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Tennis, un mese al Roland Garros: Alcaraz è pronto, Djokovic ancora no

Simone Eterno

Aggiornato 25/04/2022 alle 12:08 GMT+2

TENNIS - A 26 giorni dall'inizio del secondo slam stagionale, le prime due settimana di terra rossa europea hanno dato indicazioni piuttosto chiare: Alcaraz è prontissimo e nonostante la carta d'identità si presenterà a Parigi come un contendente serissimo. Novak Djokovic, invece, lo è decisamente meno. E nel femminile una dominatrice c'è eccome: si chiama Iga Swiatek.

Carlos Alcaraz e Novak Djokovic: un mese al Roland Garros 2022

Credit Foto Eurosport

Un mese al Roland Garros. Anzi, meno: 26 giorni. Domenica 22 maggio si parte con il secondo slam della stagione e dopo 2 settimane sulla terra battuta, con i Masters 1000 di Madrid e Roma all’orizzonte, non è per nulla vietato stilare un primo bilancio. Anche perché di cose di cui parlare, la settimana di tennis b&b, Barcellona e Belgrado, ce ne ha regalate parecchie. Carlos Alcarz da una parte, Novak Djokovic dall’altra. Il primo, prontissimo. Il secondo, un po’ meno.
Pare un’eresia, un paradosso da mondo capovolto, eppure il campo ha dato indicazioni piuttosto eloquenti a riguardo. In primis sul giovane fenomeno spagnolo della racchetta. Perché di fenomeno, termine spesso abusato nel mondo dello sport, in questo caso si tratta. Dopo Miami aspettavamo Alcaraz sulla terra battuta perché il suo tennis, su questa superficie, poteva essere ancor più incisivo. E Alcaraz si è fatto attendere pochissimo. Una settimana per smaltire le scorie della Florida a Monte Carlo, ed eccolo prendersi a Barcellona il quarto torneo della sua carriera, il terzo quest’anno. E qui potremmo iniziare a citare un po’ di numeri. Potremmo dire che Alcaraz è terzo della Race. “Terzo” tra virgolette, però. La sensazione infatti in questo preciso istante tennistico, lunedì 25 aprile 2022, è che il 18enne spagnolo sia il giocatore di tennis più forte là fuori sul circuito. Con Nadal (1° race) in tentativo di uscita dai box e Tsitsipas a tratti scherzato nel quarto di finale giocato sulla terra catalana, Alcaraz non solo ha dimostrato di poter fare partita con tutti, ma di essere in grado di battere già tutti. Una sensazione del resto già avuta sul cemento americano di Indian Wells e Miami; e prolungata sulla terra di Barcellona, dove il giovanotto iberico ha addirittura strafatto. La fotografia dello strapotere, oltre alla prima ora di gioco con Tsitsipas, che arrivava fresco di titolo a Monte Carlo, nella giornata di domenica, quando dopo essere sopravvissuto a 2 match point e 3 ore e 43 di gioco con de Minaur, Alcaraz è entrato in campo e come se nulla fosse ha spazzato via il povero Carreno Busta, che si è visto passare sopra un treno lanciato in corsa.
Alcaraz insomma ci ha detto, dopo il riadattamento monegasco, di non essere solo pronto, ma prontissimo in ottica Roland Garros. E per prontissimo non intendiamo a fare i quarti. Per prontissimo intendiamo a vincere. I suoi numeri non sono casuali. Non si vincono per caso 11 finali su 13 giocate in carriera a tutti i livelli (Futures, Challenger, ATP) – di cui per giunta 8 consecutive. Non si entra per caso in Top 10 a 18 anni. Non si diventa l’ottavo più giovane di sempre dell’era Open a rompere il muro della Top 9 . Alcaraz è un contendente a tutti gli effetti che come tale ormai dobbiamo trattare al di là della carta d’identità. Uscire da quest’ottica molto italiana dell’”ancora giovane” è un esercizio utile a cui dovremmo provare ad abituarci.
