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Il ritorno della Venezia sportiva, poco social ma sempre unica

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Aggiornato 26/06/2017 alle 15:30 GMT+2

Alla seconda promozione consecutiva della squadra di calcio ha fatto eco il clamoroso successo in campionato della Reyer di basket: viaggio in una città dal fascino inimitabile.

2017, Venezia Campione d'Italia basket, LaPresse

Credit Foto LaPresse

Il Venezia che torna in Serie B, la Reyer che vince lo scudetto nel basket: normale chiamarla, in questi giorni, la Serenissima. Normale aver voglia di raccontare, in questi tempi di social, e di immagini in particolare, che idea coraggiosa è quella di fare sport in una città unica come Venezia. Molto social, perché siamo abituati a vederla in mille immagini; per nulla social perchéil suo stadio e le sue palestre sono nascosti alla vista. L’allenatore del basket, Walter De Raffaele, una sua idea di coraggio precisa ce l’aveva: voleva festeggiare il titolo tuffandosi in un canale, e nonostante il tentativo di stopppata niente meno che Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia, oltre che numero 1 della stessa Reyer ( “Non si può, oltre tutto viste le condizioni dell’acqua …”) e così ha fatto.
Magari in una città di memorie antiche qualcuno si è ricordato che davanti alla stazione di Santa Lucia qualche decennio fa si giocava a pallanuoto. Qualcuno, più vicino all’attualità, vedendo la lenta sfilata della Reyer in Canal Grande avrà rimpianto il fatto che la candidatura di Venezia per i Giochi Olimpici del 2020 sia arrivata troppo in anticipo sui tempi, con Roma che ha vinto senza fatica il ballottaggio nazionale, ma una cerimonia inaugurale sulle gondole resta una bella suggestione.
Eccoci comunque alla Venezia poco social. Fino agli anni Settanta la Reyer, che adesso gioca in Terraferma, e una volta era persino accesa la rivalitàsotto canestro tra Venezia e Mestre, ospitava la sue partite casalinghe nella Scuola Granda della Misericordia. Una delle sette Scuole grandi che erano tra le massime istituzioni sociali della Serenissima. L’edificio era stato disegnato dal Sansovino, chiamata nel sedicesimo secolo a realizzare un progetto di rinnovamento della citta’lagunare. I lavori cominciarono nel 1532, e finirono, ben dopo la sua morte, nel 1583.
Il gioiello della struttura era il primo piano con affreschi alle pareti, anche di artisti celebri come il Tintoretto. Nel 1914 la Misericordia diventò un impianto sportivo, il gioiello delle Reyer, da pronunciarsi magari Raier. Parquet incrociato elegante, tribune in legno che arrivavano fino a bordo campo, un viaggio speciale anche solo arrivare a piedi dalla stazione o scendendo col Vaporetto alla fermata Ca’ d’oro. Una palestra unica al mondo, sacrificata poi dalle regole che imponevano una capienza minima di 3500 posti per la serie A. Oggi che il sindaco di Venezia è lo stesso Brugnaro che ha fatto rinascere la Reyer, significativamente impegnandola in tutti i campionati, compresa la A femminile, non sarebbe davvero male se la Fip scegliesse la Misericordia per presentare la nuova stagione.
Infine, lo stadio di Sant’Elena. Abituati come siamo a vedere in tv scendere da pullman quasi fantascientifici i giocatori, fasciati da cuffie altrettanto fantascientiche cuffie, capiamo in fretta che il calcio a Venezia è tutta un’altra musica. Al campo si arriva in battello, e le squadre ospiti scaricano direttamente i loro materiali in spogliatoio. Lo stadio è circondato su due lati dalla laguna, ci sono tre ponti per arrivare sulle tribune, una delle quali, questo sì è un frutto dell’epoca social che viviamo, è intitolata a Valeria Solesin, la veneziana morta al Bataclan a Parigi.
Intitolato all’aviatore Pierluigi Penzo è il secondo impianto più antico d’Italia dopo il Ferraris di Genova. Dal 1913 a oggi ne ha viste di tutti i colori: Serie A, fallimenti, traslochi, annunci di nuovi impianti da realizzare in terraferma. Persino, cosa strana per uno stadio cosi’intimamente legato all’acqua, due trombe d’aria che hanno causato, nel 1970 e nel 2012, danni non da poco. Ma il ritorno in B del prossimo campionato sarà comunque una festa. Per tutti: veneziani e tifosi ospiti che si concederanno una trasferta d’altri tempi.
Di Luca Corsolini
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