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Federer-Nadal 2008, una finale all'origine del mito

Fabio Disingrini

Aggiornato 11/07/2019 alle 21:35 GMT+2

Undici anni fa, il 6 luglio 2008, Rafael Nadal e Roger Federer hanno giocato la più epica delle loro sfide: era la finale di Wimbledon che, all’origine del mito, ha riscritto la storia del tennis.

Roger et Rafael Nadal, l'un vaincu, l'autre vainqueur, mais tous deux réunis pour l'éternité à travers ce match de légende.

Credit Foto Eurosport

C’erano una volta Björn Borg e John McEnroe con le loro leggendarie finali di Wimbledon. Il primo aveva portato il gioco di resistenza da fondo campo alla massima espressione, con un rovescio a due mani che sembrava uscito da una mazza da hockey e invece ha fatto la rivoluzione. L’altro stava elevando il tennis d’attacco alla sua forma più completa, con la carezza della volée più bella del mondo. C’erano una volta, e ci sono ancora, Roger Federer e Rafael Nadal diarchi del nuovo millennio: poesia in movimento ed eleganza brutale, sfida esemplare di talento e forza. Federer che fa dell’arte di giocare a tennis un’invenzione costante, Nadal che è il più straordinario corpo atleta della storia sportiva.
Il 6 luglio 2008, sul campo centrale di Wimbledon, Rafael Nadal e Roger Federer hanno svelato una magnifica estetica di pienezza espressiva e ci hanno accolto nel loro spazio emozionale. La numero diciotto delle loro infinite sfide, dal suo più antico epicentro, ha riscritto la storia del tennis e ci ha cambiati per sempre. Era una finale di Wimbledon che poteva dirsi semplicemente bella. Invece è stata sublime.
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Un minuto, tre punti: Federer e Nadal, l'inizio di una battaglia infinita...

Credit Foto Getty Images

I – 28 giorni dopo

Un trionfo assoluto, una débâcle totale. Per il quarto anno consecutivo, il destino del Roland Garros si compie tra Rafael Nadal e Roger Federer: dalla loro prima volta a Parigi, nel 2005 in semifinale, a questi tre epiloghi che, dal 2006 al 2008, formano tutti insieme la tetralogia Nadal. Al Roland Garros vince sempre Rafa, però l’8 giugno 2008 Nadal non s’accontenta di battere Federer: lo demolisce. Se infatti negli altri match parigini Federer aveva sempre vinto un set prima di cedere al quarto, stavolta Roger raccoglie solo 4 giochi nell’arsura di un campo rosso come il sangue: 6-1, 6-3, 6-0. Una disfatta nel giorno in cui tutti capiscono che Federer non potrà mai battere Nadal al Roland-Garros. Anzi, a prova d’evidenza, Rafa è pronto a estendere il suo regno fin qui delimitato dalla Porte d'Auteuil: sfidare Federer a Wimbledon, mirare al cuore dell’impero nemico per un’impresa a lui solo possibile.
Per capire bene la portata dell’evento, Federer è imbattuto sui campi dell’All England Club dal 2002 e su erba da 59 incontri, cinque volte vincitore di Wimbledon ma soprattutto, dopo aver perso in finale il Roland Garros, per due anni ha domato Nadal sul Centre Court. Eppure l'umiliazione parigina dell'8 giugno 2008 getta una luce diversa sul rapporto tra i due campioni perché la loro rivalità ha toccato un punto di non ritorno che nulla, nemmeno Wimbledon, potrà fermare. Così, mentre il Daily Mail titola provocatoriamente "Federer è morto?" il giorno del sorteggio ai Championships, Roger prova a cancellare la disfatta di Parigi nel suo giardino di Halle, sollevando la grossa coppa incastonata del Gerry Weber Open senza perdere nemmeno un set.
Nadal sta però cavalcando un'onda implacabile che, gettando un ponte Oltremanica, lo porta a Londra già il giorno dopo il successo del Roland Garros. Passa una settimana e Rafa ha già vinto il Queen’s come suo primo titolo sull’erba. Sintomatico, Björn Borg fa un verdetto alla vigilia di Wimbledon in cui pronostica Nadal vincitore del torneo: «Dopo di lui, la mia seconda scelta è Djokovic, poi Roger». E se Nadal respinge ogni previsione rimandando al campo, Federer mostra una piccola crepa nella sua elegante armatura, seccato da tutte queste critiche: «Non posso controllare ciò che gli altri dicono o pensano, certo che alcune persone parlano un po’ troppo».
Sei mesi prima, battuto da Novak Djokovic in semifinale agli Australian Open, tutti s’accorsero che Federer aveva creato un "mostro”, così vorace da offendere il suo pubblico alla prima sconfitta. Tutti coloro che gli proibivano di perdere, adesso gli vietano di credere nella vittoria: «Il vento sta cambiando! - sorride l'ombroso Roger - Non sono deluso da ciò che ha detto Björn, però lo trovo sorprendente perché, per me, sono ancora il grande favorito di Wimbledon».
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Federer e Borg al Roland Garros 2008

