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Gianmarco Tamberi, l'uomo giusto al momento giusto per l'atletica italiana e non solo

Paolo Pegoraro

Aggiornato 06/03/2019 alle 11:25 GMT+1

Gianmarco Tamberi riscrive la storia dell'Atletica italiana con il titolo mondiale indoor di Portland. Talentuoso e istrionico, è l'uomo giusto per risollevare un movimento vessato dalla bufera del doping. L'eroe dal volto pulito che la IAAF attendeva con ansia.

Gianmarco Tamberi - Italy

Credit Foto AFP

Ad ascoltare Gianmarco Tamberi la medaglia d’oro conquistata nella rassegna mondiale di Portland pare quasi un passaggio interlocutorio nel quadro di quel grande progetto chiamato "Rio 2016”, sogno e magnifica ossessione di una vita. Di interlocutorio, tuttavia, la conquista del titolo mondiale indoor non ha proprio alcunché: nella notte italiana tra 19 e 20 marzo il 23enne marchigiano ha riscritto la storia dell’atletica italiana, primo azzurro in assoluto a conquistare una medaglia d’oro nel salto in alto maschile in una grande competizione internazionale.
Alla vigilia dei Mondiali indoor nell’Oregon l’unico altista nostrano a potersi fregiare di una medaglia era Erminio Azzaro, bronzo ai Campionati Europei di Atene del 1969 (erano i tempi dello scavalcamento ventrale dell’asticella) e marito della leggendaria Sara Simeoni, oro agli Europei di Praga del 1978 e alle Olimpiadi di Mosca 1980. Ora la campionessa veronese non è più sola: nell'elitario club degli iridati del salto in alto figura anche Gianmarco. Da tredici lunghi anni l’Italia dell’atletica leggera non saliva sul gradino più alto del podio: l’ultimo fu Giuseppe Gibilisco che sbaragliò la concorrenza ai Mondiali di Parigi del 2003 nel salto con l’asta; ancor più lontano nel tempo il precedente titolo mondiale indoor, conquistato dal triplista Paolo Camossi a Lisbona nel 2001. Gianmarco Tamberi raggiunge così Giuliana Salce, Gennaro Di Napoli, Fiona May e Paolo Camossi nel novero degli iridati indoor dell’atletica italiana. Se questa non è Storia…
VIDEO - Il balzo iridato di Portland a 2,36
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Tamberi campione del mondo: ecco il salto dell'oro a 2.36 m

Even Flow: il 2016 perfetto di Gimbo Tamberi

Il titolo mondiale indoor giunge a coronamento di un 2016 da incorniciare per Gimbo Tamberi: cinque vittorie su altrettante gare disputate, compresi gli Assoluti disputati nella sua Ancona e l’exploit mondiale. Un flow perfetto. L’altista di Offagna ha riscritto il record italiano del salto in alto in sala in ben due occasioni, fissandolo prima a 2,35 in coabitazione con Marco Fassinotti quindi superando quota 2,38 nel meeting di Hustopece in Repubblica Ceca per assurgere a primatista italiano in solitaria. Emblematico e al contempo profetico il successo nella seconda tappa dell’High Jump Tour della Moravia a Trinec lo scorso 7 febbraio: dopo aver valicato quota 2,31 al terzo tentativo quando la vittoria sembrava ormai un miraggio, Gianmarco ha centrato al primo colpo la misura di 2,33 regolando gli avversari. Qualcosa di simile è accaduto anche a Portland, quando l’atleta marchigiano ha superato sia i 2,29 che i 2,33 al terzo tentativo, in una tipica situazione da Fly or Die: in Repubblica Ceca come negli States Gimbo ha varcato quella sottile linea rossa che separa l’atleta dal formidabile agonista.
VIDEO - Il record italiano indoor stampato a Hustopece

Dalle ceneri di Pechino alla celebrità di Portland

L’en plein di Tamberi nasce dalle ceneri di un Mondiale di Pechino 2015 da dimenticare: tre nulli alla modesta misura di 2,29 e deludente ottavo posto finale. L’immagine dell'altista marchigiano in posizione supina sui sacconi di Pechino con le mani a coprire il volto fu la diapositiva della fallimentare spedizione azzurra al mondiale cinese: in preda allo sconforto, Gianmarco porse le sue scuse in diretta tv. Un gesto più unico che raro nel professionismo sportivo...
Mi dispiace per tutte le persone che ci hanno creduto: c'erano non so quanti italiani qui a tifarmi, anche da casa. Scusate.
All'indomani della batosta Tamberi subì aspre critiche per il suo atteggiamento da guascone: quella la barba a metà un po' così e quel suo modo di fare tarantolato. Si pontificava da più parti che quei gesti avrebbe dovuti eseguirli solo una volta conquistato qualcosa di importante. Il diretto interessato non ha battuto ciglio, apportando i dovuti correttivi in allenamento con papà Marco (quindicesimo ai Giochi di Mosca 1980) e continuando imperterrito il suo show in pedana alla costante ricerca della simbiosi con il pubblico.
Vittoria dopo vittoria, Gianmarco ha ottenuto rivincite e luci della ribalta: gli organizzatori di Portland 2016 non a caso l’hanno voluto alla Pioneer Corthouse square in occasione della presentazione della rassegna mondiale, a fianco di stelle del calibro di Ashton Eaton e Kim Collins. A sostenere il marchigiano sugli spalti dell’Oregon Convention Centre il giorno della finale erano in 7000, incollati alle seggiole sino ai tre tentativi falliti a 2,40. Il gesto dell’Half Shave - vituperato dopo Pechino - è diventato virale contagiando persino l'olimpionico svedese Stefan Holm. Tutti pazzi per Gimbo, dunque, persino gli Houston Rockets che l'hanno invitato a trascorrere quattro giorni in Texas (sapendo della sua venerazione per T-Mac, ndr).

Il volto pulito di un'atletica infangata

Mai come in questo momento storico l'Atletica ha bisogno di eroi dal volto pulito: per rendere più credibile un movimento ai minimi storici e riaccendere l'interesse degli appassionati della Regina degli sport. Facile intuire, in questo contesto, come Gianmarco Tamberi sia l'uomo giusto al momento giusto: la punta dell'atletica leggera italiana e il volto nuovo che il presidente della IAAF Sebastian Coe attendeva come una sorta di messia. Ossigeno puro nel bel mezzo della bufera doping: mentre i Paesi inadempienti Russia e Kenya si affannano per evitare l'esclusione da Rio 2016, l'Italia vive la sua giornata campale e attende con ansia il pronunciamento del Tribunale del CONI nei confronti degli azzurri accusati di aver eluso i controlli antidoping. Un atleta dal talento cristallino e dalla personalità debordante - tra tanti soldatini che affollano le pedane - è il personaggio perfetto per risollevare il movimento: non resta che augurarci che il suo exploit possa ispirare e trascinare i compagni di nazionale e che l'inevitabile pressione che graverà sulle sue spalle da qui sino ai Giochi di Rio funga da traino e non gli tarpi le ali.
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Il Kenia rischia l'esclusione da Rio de Janeiro 2016

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