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Le pagelle di Wimbledon 2018: Djokovic risorto, Federer in lotta contro il tempo

Simone Eterno

Aggiornato 16/07/2018 alle 13:35 GMT+2

Tra vincitori, vinti, sconfitti, sorprese, delusioni e italiani, diamo come al solito i voti: dal ritorno di Djokovic, che come Roger e Rafa passa da 'finito' a 'campione', a mamma Serena, tanto brava quanto fortunata. Ma anche Wawrinka che fa saltare l'artista Dimitrov, le promesse mantenute della Giorgi, il ritorno della Bencic, la rockstar Gulbis e l'amaro in bocca del GOAT Roger Federer.

Novak Djokovic

Credit Foto Getty Images

I vincitori

  • Novak Djokovic. Al minuto 0.44 del video qui sotto, potete ammirare qualche scambio di Novak Djokovic 4 mesi fa. Il serbo, completamente svuotato di ogni forza - mentale, fisica, motivazionale - si faceva cacciare fuori a Indian Wells da Taro Daniel. E usciva sorridendo. Più di una persona, vedendo quelle immagini, pensò "ok è veramente finito". E' un match importante perché Djokovic, proprio lì, toccò il punto più basso. Addio Agassi. Addio Stepanek. Addio Peace&Love. Bentornato Marian Vajda. Quattro mesi dopo siamo qui a celebrare un ritorno che ha dell'incredibile. Già, perché come Roger e Rafa, custodi delle chiavi del 'club Gotha', Novak ha dimostrato di saper rinascere dalle proprie cenerei. Voto 10. All'Araba Fenice.
  • Angelique Kerber. "Se non ci fosse stato il 2017, oggi non avrei vinto Wimbledon". Ragazzi, più chiaro di così. A proposito di gente che si rialza ancor più forte dopo le proprie cadute, eccovi Angelique. O meglio, Angelica, per dirla à la Flavia Pennetta. Mentre le Top10 del tennis femminile erano impegnate a trovare un posto dove far le vacanze nella liberatasi seconda settimana di Wimbledon, la Kerber dimostrava prima a sé stessa e poi al mondo tutto il proprio valore. Solida, solida e ancora solida. Roba che nella WTA di oggi, se sei così e ti dai un po' di costanza, vinci i prossimi 8 slam. Mamma Serena permettendo. Voto 10. Alla teutonicità.

I finalisti

  • Kevin Anderson. Durante la maratona con Federer a una certa qualcuno ha gridato "Hurry up, I need to watch the football". Due giorni dopo, con Isner, a una certa è arrivato qualcun'altro con "Get a shift on, I want to see Rafa". C'è tutta la metafora del Kevin Anderson tennista qui dentro. Uno che mentre gioca le due partite della vita a un livello mai tenuto prima, è invitato a darsi una smossa perché c'è qualcosa di meglio da vedere. Povero Kevin, cornuto e mazziato. Due volte. Pubblico prima e regolamento dopo. Undici ore di battaglia in due partite. Si è presentato in finale uno straccio. Gli è andata bene che non c'era l'Inghilterra a Mosca, altrimenti di sicuro avreste sentito "Finish him Nole, in 30 minutes it starts England". Voto 9. Alla compassione.
  • Serena Williams. Sono francamente combattuto se celebrare l'enorme campionessa capace di arrivare in finale 10 mesi dopo aver partorito e con 13 partite ufficiali nelle gambe, o sottolineare la botta di quella cosa lì che ha aiutato Serena ad arrivarci. Già, perché le due cose sono andate davvero di pari passo. Perché se la Williams è stata straordinaria nel suo ritorno londinese, altrettanto straordinario è il lotto di avversarie mediocri che ha incontrato prima della Kerber. Ma si sa, la fortuna aiuta gli audaci. E Serena è la più audace di tutti. Voto 9. Al karma.

Gli sconfitti

  • Roger Federer. Eh no Roger, questa volta no. La pausa terapeutica non ha sortito gli effetti miracolosi del 2017, quando Federer era sparito per 3 mesi per poi ripresentarsi più forte di prima. La stagione erbivora del GOAT è stata un brucare tendenzialmente amarognolo. Vincitore - con l'ansia - a Stoccarda (Kyrgios a un passo dall'eliminarlo in semi), sconfitto da Coric a Halle, beffato da Kevin Anderson quando era due set sopra e un match point. Roba che insomma non si era mai vista prima, un po' come i loghi giapponesi sulla sua maglietta. Sarà meglio farci l'abitudine. Che ci piaccia o no il GOAT è umano. Non sembra, ma lo è. E ad agosto ne spegne 37. Tanti auguri a lui. Ma soprattutto a noi, che prima o poi dovremo far senza. Voto 6,5. Alla clessidra.
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Roger Federer durante i quarti di finale contro Kevin Anderson a Wimbledon 2018. Partita vinta da Anderson per 13-11 al 5°set

Credit Foto Getty Images

  • Petra Kvitova. Konta, Gavrilova, Goerges, Buzarnescu, Rybarikova. Due settimane prima di iniziare Wimbledon aveva piallato queste qui in maniera brutale a Birmingham, con quel mix di potenza e facilità d'esecuzione che fanno della Petra la più forte di tutte su questa superficie quando ne ha voglia. Ecco, quando ne ha voglia. Con Aliaksandra Sasnovich, al primo turno, non ne ha avuta un granché. Voto 4. Alle lune.