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Del resto, non tutti sono proprio d’accordo con Borg. Per esempio Pat Cash, che ha vinto Wimbledon nel 1987, pensa che Federer trionferà per la sesta volta ma «Ciò non significa che Nadal non possa batterlo!». Anche per Mats Wilander vincerà Roger eppure, un anno prima, «Accorgersi di quanto Rafa fosse vicino a Federer anche sull'erba è stato uno shock: ho pensato wow, è davvero così alto anche a Wimbledon il suo livello?».
Due settimane più tardi, Roger e Rafa sono al rendez-vous perché niente ha potuto fermare la loro marcia verso la finale. Lo spagnolo ha perso solo un set contro Gulbis al secondo turno, poi ha travolto tutti sulla sua strada squartando il campo col suo grido ferino: perfino un ambizioso Andy Murray enfant du pays ai quarti di finale. Federer fa anche meglio perché non spende mai più di due ore in campo senza concedere nemmeno un set e, rifatti i conti dalla tragica finale del Roland Garros, ha vinto 11 match e 28 set consecutivi, imbattuto su erba da 65 partite. Marat Safin è l’ultimo ostacolo di Federer prima della finale e crolla in tre set: «Mi sembra ormai evidente che io non possa battere Roger a Wimbledon, però Nadal sta giocando a un tale livello… Ha appena vinto il Queen's e il campo, dopo due settimane di torneo, è molto meno veloce. Per batterlo, Federer dovrà essere perfetto! giocare il suo miglior tennis».
Nelle nostre due prime finali di Wimbledon, tutti, me compreso, davano Federer favorito. Anche nel 2008 sapevo di non esserlo, però pensai per la prima volta di potermela giocare alla pari. (Rafael Nadal in Rafa. La mia storia)
La sconfitta in finale a Wimbledon nel 2007, dopo aver avuto palle break all’inizio del quinto set, aveva distrutto Rafa: «Mi ha umiliato, ho pianto così forte negli spogliatoi, lacrime di delusione e rabbia verso me stesso. Sentivo d’aver sprecato la mia unica chance di vincere Wimbledon». Un anno dopo, la stessa finale è la storia di una doppia ferita da medicare, solo che quella di Nadal sanguina già da un anno mentre Federer è stato investito da appena 28 giorni. Il 6 luglio, una di queste ferite diventerà una magnifica cicatrice, l’altra sarà come una vena aperta.
Rocky e Terminator
Come ogni anno a Wimbledon, Nadal affitta una casa a Londra dove può alloggiare con tutta la sua famiglia. Così, quando torna dall’All England Club, lo spagnolo si dedica alle sue passioni: il barbecue e i DVD. «Ha visto un documentario sulle più grandi partite di calcio della storia, poi Rocky e Terminator», disse il giornalista spagnolo Neus Yerro, inviato del Guardian il giorno prima della finale. Hasta la vista, baby. Rafa è pronto a salire sul ring.

