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Le pagelle degli US Open 2019: Nadal+Medvedev, finale indimenticabile

Simone Eterno

Pubblicato 09/09/2019 alle 12:29 GMT+2

Tra vincitori, vinti, sconfitti, sorprese, delusioni, giovani e italiani, diamo come al solito i voti. Da Nadal, vincitore di una delle sue più complicate finali della carriera a Daniil Medvedev, primo ed autentico 'NextGen' a dimostrare un altissimo livello. Ma anche la semifinale record di Matteo Berrettini, la crisi di Serena e il titolo della tostissima Bianca Andreescu.

Rafael Nadal e Daniil Medvedev al termine della finale degli US Open 2019

Credit Foto Getty Images

I vincitori

Rafael Nadal. Se il cammino fino alla finale era stato una sorta di passeggiata, l’ultimo atto ha portato a Rafa il conto e con gli interessi. Il 19esimo titolo dello slam vinto dal maiorchino è stato probabilmente il più complicato tra tutti quelli conquistati; e trovare gli aggettivi è come al solito esercizio difficoltoso. Resistente, probabilmente, è quello che più si addice alla carriera non solo di un lottatore, ma di un guerriero in grado di non perdere un briciolo della sua tempra col lo scorrere del tempo e il riempirsi della bacheca (oltre che del portafogli, cosa da non sottovalutare oggi come oggi e basta guardarsi intorno per capirlo...). In qualche modo Nadal ha ancora una volta rifiutato il concetto di sconfitta. E ancora una volta il ‘trucchetto’ nella sua mente ha funzionato. Semplicemente troppo grande per rimanere dentro le definizioni. Voto 10 e lode. Alla leggenda.
Bianca Andreescu. Nella conferenza post-finale ha raccontato di aver visualizzato ‘il momento’ per una vita. Tra il dire e il fare però, dicono, ci sia di mezzo il mare. E lì dentro la Andreescu ha nuotato come la più abile delle veterane in acque libere. Che 'tipo' questa ragazza, che non ha praticamente mai tremato e si è sempre tirata fuori da ogni singola situazione complicata con una freddezza glaciale. Insomma, nel tennis femminile alla caccia di una personalità dominante – più che di una giocatrice di vero spessore – quella di Bianca Andreescu è una candidatura molto forte. Voto 10. Ai nervi d'acciaio.
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Bianca Andreescu, US Open

Credit Foto Getty Images

I finalisti

Daniil Medvedev. Un’estate fantascientifica. Non si erano mai viste 4 finali consecutive sul cemento americano (che comprendessero US Open). Non si era mai visto un tennista della cosiddetta nuova generazione giocare al livello dei soliti noti. Non si era quasi mai visto nessuno rimontare Nadal da 2-0 e metterlo alle corde (tutt’oggi resta Fabio Fognini l’unico ad averlo fatto in uno slam). Non si era mai visto nessuno mandare a quel paese la città di New York e poi riconquistarla nel giro di 7 giorni. Non si era mai sentito un discorso così sincero, senza i soliti fronzoli o le frasi fatte di rito al termine di una finale. Non si era mai visto, insomma, nessuno, tra i nati dopo il 1990, come Daniil Medvedev. Voto 10. Alla personalità.
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Medvedev la prende con ironia: "Se avessi vinto io, che cosa avreste fatto vedere?"

Serena Williams. Agatha Christie diceva “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”. Figuriamoci quattro. Qualcosa si è rotto dentro la testa della Williams, capace sì di arrivare sempre fino in fondo... Ma da un paio d’anni a questa parte di vincere nemmeno l’ombra. Maledizione? Solo per gli scaramantici. La verità più che altro pare un’altra: Robertina Vinci fece cadere davanti al mondo il gigante Serena; e da quel giorno ci credono un po’ di più tutte quante. Tutti i ko di Serena in finale, infatti, sono più che altro partite vinte dalle altre. Unica cosa che deve preoccupare sul serio la Williams è il ‘come’: dopo Wimbledon, infatti, anche qui, si è rischiata l’imbarcata (6-3, 5-1 e match point). Voto 7. Alla certezze sì, ma non più quelle di un tempo.

Gli sconfitti

Novak Djokovic. Sconfitto, più che altro, dalla propria spalla. A dimostrare che anche lui, come noi, è essere umano; e dunque rispondente alle logiche legate alla carne e ossa. O dei muscoli, in questo caso. Quelli della spalla sinistra, fatale al serbo e decisivi per metterlo fuorigioco così in anticipo rispetto al solito. Tornerà, ne siamo certi. D'altra parte l'obiettivo per quelli là è settato da tempo ormai: superarsi a vicenda. Nel mentre... Voto 6. Ai malanni.
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Il trainer alle prese con la dolorante spalla sinistra di Novak Djokovic durante gli US Open 2019: Nole sarà poi costretto al ritiro agli ottavi

Credit Foto Getty Images

Simona Halep. L’attendevano tutti. E del resto dopo una finale giocata così a Wimbledon non poteva essere altrimenti. Per Simona però hamburger e patatine si sono dimostrati ancora una volta indigesti, come del resto avviene ormai da tre anni a questa parte: primo turno, primo turno, secondo turno. Voto 4, insomma. Alla Citrosodina.

