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Pioggia al Roland Garros: ecco perché con il tetto dal 2020 le palline andranno più piano

Niccolò Campriani

Aggiornato 06/06/2017 alle 14:04 GMT+2

Benvenuti nella nuova rubrica di Niccolò Campriani! Tre volte oro olimpico nel tiro, Niccolò racconta su Eurosport l'impatto dell'evoluzione tecnica e tecnologica nel mondo dello sport. Dopo le prime due puntate dedicate all'aerodinamica nel ciclismo e nel calcio, è tempo di concentrarsi sul tennis: perché la pallina rallenta quando si gioca sotto il tetto?

Pioggia al Roland Garros

Credit Foto Getty Images

Un'altra giornata di pioggia sulla terra rossa del Roland Garros. Dopo i ritardi e i recuperi tragicomici del 2016, edizione flagellata dal freddo e dalle intemperie, ci risiamo. Ma non disperate, la soluzione è vicina, dopo una lunga diatriba legale tra organizzatori e consiglio comunale è stato finalmente raggiunto l’accordo: la copertura del centrale si farà. Ci vorranno ancora due-tre anni per realizzare il tetto retraibile ma dal 2020 niente più fughe sotto l’acqua nello stadio Philippe Chatrier. Problema risolto e tutti vissero asciutti e contenti.
Eppure come tutte le cure che si rispettino anche questo rimedio "può avere effetti indesiderati anche gravi". Il rischio non riguarderebbe gli spettatori, anche i più claustrofobici potranno godersi in tranquillità una partita sotto la copertura del centrale, bensì la qualità e la natura stessa dello scambio tennistico: una volta chiuso il tetto la pallina potrebbe rallentare di colpo!
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Ecco come sarà dall'esterno il nuovo centrale parigino dopo la costruzione del tetto retraibile

Credit Foto FFT

Un dilemma da 8 chilometri all’ora

Questa almeno è l’evidenza scientifica rilevata dai colleghi di Wimbledon grazie all’Occhio di Falco, l’ormai famoso sistema di tracciamento automatico della palla da tennis. Comparando le velocità di gioco sul Centrale inglese prima e dopo la chiusura del tetto retraibile è stato infatti registrato un rallentamento delle palline di circa 8 km/h. Una differenza significativa e facilmente percepibile dai giocatori che in queste condizioni guadagnerebbero qualche frazione di secondo in più per reagire ai colpi dell’avversario. Il mistero del Centre Court è diventato materia di studio di fisici e ingegneri aerospaziali in cerca di una spiegazione al singolare fenomeno, una indagine funzionale anche agli organizzatori del Roland Garros per prevedere le conseguenze della copertura in corso d’opera. Andiamo perciò in soccorso dei cugini francesi e cerchiamo di fare chiarezza.
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Tetto, velocità e leggende metropolitane

Il primo mito da sfatare riguarda la teoria complottista secondo la quale è tutto solo un grande bluff frutto dell’ennesima fisima mentale dei giocatori. Lo stesso Andy Murray venne accusato di inventare alibi quando nel match inaugurale del 2011 perse inaspettatamente il primo set contro il semisconosciuto spagnolo Gimeno-Traver. Il fuoriclasse scozzese si lamentò pubblicamente di come la chiusura del tetto avesse "improvvisamente frenato il suo servizio". I più scettici addossarono le colpe direttamente a Murray il quale, a detta loro, sarebbe stato vittima di una reazione psico-fisica legata alle condizioni indoor. Secondo questa tesi la difficile perspirazione della pelle dovuta al ristagno dell’aria e l’inconsueta sensazione di presenza opprimente del pubblico causa di una acustica amplificata avrebbero appesantito i movimenti del giocatore. Se questo fosse vero, a riprova di una forma non brillante, le misurazioni effettuate sulla pallina avrebbero dovuto indicare un calo di velocità già in uscita dalla racchetta. Al contrario i dati raccolti dall’Occhio di Falco evidenziarono come, a parità di velocità di servizio, il rallentamento di 8 km/h avvenisse solo in seguito, durante il tragitto della pallina oltre la rete. Ciò, oltre ad attestare l’innocenza del povero Murray, farebbe pensare a una differente resistenza dell’aria sulla palla.
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Il progetto del nuovo Philippe Chatrier con il tetto retraibile: sarà pronto per il Roland Garros 2020