II – Fenomenologia dell’evento

Sono le 14:23 quando Roger Federer e Rafael Nadal, il secondo davanti, fanno il loro ingresso sul Centre Court di Wimbledon. La pioggia, miglior attrice non protagonista di certe giornate londinesi, tarda la loro apparizione di mezz’ora e la BBC filma quasi ossessivamente questa infinita attesa. Nelle loro ultime interviste al microfono di Sue Barker, quelle al varco del campo centrale, Roger e Rafa parlano meccanicamente, il loro pensiero è già altrove. Sono sempre risposte semplici a domande (diciamolo) inutili, però Federer ha un segno premonitore: «Sarà una lunga giornata». Non ne ha nemmeno idea.
Alle 14:35, luminata dall’unico raggio di sole fino al tramonto, comincia la sesta finale del Grande Slam tra Roger Federer e Rafael Nadal. Il difensore del titolo è al servizio in un clima di palpabile eccitazione e servirà davvero poco per mandare il pubblico in estasi.
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Rafael Nadal e Roger Federer entrano sul Centrale di Wimbledon, è il 6 luglio 2008

Credit Foto Getty Images

Ivan Lendl ha detto un giorno: «Nel tennis, ci sono due punti importanti, il primo e l’ultimo». Quel giorno, il 6 luglio 2008, Rafael Nadal lì vincerà entrambi. Il primo punto è già epico: quattordici colpi d’un’intensità straordinaria e infine un dritto lungolinea di Rafa che trafigge Federer. È il leggendario gancio con cui Nadal scolpisce ogni successo, con il top-spin più letale nella storia del tennis: un’arma forgiata nella fucina della biomeccanica, con un tiro di cinquemila giri al minuto e il peso di una straordinaria rotazione al di sopra delle nostre capacità valutative. «Il primo punto è sempre importante, specie in finale a Wimbledon», confermerà anni dopo lo spagnolo, come a confermare le parole di Lendl.
Avevo scaricato tutta la mia tensione in ciascuno dei sette colpi che ho tirato. Era il primo punto della finale e mi sentivo così disteso: ne avevo proprio bisogno. (Rafael Nadal)
Questo scambio inaugurale dice già molto, se non tutto, della nascente finale: traccia la durezza del combattimento e il suo esito, ma anche ciò che è diventato il gioco sull'erba. Nel suo libro Colpi di geni dedicato alla finale di Wimbledon 2008, Lewis Jon Wertheim ricorda che, venticinque anni fa, solo uno scambio della semifinale tra Ivan Lendl e John McEnroe era andato oltre i sei colpi. Sei! Nemmeno la metà del primo punto tra Nadal e Federer che, forte della prima di servizio, vince i quattro punti successivi e tiene la battuta. Poco importa: Nadal ha già aperto un varco e pochi istanti dopo, alla prima palla utile, Rafa sale di un break che per Federer è come un montante sul gong. Sì perché, per tutto il torneo, il servizio dell’elvetico era stato praticamente perfetto ed era dagli ottavi, incredibile a dirsi, che non cedeva la battuta.
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6 luglio 2008, un duello interminabile...

