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La nuova frontiera del nuoto: rasoi e cerette, quando le gare si vincono per un "pelo"

Niccolò Campriani

Aggiornato 27/07/2017 alle 12:11 GMT+2

Nuova puntata della rubrica di Niccolò Campriani! Tre volte oro olimpico nel tiro, Niccolò racconta su Eurosport l'impatto dell'evoluzione tecnica e tecnologica nel mondo dello sport. In questo sesto appuntamento affrontiamo un tema tanto caro a tutti i nuotatori, e non riguarda più solamente i costumi e la loro evoluzione: quanto influenzano capelli e peli in piscina?

László Cseh

Credit Foto Getty Images

Pronti, scattanti e depilati. È così che vogliamo i nostri campioni ai Mondiali di Nuoto in corso a Budapest (LIVE ogni giorno su Eurosport e www.eurosportplayer.it). Ma cosa collega l’avere una pelle liscia come un bebè con l’essere vincenti? Tranquilli, non è mia intenzione fare pubblicità occulta di lozioni o rasoi: la risposta è la fluidodinamica.
Sì perché sebbene la resistenza dell’aria sia nemica giurata di ciclisti, calciatori e tennisti (vedere gli articoli precedenti in fondo alla pagina) non è niente in confronto alla forza di opposizione dell’acqua, ben 800 volte più densa. In queste condizioni estreme anche un pelo di troppo, è il caso di dirlo, può fare la differenza. Lo scivolamento in acqua non è argomento nuovo al mondo del nuoto, tutt’altro. Basti pensare allo sviluppo dei costumi nel corso della storia.
L'evoluzione dei costumi nella storia del nuoto

Dai completini in lana alle squame di squalo

Tutto cominciò con i completini di lana di inizio secolo la cui funzione era più pudica che performante. Già dopo poche bracciate quel morbido tessuto imbevuto d’acqua si trasformava in una muta pesante e disagevole. Il nuoto ai tempi di Charlie Chaplin. Per aggirare il problema, alle Olimpiadi del 1924, la squadra Inglese si presentò ai blocchetti di partenza con i primi costumi in seta: molto più leggeri e shick, ma al tempo stesso poco accessibili visto l’alto costo. Il successivo sviluppo delle fibre sintetiche portò all’impiego del nylon negli anni ’50, della lycra negli ’80, fino ad arrivare al primo costume del XXI secolo, il ‘Fastskin’ della Speedo, ispirato nientedimeno che alla pelle degli squali. L’idea, oltre che a strizzare l’occhio al marketing, aveva un suo fondamento scientifico. Le minuscole squame presenti sulla pelle di uno squalo, che al tatto conferiscono una sensazione simile alla carta abrasiva, permettono di incanalare l’acqua e diminuire la resistenza in fase di nuoto. Un vantaggio idrodinamico che voleva essere replicato anche nelle piscine Olimpiche, ma che in realtà non ebbe mai il ritorno tanto atteso.

L'anomalia degli uomini pesce 2008-09 e i 130 record infranti

La vera svolta arrivò pochi anni più tardi, nel 2008, con l’introduzione dei ‘costumoni’ in poliuretano. I pannelli che componevano questi costumi integrali erano tra loro saldati a ultrasuoni per evitare che cuciture in rilievo disturbassero lo scorrimento dell’acqua. Tuttavia i benefici legati a questi costumi non avevano niente a che vedere con una minore resistenza sulla superficie esterna. Il vero aiuto proveniva dalla relativa rigidità e scarsa permeabilità del poliuretano (in alcuni casi, come ad esempio il J01 Jaked che dimostrò di non essere impermeabile lasciando traspirare e quindi non favoriva il galleggiamento) che, da una parte, intrappolava bolle d’aria all’interno del costume favorendo il galleggiamento, e dall’altra comprimeva e modellava l’atleta in forme più affusolate, riducendo così la resistenza dell’acqua. Risultato? Solamente nelle due stagioni 2008 e 2009 i nuotatori ‘gommati’ hanno infranto ben 130 record del mondo. Un’anomalia così lampante da spingere i media a parlare persino di ‘doping tecnologico’ estraneo all’etica sportiva. L’eco fu tale che nel 2010 la stessa FINA, federazione internazionale degli sport acquatici, decise di mettere al bando i tanto contestati costumi in poliuretano.
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2008 Pechino USA staffetta 4x100

