pronto a dare un po’ di ricambio alla generazione dei Seppi e Fognini.
Marco Cecchinato, per esempio, è uno di questi. Venticinque anni. Ventisei il prossimo settembre. E una stagione da professionista che fino all’altro ieri l’aveva fatto conoscere più per qualche vicenda extra-campo che per altro. Invece, il siciliano, negli ultimi 40 giorni, ha dimostrato di essere giocatore vero. Lo dicono i numeri. Che da professionista nel circuito ATP fino a poco più di un mese fa raccontavano 3 vittorie e 28 sconfitte. E che ora narrano di un impressionante 10-4 così suddiviso: prima torneo ATP vinto (Budapest), primo successo contro un Top20 (Fognini), primo match vinto a livello slam, proprio qui a Parigi. Il best ranking di carriera raggiunto proprio un mesetto fa dopo la vittoria in terra ungherese è dietro l’angolo – 59, oggi è virtualmente 63 – ma a fare la differenza non è certo questo. Da 40 giorni in Marco Cecchinato è scattato qualcosa, in un mix tra fame, consapevolezza dei propri mezzi e fiducia in sé stesso che sta evidentemente facendo la differenza.
Nel suo secondo turno al Roland Garros contro il ‘coccolato’ Trungelliti – idolo della sala stampa poiché personaggio in grado di fornire una storia a chi con le storie ci deve campare – Cecchinato ha dimostrato con i fatti le parole che ci ripete da giorni. “sono un giocatore più maturo, leggo meglio le partite, riesco a stare dentro tutti i punti”.
Un passaggio mica da poco e che pare stia facendo in contemporanea anche Matteo Berrettini, di 4 anni più giovane rispetto al collega Cecchinato, ma come il siciliano alle prime soddisfazioni slam. Un tennista dal talento evidente, ma soprattutto un ragazzo con la testa sulle spalle e allenato da un coach di poche parole e grande sostanza: Vincenzo Santopadre. Berrettini rappresenta l’esemplare di ‘maschio alfa’ per la nuova disciplina: altro e potente. Si dice che con un ottimo servizio e dritto si possa fare, oggi come oggi, un Top50. Ecco, il Berrettini che ha steso al secondo turno il funambolico Gulbis e che si affaccia al terzo turno del Roland Garros, proprio su queste armi può puntare e ancora crescere tantissimo: servizio e dritto. Il resto, se l’assioma si confermerà vero – e se uno come Milos Raonic è diventato 3 del mondo ci viene da dire di sì – verrà da sé. Si spera.
Persino il tennis femminile – che dopo i fasti dei magico poker Schiavone, Pennetta, Vinci, Errani – aveva lasciato poco all’orizzonte, ci ha mostrato qualcosina con la giovane Deborah Chiesa. Che difficilmente potrà vincere uno slam, ma che per quanto visto a Parigi nelle prime 100 del mondo ci potrebbe stare serenamente. Magari migliorando un po’ quel dritto ancora troppo ballerino.
Così come nelle qualificazioni, dove tra Trevisan e Paolini – classe 1993 la prima, 1996 la seconda – un pizzico di speranza per questo sport che in Italia resta sempre e comunque una disciplina elitaria – come ben sottolineato dall’inchiesta del collega Marco Caldara in questo articolo – a quanto pare c’è. Con i nostri tempi, chiaro. Alla nostra maniera, certamente. Nell’attesa di quel fenomeno che aspettiamo ormai da Adriano Panatta e che sempre ci manca. Ma che in fondo continua a mancare anche agli organizzatissimi francesi, che molto meglio – e con più risorse di noi – si sanno muovere. “Consolazione da quattro soldi”, dirà qualcuno. Ma tant’è, per ora ci accontentiamo. E soprattutto ci coccoliamo il nuovo che, con difficoltà, finalmente avanza.
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