Credit Foto Eurosport

È solo il terzo game e Nadal è un predatore che fiuta l’odore del sangue mentre Federer spreca, come ipnotizzato, le tre chance del contro-break: la prima nel game seguente, la terza nell’ultimo del set, su una seconda docile di Rafa, affossando il rovescio in rete. Così, in 48 minuti, Nadal è avanti 6-4 e glie ne basteranno altrettanti per vincere anche il secondo set: con lo stesso punteggio perché Federer, avanti 4-1, si spegne sotto i colpi avversari, ombra del campione invincibile che fu su questo campo.
Un incredibile lustro di tempo
Prima della finale del 2008, Federer vinse 65 match consecutivi sull’erba, di cui 40 a Wimbledon. Il dominio di Roger sui campi del Championship è talmente schiacciante che, in 6 anni, ha perso solo 8 set. Solo Fish, Hewitt, Kiefer, Ferrero, Nadal e Andy Roddick gli hanno strappato un parziale e quest’ultimo è stato l’unico a riuscirci da parità di punteggio. Inoltre, solo una volta Federer è stato portato al quinto, perciò il suo score a Wimbledon (dall’edizione del 2003) è di 33 vittorie in 3 set, 6 successi in 4 parziali e un trionfo, contro Rafa in finale 2007, al quinto.
La verità è che Federer soffre maledettamente Nadal. In quei giorni non può mai ammetterlo - «Non penso mai alla finale del Roland Garros, domenica non avrò ripercussioni», diceva dopo la semifinale contro Safin e ci vorranno nove anni, ovvero la nemesi di Melbourne dopo un’altra miracolosa finale, per strappare a Roger la più “facile” delle confessioni: «Continuo a credere di aver perso a Wimbledon contro Rafa per colpa di quella dura sconfitta al Roland Garros». Patrick Mouratoglou spiega invece così i primi due set della finale di Wimbledon: «Roger ha rivisto il suo carnefice dall’altra parte della rete e ne ha avuto paura finché non ha pensato alla sconfitta, che per un campione come Federer è l’unico istinto di sopravvivenza».
Il problema è che Roger, a quei tempi, affrontava troppo spesso Nadal sul rosso ed è come se questo durissimo standard di sconfitte (9-1 prima della finale di Wimbledon 2008, ndr) l’avesse fatto cadere in un baratro. (Mats Wilander)
Federer è sotto due set a zero in finale a Wimbledon: qui dove non perdeva un parziale da 26 partite, ovvero dall’epilogo del 2004 contro Roddick. Prima della débâcle, ovvero dalla semifinale del Roland Garros contro Monfils fino a questo giorno verde tenebra, dei 35 set giocati Roger ne ha persi solo cinque. Tutti contro Nadal. Rafa lo mortifica, gli toglie un tempo di gioco, rompe tutti i suoi schemi, tira tutto indietro. Non è più Nadal ma Roger che adesso, dopo aver perso i primi 2 set, deve tentare un’impresa praticamente impossibile: qualcosa che in finale non si compie da Henri Cochet nel remoto 1927. Al momento del 6 luglio 2008, Federer non è più il campione invincibile di Wimbledon, bensì un antagonista in balia della più grande rivalità nella storia del tennis.