Credit Foto Getty Images

Il provvedimento fu a sua volta al centro di accese critiche. In molti infatti erano convinti che l’evoluzione delle performance legata ai nuovi costumi dovesse essere accettata come conseguenza naturale del progresso tecnologico. In fondo anche i tennisti battono più forte grazie alle nuove racchette, o gli astisti saltano più in alto per via delle nuove aste in fibra di vetro e carbonio. Ma quel che è fatto è fatto e il regolamento di oggi parla chiaro: le nuove norme non impongono soltanto range di spessore e permeabilità, ma in più indicano precisamente quali aree del corpo possono essere coperte dal costume, limitandone l’estensione. Nei maschi ad esempio il costume deve rimanere compreso tra le ginocchia e l’ombelico, un pantaloncino attillato, vietato andare oltre. Ecco quindi che, togliendo i costumi dall’equazione, ingegneri e fisici hanno dovuto reinventarsi e cercare altrove dettagli e migliorie per rosicchiare decimi di secondo. Occhialini dalle forme allungate, doppia cuffia (latex sopra, silicone sotto) per tenere le lenti ben salde e evitare che i laccetti provochino turbolenze in acqua e infine, come accennato in apertura, depilazioni impeccabili.
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Ian Thorpe

Credit Foto Getty Images

Ecco perché oggi cerette e rasoi sono più importanti dei costumi

Il ritorno al nuoto con muscoli e pelle in mostra ha difatti riportato in auge un rito pre-gara adottato per la prima volta dal nuotatore australiano Clyde Henricks nel 1953. Tre anni dopo, alle Olimpiadi di Melbourne, Clyde vinse un totale di 5 medaglie d’oro insieme al compagno di squadra Murray Rose, anche lui contagiato dalla moda della rasatura. A quel punto la tecnica esplose su scala globale. Negli anni a seguire furono molti gli studi scientifici a favore della depilazione e della sua funzionalità. Le ricerche mostrano come radersi abbassi in maniera inequivocabile il costo energetico per l’atleta in acqua: il livello di lattato nel sangue, indice di fatica, si abbassa di circa il 20% mentre la distanza per bracciata aumenta in media del 5%. Ovviamente più l’atleta è peloso per natura e maggiore è il beneficio della rasatura. I vantaggi legati alla tecnica sono però solo in parte riconducibili a una minore resistenza in acqua della pelle liscia. Sorprendentemente il trucco della depilazione sta invece nell’aumentare la sensibilità della pelle. In effetti una ceretta, oltre a rimuovere i peli, tende anche a eliminare 1-2 strati di pelle morta in superficie amplificando così le sensazioni raccolte dai recettori sottocutanei. Ciò conferisce all’atleta una migliore percezione del movimento in acqua, dal quale ne consegue un’ottimizzazione del gesto e una sensazione di maggiore velocità in fase di nuoto (anche il placebo vuole la sua parte).
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László Cseh

Credit Foto Getty Images

La depilazione tra nuotatori professionisti è pertanto una messa a punto essenziale in occasione dei grandi eventi. Il pensiero finale non può che andare ai manager degli hotel di Budapest che in questi giorni accolgono atleti di tutto il mondo: preparatevi alle intasature di docce e lavandini. Questi d’altronde sono i Mondiali di nuoto. Nessuno vuole perderli per un pelo.
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Ringrazio il Prof. Steve Haake della Sheffield Hallam University e il suo Centro di Ricerca e Consulenza in Ingegneria dello Sport (CSER), il più grande al mondo in questo campo, per la gentile condivisione di dati e grafici. Per saperne di più
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