Novak Djokovic, quando la mente del campione spalanca le porte del mito

L'intelligenza robotica applicata al tennis si conferma tale: storia del trionfo più sofferto del serbo, quello ottenuto facendosi beffe dei numeri e delle statistiche della finale, tutte favorevoli a Roger Federer. Lo spettacolo della bellezza dello svizzero oggi misura la grandezza del serbo, numero 1 al mondo con la testa.

Novak Djokovic a Wimbledon 2019

Credit Foto Getty Images

Bello e crudele come nessun altro sport, il tennis è prima di tutto una questione mentale: una battaglia contro l'avversario, una guerra contro se stessi. 8-7, 40-15, due match-point Federer. Impossibile non partire da qui. Lo svizzero è a un quindici, un solo quindici, dal diventare campione di Wimbledon per la nona volta, dal conquistare il 21° Slam, dal realizzare la più grande impresa della sua immensa carriera a quasi 38 anni: battere Nadal e Djokovic nello stesso major per la prima volta. Roba da fantascienza.
Svaniscono in un amen quei due championship points ed è proprio il Djoker a spiegarci, in conferenza stampa, cosa passa per la testa di un fenomeno sull'orlo del baratro:
Due match-point condannano Federer, ma anche tre tie-break. Djokovic è il primo tennista nella storia a vincere tre tie-break nella finale di Wimbledon. Ancora una volta sono i momenti più importanti quelli che esaltano la testa del campione. Non può esserci sceneggiatura più crudele di una finale durata 4 ore e 57 minuti - la più lunga nella storia del torneo - che viene decisa dal primo tie-break giocato nel set decisivo ai Championships. Per intenderci, ci è voluto il 256esimo match di singolare a battezzare la nuova regola di quest'anno.
L'intelligenza robotica applicata al tennis si conferma tale, perché nell'Era Open nessuno era sopravvissuto a due match-point eccetto Gaston Gaudio, al Roland Garros 2004, contro Guillermo Coria. Non si offendano gli interpreti dell'epoca se quella finale, l'ultima prima dell'inizio della dittatura di Nadal a Parigi, non verrà ricordata con la medesima enfasi.
Lo spettacolo della bellezza di Federer oggi misura la grandezza di Djokovic. Tutti i numeri danno ragione al fuoriclasse di Basilea nelle statistiche: ace, doppi falli, percentuale di prime palle in campo, di punti vinti con la prima e con la seconda di servizio, punti a rete e in risposta, palle-break e soprattutto i vincenti, 94 a 54. Poi, però, ci sono questi punti, gli unici che sanciscono vincitore e secondo classificato:
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Novak Djokovic e Roger Federer

Credit Foto Getty Images

E cosa si può chiedere di più a un uomo capace di rinnovare la leggenda a quasi 38 anni? Non pensavamo potesse battere questo Nadal dopo la batosta di Parigi. Non pensavamo potesse offrire, 48 ore dopo, una prova commovente contro questo Djokovic. Perso il primo set, non sembrava né umano né razionale sperare che si rialzasse. Perso il terzo, non era ipotizzabile un verdetto rimandato al quinto. Sotto di un break nel quinto, non era plausibile pronosticare una rimonta e due match-point sul suo servizio. Chissà quanto darebbe re Roger per poterne rigiocare anche solo uno... Quel 9-7 sfiorato, lo stesso punteggio della mitica finale persa contro Rafa nel 2008, gli dilanierà il cuore.
Pur non essendo il più amato, Novak Djokovic ha battuto Nadal al Roland Garros - impresa condivisa con Soderling ma soprattutto con le vesciche di Rafa -, ha vinto tutti i Masters 1000, ha sconfitto tre volte su tre Federer in finale a Wimbledon ed è avanti contro entrambi negli scontri diretti (28-26 con il maiorchino e 26-22 con lo svizzero). Se è riuscito a superare i rivali di sempre nelle loro terre di conquista, di sicuro ha fatto breccia nell'olimpo del tennis. E poco importa se non farà breccia nel cuore dei tifosi: oggi è il numero 1 e, forte di 16 Slam in bacheca, sembra indicare con un solo gesto la sua voglia di raggiungere e scavalcare coloro che, insieme a lui, stanno riscrivendo la storia di questo sport.
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