III - Il re è vivo

Con i “se” potremmo riscrivere la storia. Perfino distruggerla se Nadal avesse convertito una delle tre palle break, da 0/40, sul 3-3 del terzo set. Rafa avrebbe allora vinto il primo titolo a Wimbledon con un triplo 6-4 e il pubblico si sarebbe gustato il suo tè delle cinque. Invece siamo solo all’inizio della nostra magnifica domenica perché Roger, vincendo i prossimi due set, ha salvato la gloria dell'impresa mischiandola così squisitamente all'estetica della sconfitta. Perfino Nadal lo sa:
Ero in vantaggio di due set ma mi sentivo così nervoso, mentre Roger sembrava così calmo, come se si fosse liberato d’un fantasma. Solo più tardi ho capito che sono certi momenti, in cui il dramma raggiunge il suo culmine, ad aver reso questa finale di Wimbledon così speciale. (Rafael Nadal)
Qui Federer si trasforma perché il suo Wimbledon non è il Roland Garros di Nadal. Roger riemerge dall’apnea e si libra a rete come una fenice, danza su un filo dorato, agita la folla che sembra Connors, eleva il suo gioco alla materia dei sogni. Il settimo game del terzo set è uno dei simboli della finale, è l’entropia del disordine in cui si fonda il sublime, ma sul 5-4 la pioggia sospende questa magia per ottanta lunghissimi minuti. Lo spagnolo ha i nervi tesi e chissà se questa pausa gli farà bene. Alle 18:10 Federer e Nadal tornano in campo ed è subito tie-break: la tensione di Rafa riecheggia ancora, Roger vince il terzo set 7-6 (5).
Quando Mirka s’arrabbia
Se Roger Federer è rinato dopo quella lunga sospensione per pioggia - di 80 minuti sul 5-4 del terzo set - il merito potrebbe essere di Miroslava Vavrinec, che noi tutti conosciamo come Mirka. Lei era già lì che l’aspettava negli spogliatoi:«Sei Roger Federer, SEI Roger Federer!». Parole urlate dalla sua compagna di vita e riprese da Jon Lewis Wertheim nel suo libro Colpi di geni.
Il quarto set è un miracolo tennistico perché Federer e Nadal si spingono al limite e lo varcano. In termini di pura qualità di gioco, questo è il migliore momento della finale e non ci sarà nemmeno una palla break. Roger dipinge arcobaleni bellissimi, Rafa li cancella col suo pugno ferino, è una pantera bianca che squarcia il prato correndo e i suoi muscoli brillano come lame tagliando l’aria. Al tie-break, Nadal sale 4/1 e 5/2 con due servizi: se vince i prossimi due punti, il match è finito. Il dolce gusto della vittoria, non era mai stato e non sarà più così, umanizza l’eroe Nadal che adesso è come spaventato all’idea di battere Federer. C’è un intero capitolo nella biografia di Rafa che si chiama “La paura di vincere”:
Servivo sul 5/2 pensando che stavo per realizzare il sogno della mia vita… Fu la mia rovina. Sono rarissimi i momenti della mia carriera in cui ho pensato di vincere prima di vincere. Non c'è niente di illogico: i nervi stordirono tutto il resto, mi sentii come sull'orlo di un precipizio, avevo così paura di battere quelle due palle. (Rafael Nadal)
Doppio fallo. Nadal si volta verso lo zio Toni e sorride d’un riso che sa di crollo emotivo. Il punto seguente è infatti uno dei più docili mai battuti da Rafa, che lo chiamerà «Servizio codardo» perché lui è il peggiore critico di sé stesso. La palla passa a Roger e il punteggio è subito rovesciato: da 5/2 Nadal a 6/5 Federer. Il mancino di Manacor ha gli occhi bassi e trema appena mentre si terge compulsivo: lo fa tra ogni punto e si sente solo l’ovazione del pubblico che pretende un ultimo maestoso atto. Tutti tranne, forse, Björn Borg cinicamente inquadrato sugli spalti.
Set-point. Federer risponde mettendo subito lo scambio sulla diagonale del rovescio che, dieci anni fa, non misurava di certo il tennis di Nadal: lo svizzero comanda il rally in spinta ma quando cambia di dritto, sventaglia in corridoio. Sei pari. Roger mette i piedi in campo e tira un dritto sulla riga centrale, Rafa è già saldo, scarica nelle corde tutto il peso del suo corpo stupendo e passa. Match-point, servizio vincente di Federer. Sette pari, seconda di servizio. Roger accelera un dritto, che stavolta è angolatissimo, scendendo a rete: Nadal si getta sulla palla, l’aggancia ed esplode un passante lungolinea di cifra distintiva e rarissima bellezza. Roger sembra rassegnato. Secondo match-point. Stavolta attacca Nadal, stavolta è Federer a giocare il passante di rovescio, illuminandosi d’immenso.
Non ne avevo mai giocato uno in tutto il match, non ero mai riuscito a passarlo di rovescio. Avvicinandomi alla palla pensavo: adesso è proprio finita. È stata invece una sensazione incredibile. (Roger Federer)
Otto pari. Roger butta Rafa fuori dal campo e segna incrociando di dritto. Nove-otto. Seconda di servizio: Federer la batte in kick centrale con un rimbalzo altissimo, Nadal si scompone e risponde fuori. Set Federer: 7-6 (8), si va al quinto set, che meraviglia. Tutti pensano a Borg e McEnroe che, ventotto anni prima, hanno scritto un tie-break nel’antologia di Wimbledon. Era il quarto set e lo vinse l’americano, prolungando la finale del 1980 al quinto, con un leggendario 18/16. Qui intanto sono le 19:30 e per Nadal è tutto da rifare mentre i sudditi inglesi gridano Lunga vita al re.
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La rinascita di Federer nel terzo set

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IV - Fino alla fine del giorno