Credit Foto FFT

La densità dell’aria fa la differenza? Sì ma…

Arriviamo quindi alla seconda leggenda metropolitana, quella che addosserebbe tutte le colpe a una improvvisa mutazione della densità dell’aria. In questo caso più che fisici (Galileo direbbe che nel vuoto una pallina da tennis precipita alla stessa velocità di una piuma) dobbiamo improvvisarci meteorologi. Gli esperti hanno infatti approcciato l’enigma di Wimbledon ipotizzando due scenari piovosi, opposti tra loro ma entrambi tipici di un fine giugno londinese. In un caso la pioggia verrebbe portata da un fronte freddo (19 gradi e 100% di umidità) mentre nell’altro il fronte sarebbe caldo (29 gradi e 100% di umidità). Al di là del tipo di perturbazione, al cadere delle prime gocce, il protocollo prevede la chiusura del tetto e l’attivazione di un mega impianto di condizionamento per portare l’ambiente dentro lo stadio ai valori prestabiliti di 24 gradi e 50% di umidità. Questo trattamento dell’aria comporta in effetti una variazione della sua densità e della resistenza opposta alla pallina ma anche qui purtroppo non troviamo una risposta soddisfacente al nostro problema. Le simulazioni dimostrano infatti come al variare delle condizioni dopo la chiusura del tetto la velocità di gioco venga alterata solamente di 1 km/h. Niente che giustifichi il marcato rallentamento di 8 km/h rilevato dall’Occhio di Falco.
Quanto incide la densità dell'aria sulla velocità del servizio? Ecco i dati rilevati a Wimbledon

Mistero svelato: tutta colpa delle palline!

Quindi è in corso un qualcosa di soprannaturale? Chiamiamo gli acchiappa-fantasmi? Meglio Steve Haake, uno dei maggiori esperti di tecnologia dello sport al mondo. Il professore Inglese ha infatti svelato l’arcano individuando le cause del fenomeno nel feltro della pallina. La famosa peluria gialla gioca infatti un ruolo essenziale nel comportamento della palla in volo, motivo per il quale uno dei processi più delicati nella fabbricazione delle palline da tennis è proprio il passaggio sotto la macchina a vapore che conferisce al feltro la sua voluminosità. Ebbene un effetto simile si ripeterebbe anche sul Centrale di Wimbledon nel momento in cui, a tetto dischiuso, l’ambiente umido sottostante viene ‘asciugato’ dai condizionatori. Non solo l’aria ma anche gli spettatori, il terreno e così via fino ad arrivare al feltro umidiccio delle palline. L’improvvisa asciugatura del feltro, di fatto artificiale, porta a un suo microscopico rigonfiamento che nel complesso fa aumentare il diametro della pallina di meno di 2 millimetri. Una trasformazione quasi impercettibile a occhio nudo ma in grado di causare un rallentamento della palla da tennis di circa 8 km/h! Si narra che al momento della controprova in galleria del vento gli sfiniti ingegneri aerospaziali abbiamo urlato come McEnroe ai tempi d’oro.
In chiusura, tanto per stare sicuri, consigliamo agli organizzatori del Roland Garros un cambio di palle ogni qual volta la futura copertura verrà adoperata. L’alternativa sarebbe convincere i giocatori a sapersi adattare a condizioni inusuali, magari affiggendo negli spogliatoi frasi a effetto, della serie “la vita non è aspettare che passi la tempesta ma imparare a ballare sotto la pioggia, e lo stesso vale per il centrale Philippe Chatrier”.
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Pioggia al Roland Garros: un problema risolto dal 2020?

Credit Foto Getty Images

Ringrazio il Prof. Steve Haake della Sheffield Hallam University e il suo Centro di Ricerca e Consulenza in Ingegneria dello Sport (CSER), il più grande al mondo in questo campo, per la gentile condivisione di dati e grafici. Per saperne di più

Leggi le altre puntate della rubrica di Niccolò Campriani:

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