Le sorprese

  • Erensts Gulbis. Guardate il tweet qui sotto e ditemi se questo qui non è un uomo meraviglioso. Uno che negli ultimi 10 anni avrebbe più o meno sempre potuto essere lì; ma se n'è invece, anche simpaticamente, sbattuto alla grande. Una rockstar il lettone, che già a Parigi aveva fatto intravedere di essere nel periodo di lena buona e che a Wimbledon si è palesato, da qualificato, fino agli ottavi di finale. E se non avesse buttato via il secondo set con Nishikori niente-niente l'avremmo anche visto ai quarti. Ah già, naturalmente è stato il suo miglior Wimbledon di sempre. Il numerino ve lo do io: da oggi è 109. A fine anno potrebbe essere 30. Oppure 300. Stay tuned. Voto 8,5. Al latte e vodka.
  • Belinda Bencic. Mi sconfesso: un mese e mezzo fa la vedevo sudare sette camice contro Deborah Chiesa e dopo il primo set perso 6-3 sentenziavo al collega al mio fianco "Incredibile, ha 21 anni e mi pare già una ex giocatrice". Poi quella partita la Bencic la vinse, finendo tra l'altro in lacrime di gioia. Si fermò comunque al turno dopo del Roland Garros; ma a Wimbledon invece, Belinda, è torna a far vedere sprazzi del suo vero potenziale, di quella giocatrice che da teenager batteva tutte. E per tutte intendiamo 'tutte', Serena compresa. A Londra si è arresa ai quarti di finale con la Kerber sprecando millemila set point; in quella che è stata forse la partita più sofferta della neo campionessa. Altro che ex. Forza Belinda, dai che è la volta buona. Voto 8,5. Al ritorno.
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Belinda Bencic festeggia dopo aver battuto al primo turno di Wimbledon 2018 la testa di serie n°6 del torneo Caroline Garcia

Credit Foto Getty Images

Le delusioni

  • Grigor Dimitrov. Ci vuole classe ragazzi. Ci vuole davvero tanta classe per perdere al primo turno contro la versione mummificata di Wawrinka; e uscirne comunque con impeccabile aplomb. Tra le delusioni, l'artista delle delusioni; anzi, il fuoriclasse dei fiaschi inattesi: Grigor Dimitrov. Perché quando lo aspetti, lui non c'è mai. E quando non te lo aspetti, può essere che arrivi. Voto 3. Al tempismo.
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Grigor Dimitrov - Wimbledon 2018

Credit Foto Getty Images

  • L'intera Top10 femminile. E qui si è volati davvero a vette altissime. Fuori al primo turno: Garcia, Stephens e Svitolina. Fuori al secondo turno: Muguruza e Wozniacki. Fuori al terzo turno: Halep, Venus e Keys. Si era salvata la Pliskova, ma vuoi non fare compagnia alle colleghe e prenderti le vacanze già dal lunedì sera, che anche i voli costano meno? Chiaramente no e allora al grido di 'Viva la WTA!' benvenuti nell'elite del tennis femminile mondiale, più o meno attendibile come quei video "Oggi ho guadagnato 340mila dollari stando seduto da casa, vuoi sapere come ho fatto?". Voto 1. Ai boccaloni.

Gli italiani

  • Thomas Fabbiano. ... Che ha rimesso il Wawrinka mummificato nel sarcofago con l'autorità di un funzionario del museo egizio, salvo arrendersi all'esuberanza di chi di bendaggi ne ha solo uno - Tsitsipas - e lo usa per legarsi i capelli. Dalle qualificazioni fino al terzo turno col sudore della fronte e tanta, tantissima umiltà. Roba che nella vita non guasta mai. Grande Thomas. Voto 8. Al cammino.
  • Camila Giorgi. Ci ha fatto tremare - perché con la Siniakova ci ha fatto tremare eccome - ma per una volta nella vita è arrivata dove doveva arrivare. E lì, se l'è anche giocata alla grande. Bravissima Camila, ultimo baluardo del tennis femminile italiano e più in là dei 453 maschietti tutti insieme che avevamo messo in tabellone (vabbé erano 9, ma chissenefrega 453 suona meglio). Miglior risultato slam che si spera possa essere di buon auspicio per il prossimo US Open. Con un solo obbligo: arrivarci da testa di serie. Il best ranking (30) è lì, dietro l'angolo. E una con i suoi colpi, lì dentro, ci deve restare. Voto 8,5. Alle promesse mantenute.
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