Alla fine del quarto set sono stati giocati 302 punti: 151 li ha vinti Nadal, altrettanti Federer. È il perfetto equilibrio di una finale che, dopo i due match-point falliti da Rafa, sembra aver toccato il suo vertice emotivo. Invece è il sublime che, per grande stupore, travolge ogni forma di comprensione. Di fatto, per la prima volta nei parziali, inizia a servire Federer: «In queste condizioni - dice Juan Carlos Ferrero - un giocatore normale al posto di Nadal sarebbe crollato». Un essere umano…
Assaporando la vittoria, ho rovinato tutto. Dovevo ripartire da zero e ho visto le cose in modo pratico: resistere significa accettare, accettare le cose per come sono e non come vorresti che fossero. (Rafael Nadal)
Ancorati al naufragio s'affonda, ma Nadal è il più grande combattente nella storia del tennis. «Rafa è di un'altra dimensione - afferma Mats Wilander - è un guerriero che deve vincere, come un animale per cui è questione di vita o di morte. Ecco perché non fui affatto sorpreso della reazione di Nadal nel quinto set». Lo spagnolo ha un piano che pare semplice: «Non devo strafare per togliergli il servizio - svelerà nella sua biografia - devo concentrarmi sui miei game per frenare il suo slancio, tenere la battuta, fermare la sua rimonta». Così Federer avrà una sola palla break a metà parziale fino al quindicesimo game: quando la sua ora sarà vicina, quando Rafa non fallirà più l’appuntamento con la storia.
Nadal serve per il titolo alle 21:10 e il tramonto è previsto alle 21:19: sono 540 secondi di conto alla rovescia. Nove minuti che separano Rafa dal mito. C’era stata una sospensione per pioggia, l’ultima, anche sul 2-2 del quinto set: mezz’ora d’estenuante attesa. Qui una normale partita sarebbe stata rimandata, però domenica è il giorno della finale e non c’è un domani… Quindi Nadal e Federer, campioni eterni, dureranno fino alla fine del giorno e oltre.
Quando mi sono alzato per andare a servire, ho solo pensato: ma io non vedo più niente! (Rafael Nadal)
Invero, durante l’ultimo cambio campo, il giudice di sedia Pascal Maria decide di sospendere la finale in caso di contro-break Federer e otto pari: si gioca fino alla fine. Ma a Wimbledon, e più in generale negli slam, mentre la luce cala il pubblico si scalda, così eccitato e partecipe a un prodigio di coesione emotiva. Non da meno i finalisti che s’immergono à la fin dans le noir fino a completarsi.
E luce fu
C’è un aneddoto che rivela quanto il pubblico inglese abbia scaldato la finale di Wimbledon. Sul Championship Point di Nadal, gli spettatori fecero registrare un picco impressionante di consumo energetico: 1400 megawatt, l'equivalente di 600.000 bollitori del tè. In tutto il Regno Unito, non s’era mai verificato questo dato in un periodo ristretto a cinque minuti: davanti alle televisioni britanniche, durante l’ultimo game, ci fu un tale coinvolgimento che nessuno s’alzò dal divano malgrado il sole fosse già tramontato. Tutti seguirono gli ultimi punti della finale al buio, accendendo la luce solo a fine partita… Per illuminare Nadal e la sua nuova coppa sul palco del Centre Court.
C’è una ragione in più: questa finale è stata l’ultima partita del Centre Court prima della costruzione del tetto e per questo, un anno dopo, la drammaturgia del match sarebbe sfumata senza l’incanto di un tramonto sull’erba. Indoor, a campo coperto, avrebbe vinto Federer. Invece Roger ha gli occhi persi e la bocca triste: «È stato difficile perdere così. Immersi in questa atmosfera speciale, mentre il sole tramontava sulla finale, avrei voluto vincere un’altra volta come Pete contro Rafter».
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21h15: quando scende la notte, Rafael Nadal vince il suo quarto match point

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Nasceva il Duemila e Sampras vinse il suo settimo e ultimo Championship sul calar della sera. Per Roger non sarà così perché il suo ultimo dritto, affossato in rete alle 21:15 di domenica 6 luglio 2008, gli sarà fatale. Dopo 4 ore e 48 minuti di tennis divino, Rafael Nadal chiude gli occhi e si sdraia esausto sul sacro campo di battaglia: ha vinto Wimbledon, ha fatto l’impresa, ha sconfitto Sua Maestà Roger Federer.
Poco più che un dettaglio il passaggio dello scettro di numero 1 al mondo, dopo quasi un lustro di tempo, fra chi s’era spartito il dominio sul vecchio continente: a Rafael il rosso il regno d’occidente, a Roger magno la corona di sacro imperatore. Quando invece il nuovo re del tennis alza il trofeo, la notte ha finito di avvolgere il campo centrale. Eccolo il capolavoro finalmente svelato. Il miracolo s’è compiuto ed è un momento di magia infinita: «Un'iniezione di pura gioia».
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Rafael Nadal esulta dopo la storica vittoria a Wimbledon 2008 contro Federer