Le sorprese

Grigor Dimitrov. Mettiamola così, in tutto l’anno in qualsiasi evento giocato mai oltre i quarti di finale. Dal Roland Garros in poi, in particolare, 5 sconfitte al primo turno su 6 tornei giocati. Dimitrov insomma si presentava a New York da ‘signor nessuno’ (fuori dai primi 70!) e da signor nessuno ha eguagliato i suoi migliori risultati in carriera nei tornei dello slam, battendo per altro quel Roger Federer che l'aveva sconfitto 7 volte su 7. Il che è probabilmente il perfetto sunto dell'"io" di Grigor Dimitrov. Voto 8. All’imprevedibilità.
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Dimitrov trova il primo successo in carriera su Federer: il meglio della partita in 200 secondi

Taylor Townsend. A proposito della Halep. Eccola qui, la ragazzona capace di scendere 106 volte a rete ed eliminare una delle tre principali favorite alla viglia del torneo. La buona Taylor ha mostrato al mondo che un altro tennis è ancora possibile; che tutto non dev’essere per forza bordate piatte dal fondo; ci ha ricordato insomma la bellezza della volée e il piacere dell’approccio a rete. E questa, di per se, in quest’epoca di pensiero unico tennistico, è una vittoria. Voto 7,5. Al coraggio.
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US Open: Townsend-Halep 2-6 6-3 7-6, gli highlights

Le delusioni

Stefanos Tsitsipas. E fanno due. Due sconfitte consecutive al primo turno, in uno slam, se fino a 3 mesi fa ti indicavano come “miglior alternativa possibile ai soliti 3”, proprio non te le puoi permettere. E nemmeno se dall’altra parte c’è uno di talento come Rublev. Un modo, per girarla, toccherebbe trovarlo. Invece Stefanos perde partita e anche un po’ il controllo, scagliandosi contro l’intera Francia – rea di aver prodotto un giudice di sedia a lui poco gradito – e chissà quante altre cose ancora. Peccato per lui; per come è venuto fuori quel lato di tabellone avrebbe potuto fare strada. Voto 4,5. All’occasione mancata.
Angelique Kerber. Un’estate da incubo, quella della tedesca. D’accordo, pescare la Mladenovic al primo turno non è il migliore dei sorteggi possibili, ma se c’è una giocatrice che non ne prende più una nell’ultimo periodo è proprio la tedesca. Da Wimbledon agli US Open la campionessa di questo torneo nel 2016 ha vinto una sola partita. Una. Pochino, per una stella che sembra essersi effettivamente nuovamente affievolita. Voto 4. Al periodo.

I giovani

Jannik Sinner. Era il più atteso di tutti tra i nuovissimi volti; e non ha tradito le aspettative. Con un gran primo turno contro uno buonissimo Wawrinka, Sinner ha giocato una partita di grande spessore e alto livello, dimostrando di starci già benissimo su questi palcoscenici. Ne godiamo e ce lo coccoliamo già. Perché a 18 anni, nel mondo, in questo momento, non c’è nessuno di più forte: a livello tennistico e già come classifica. Da oggi infatti è 129. Ed è solo l’inizio. Voto 9. All’impatto nel mondo dei grandi.
Coco Gauff. Call me Coco. Non più Cori, ma Coco. Così negli annunci e nei tabelloni ufficiali. Ne ha già fatta di strada la ragazzina – e soprattutto il suo staff fuori – che fiutato il momento ha pensato bene di cavalcare l’onda lanciando il suo brand. Comprensibile. A livello tennistico infatti la 15enne Gauff ha dimostrato di poter fare di nuovo strada e che Wimbledon non è stato affatto un exploit fine a se stesso. Voto 7,5. Alle intuizioni.

Gli italiani

Matteo Berrettini. Se ve lo avessero detto alla vigilia, non ci avreste creduto. E noi nemmeno. Perché da nulla a tutto, dal non aver mai vinto una partita sul cemento americano alla semifinale degli US Open, c’è tutto il sudore, il lavoro, il tennis e la strada del mondo. Matteo Berrettini l’ha fatto persino apparire semplice, quasi scontato in un lato di tabellone che una volta apertosi presentava spazio per tutti. Se l’è preso Matteo e non è stato per nulla un caso. Come un caso non sarà rivederlo a questi livelli ancora in futuro. Voto 9,5. Perché il 10 è solo per chi vince.
Paolo Lorenzi. Normalmente questo sarebbe lo spazio dedicato a Camila Giorgi, unica azzurra in tabellone femminile ormai da anni; ma visto che del match con Sakkari c’è ben poco da dire il suo posto se lo prende Paolone Lorenzi. Da lucky loser con uno dei migliori slam della sua carriera in una stagione dove, diciamocelo chiaramente, sembrava essere veramente finita. Che torneo per Lorenzi, fino al terzo turno e da applausi anche nei 3 set persi – ma tutti super lottati – con Wawrinka. A dimostrazione che il cuore di questo ragazzo non ha mai fine. Voto 8. All’occasione sfruttata.
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