Se Carlitos dunque ha reali ambizioni di titolo in quel di Parigi, dall’altra parte del Mediterraneo, oltre l’Adriatico, Novak Djokovic ci ha detto piuttosto chiaramente di non essere ancora pronto. Sotto tanti punti di vista. Forse troppi. Anche se 26 giorni sono un discreto arco temporale per provare a mettere a posto le cose. In primis c’è il tennis. A inizio settimana in particolare Nole è stato quasi irriconoscibile. Seppur leggermente più brillante fisicamente rispetto all’uscita monegasca, del tennis di Djokovic è mancata a lungo l’intensità e soprattutto la capacità di levare il tempo in risposta. Il serbo ha giocato partite troppo timide, quasi col freno a mano tirato, quasi come a dover gestire un serbatoio che comunque percepiva come scarico. E non a caso è andato sotto in tutte: Djere, Kecmanovic, Khachanov e Rublev. Ne è venuto fuori in 3 su 4 per una serie di fattori esterni al puro gioco: carisma, curriculum, spinta del pubblico. Poi però è arrivato un ostacolo più concreto come Rublev; e Djokovic ha dimostrato i suoi attuali limiti, su tutti quello di una riserva di energie troppo risicata. Ecco, quello è il punto. Il serbo ci ha fatto capire con le sue dichiarazioni di venire da un periodo complicato. Verrebbe da pensare all’onda lunga di una nuova infezione covid, visto che nell’intervista di Ivanisevic a Ubaldo Scanagatta rilasciata a Monte Carlo il coach del serbo ha fatto capire che nel Principato Nole non stava bene. Il completo blackout della finale con Rublev nel terzo set – bagel subito – ha mostrato un Nole completamente svuotato anche a Belgrado.
E questo non è un gran segnale. La terra rossa è la più dispendiosa delle superfici, Djokovic ha giocato pochissimo quest’anno e non essere ancora al meglio da punto di vista fisico non aiuta il serbo nell’esecuzione successiva del suo tennis. Ora ha una settimana di ripresa per provare a ricaricare, poi gli appuntamenti di Madrid e Roma. La sensazione è che il gap da colmare sia ancora ampio, così come le energie da incamerare e i il rodaggio da mettere delle gambe, che poi si trasforma in concreto tennis giocato ad alti ritmi, quello che Djokovic non ha fin qui mai mostrato in tutto il 2022. Insomma, non sarà semplice o scontato come in molti hanno frettolosamente sostenuto nel momento in cui la caduta delle restrizioni legate al Covid hanno riaperto le porte del circuito al n°1 del mondo.
A proposito di gente più o meno pronta in ottica Roland Garros, una parentesi necessaria sul tennis femminile. A Stoccarda, torneo di altissimo livello per parco di partecipanti, Iga Swiatek ha dimostrato che la racchetta in rosa una dominatrice ce l’ha eccome. Altro che “manca una forte”. La polacca, n°1 del mondo, è un treno in corsa. Negli ultimi 61 giorni la Swiatek ha vinto 23 partite consecutive. L’ultima a riuscire in una cosa del genere tale Serena Williams tra Miami e Roma nel 2013. Aggiungiamo anche un altro dettaglio, che come nel caso di Alacarz è un termometro sulla dimensione dell’atleta: il rendimento nelle finali. Ecco, la Swiatek non solo ha fatto 7 su 7 nelle finali giocate da Roland Garros 2020 a oggi, ma le ha vinte distruggendo letteralmente le avversarie. 6-4 6-1 alla Kenin (RG). 6-2 6-2 alla Bencic (Adelaide). 6-0 6-0 alla Pliskova (Roma). 6-2 6-0 alla Kontaveit (Doha). 6-4 6-1 alla Sakkari (Indian Wells). 6-4 6-0 alla Osaka (Miami). 6-2 6-2 alla Sabalenka (Stoccarda). Ora, se non vi piace il tennis femminile è un altro discorso, ma affermare che manchi una giocatrice di livello è una grandissima fesseria. Iga Swiatek non è forte: è fortissima.
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