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V – Paradiso, inferno e ritorno

Ero al culmine della mia carriera? Questo match, in questo luogo, con questa tensione, le sospensioni, il tramonto, il numero uno contro il numero due, il ritorno di Roger, la mia resistenza e, dopotutto, la mia tenuta mentale sul campo, ossessionato com'ero dalla sconfitta di un anno prima… Sì, è quasi impossibile immaginare che un'altra partita possa essere così intensa di drammi ed emozioni. È stata una felicità immensa. (Rafael Nadal)
Nadal è stato la mia sfida più complicata. Mi ha portato al limite e poi oltre. Ecco perché sono il primo tifoso di Rafa e questa finale slam, qui e ora, è qualcosa d'irreale. (Roger Federer agli Australian Open 2017)
Il 6 luglio 2008, Nadal vince il suo quinto titolo slam: ne verranno altri dodici. Un anno dopo, Rafa s’impone agli Australian Open e nel 2010 vincerà perfino tre prove: il solito Roland Garros, un altro Wimbledon, il primo US Open. Dal suono veloce dei nuovi mondi alla terra rossa del vecchio continente, c’innamoriamo del tennis, innamorati dei suoi due grandi campioni. Come una Primavera di Vivaldi, come l’Inno alla gioia, cogliamo tutta la magnifica forza di Rafa che scava baratri correndo e affonda il colpo nella carne, trapassando il nemico con l’arma lucente.
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31 anni dopo Pat Cash, Rafael Nadal si arrampica sugli spalti per unirsi ai suoi cari...

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Sono passati dieci anni da quando sfogava la sua furia coi capelli lunghi, la maglia smanicata e un destino da leggenda. Oggi Nadal, come l'Orfeo, è sceso agli inferi per lavare un’impossibile normalità. Lui che degli antichi eroi ha la forma sovrumana, che rifiuta la sconfitta, che travolge l'età e la fisica, e bacia Parigi con la passione degli dei. Come nell’Inferno dantesco di chi non sa vedere il presente ma può ben predire il futuro, dal canto X della Divina Commedia all’undicesimo Roland Garros, Nadal è tornato dall’Ade al suo trono naturale, ha scalato un muro di terra e di tombe scuotendo il cielo, salvando il regno.
Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti, che non hanno mai inciampato. La loro è una virtù spenta, di poco valore, a loro non si è svelata la bellezza della vita. (Boris Pasternak, Il dottor Živago)
Roger Federer, sconfitto a Wimbledon da Nadal, aveva già vinto 12 slam e si rifà a fine estate ergendosi, per la quinta volta consecutiva, agli US Open. Capita perfino che Roger, fuori Rafa contro Soderling nell'upeset più famoso del tennis, vinca il Roland Garros e che un anno dopo il prodigio, per colpa di un infortunio, Nadal non possa difendere il titolo a Wimbledon. Sul campo centrale dell’All England Club, Federer gioca un’altra finale epica, stavolta contro Roddick, e la vince 16-14 al quinto set. All’alba d’un nuovo decennio, Roger s'impone subito gli Australian Open, poi il settimo titolo di Wimbledon nel 2012 contro Andy Murray, eguagliando il record di Pete Sampras. Federer ha trent’anni e mentre alza la coppa più famosa del mondo, sono molti a credere che quello sarà il suo ultimo titolo slam.
Il crepuscolo del 6 luglio 2008 Federer lo rivive negli anni in cui, di Roger, resta solo l’infinita grazia. Lui che del tennis è poesia in movimento, che fa di quest’arte un’invenzione continua. Ultimo prode romantico, statuto fondativo e gentilizio della nobiltà di corda, unico depositario di un tennis classico nella sua magnifica idea postmoderna. Roger Federer, uno e trino, è amato nella vittoria e amatissimo nella sconfitta. Gli anni passano e nessuno si chiede più realmente se una sua finale sia stata l'ultima, ma a quando la prossima.
Federer svela quella bellezza transitoria che noi desideriamo vedere altre volte. Meglio allora arrivare alla questione estetica per vie trasverse, girarci intorno o, come faceva Tommaso d’Aquino col suo soggetto ineffabile, cercare di definirla in termini di ciò che non è. (David Foster Wallace, Il tennis come esperienza religiosa)
Non saranno altre pagine celebrative di Roger Federer, che svuota l’azione sportiva da ogni linguaggio nell’epoca della sovraesposizione mediatica. Come una cavalleria rusticana quando gioca contro Nadal nella disputa dei sacramenti. È come uno smoking bianco sporcato a Wimbledon dalle suole di Novak Djokovic: l’uomo che ha reso Roger il più grande uomo del tennis anche nella sconfitta; Nole ricordato a margine per averlo battuto due volte, in finale, nel suo anfiteatro. Sono altre pagine celebrative di Roger Federer perché è il destino degli eroi romantici, ma basterà lo spettacolo della bellezza ad addormentare i dolori in noi tristi mortali?

