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Il dilemma Shane Larkin: come l'Anadolu Efes ha aperto la difesa dell'Olimpia Milano

Daniele Fantini

Pubblicato 22/11/2019 alle 18:31 GMT+1

Protagonista decisivo nel finale e mina vagante per tutta la partita, Shane Larkin è stato un rebus per la difesa dell'Olimpia Milano, tra staffette di marcatori e disequilibri sui cambi nei giochi a due con i lunghi. Ma il gioco in sé dell'Anadolu Efes, forgiato sul 4-fuori e penetra-e-scarica, ha costretto Milano a sbilanciare i quintetti nei momenti decisivi del quarto periodo.

Shane Larkin, Olimpia Milano-Anadolu Efes Istanbul focus

Credit Foto Getty Images

Shane Larkin ha il baricentro talmente basso che potrebbe quasi palleggiare sedendosi direttamente sul parquet. Probabilmente nessuno, a livello di Eurolega, ha la sua stessa rapidità e accelerazione dal palleggio unita a quella capacità di arrestarsi improvvisamente sulla cosiddetta moneta da dieci centesimi per prendersi un tiro da fuori. Nessuno. Nemmeno Scottie Wilbekin o Mike James. E se uno come Larkin non è riuscito a trovare spazio in NBA, pensate a quanto sia alto il livello fisico-atletico dall’altra parte dell’Oceano.
Larkin ha segnato 9 dei suoi 17 punti negli ultimi 3'45" di partita contro Milano, e smazzato l'assist per la tripla decisiva di Chris Singleton del +5 a 1'51" dalla sirena, il colpo che ha definitivamente mandato Milano al tappeto. Sangue freddo, leadership, carisma, o semplicemente altro livello. Chiamatelo un po' come volete. Ma se cercate il vero artefice del primo "sacco" del Forum in Eurolega, non dovete scostarvi molto da quel razzo con i riccioloni in testa. E non soltanto per le cifre di quei 3'45" finali, ma per quella sua capacità di tenere costantemente la difesa dell'Olimpia sotto pressione, in una staffetta continua di marcatori e squilibri nei cambi sui pick'n'roll. Per conferme, chiedete pure a Tibor Pleiss, ottima spalla nei giochi a due in assenza di Bryant Dunston, con 14 punti, 6/6 da due e 12 rimbalzi.
L'Anadolu Efes è un gruppo ben rodato e collaudato, come conferma la finale di Eurolega della scorsa stagione. È una squadra costruita sugli analytics del basket moderno e che gioca una pallacanestro moderna, di stampo quasi più NBA che europeo, un 4-fuori organizzato con tre ottimi esterni penetratori, un 4-stretch e un 5 verticale e dinamico. È un gioco semplice, non è vero? Ma a volte sorprende quanto la pallacanestro possa essere semplice, quando si hanno gli interpreti giusti e al posto giusto. Su questo aspetto, l'Efes è più avanti dell'Olimpia. Ci mancherebbe, ha un anno di assemblamento di vantaggio.
Ed è stato proprio questo gioco a mettere in difficoltà Milano nella sua stessa arma migliore, la difesa. Dopo quel fugace vantaggio firmato da Shelvin Mack all'inizio del quarto periodo, si è aperto un turbinio confuso di quintetti e soluzioni: tenere l'assetto difensivo/operaio ma poi pagare dall'altra parte con un attacco asfittico, oppure appesantire la fase offensiva con Rodriguez/Scola ma rischiare di essere falciati nei giochi a due dell'Efes? Un dilemma che ha tolto equilibri, sicurezze e inerzia, facendo saltare il banco: contro-parziale Efes di 13-5 con Milano ferma a 1/11 dal campo in sette lunghi minuti un po' caotici e disordinati, prima della tripla del -3 di Rodriguez. Bravo Efes, niente da dire.
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