VI – Il ritorno degli eroi

6 luglio 2008. 12 luglio 2019. A undici anni dal prodigio, Roger Federer e Rafael Nadal sfilano sul green carpet di Wimbledon e sono perfino più belli: meglio invecchiano e più risplendono, come solo può succedere a chi abita il sublime. Con Djokovic, come nell’epoca scorsa, sono i migliori due giocatori del mondo, loro che hanno traversato e sconfitto almeno tre generazioni di tennisti. Con Djokovic, hanno vinto insieme le ultime 9 prove del Grande Slam. Insieme perché Federer e Nadal si completano nella loro sfida archetipica, elevandosi alla massima espressione. Insieme perché Roger e Rafa non possono fare a meno uno dell’altro nella loro idea di tennis metafisico.
«Nadal è la materia nera che di rado Federer restituisce alla luce» (André Scala).
Di un’altra data epocale, nei giorni dell'undicesimo anniversario di Wimbledon, abbiamo bisogno come ossigeno. È la sera del 29 gennaio 2017 nell’arsura del cielo australe. A Roger vorresti prendere le mani e berci dentro. Rafa invece lo vorresti scolpire nel bronzo, coi muscoli d'ercole e le scarpe di mercurio, le stille di sudore e la spada di grafite. Il dono della finale s’è compiuto anche dall’altra parte del mondo e FedererNadal può dirsi una parola sola.
Ora che abbiamo assistito al più grande spettacolo della bellezza in una perfetta sintesi di grazia del gioco e materia resistente: 6-4, 3-6, 6-1, 3-6, 6-3. Numeri scolpiti in 3 ore e 38 minuti di liturgia sportiva. A Melbourne, Roger ha vinto per integrare la forza di Nadal, Rafa ha perso perché Federer diventasse leggenda. Qui dove la gloria dell'impresa si mischia all'estetica della sconfitta. Oggi che Federer è il campione dell'incredibile e Nadal il suo Grand Diable di ragione esistenziale.
Roger Federer, lui e il suo segreto inaccessibile, qualcosa che ha che fare col mistero e la metafisica. Qualcosa che gli ipertrofici pettorali di Nadal non potranno mai custodire. (Giorgio Porrà)
Roger e Rafa sono caduti, sono cambiati e hanno cambiato il loro tennis in linea evolutiva. Così sono tornati a vincere con una calma esclusiva e undici anni dopo il primo dono, preghiamo un'altra vigilia. Che FedererNadal nella notte dei desideri, ancora qui nel sacro tempio, sveli il sublime d'un primato storico senza scegliere il migliore del nostro tempo. Staremo lì seduti ad ascoltare quel rumore gettato dalle corde. Il suono dolce e tagliente della magnifica pienezza.
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